di Marco Bersani
Con audit si intende la produzione di un’indagine indipendente sulla situazione economica e finanziaria di un soggetto, sia esso un Comune, un’istituzione o una società. Dal punto di vista dei movimenti, l’importanza dell’audit risiede nel fatto di rompere il muro di gomma che, ad oggi, viene opposto ad ogni rivendicazione sociale, motivando il diniego con stereotipi tipo “C’è il debito, c’è il patto di stabilità, non ci sono i soldi” e di passare da un approccio parziale –la rivendicazione di un diritto specifico- ad un approccio sistemico, mettendo in discussione la situazione data per immutabile e pretendendo di verificarne tutti gli aspetti e relative conseguenze.
L’esperienza condotta dal Crap (Coordinamento romano acqua pubblica) nei confronti di ACEA Ato2 (società gestrice del servizio idrico integrato di Roma e provincia) è un esempio concreto del valore aggiunto che l’audit può portare alle lotte sociali.
ACEA Ato2 è una società quasi interamente controllata ( 96%) da ACEA Spa, multiutility quotata in Borsa, con soci pubblici (Comune di Roma, 51%) e privati ( tra gli altri, la multinazionale Suez e il Gruppo Caltagirone).
Quando la giunta Alemanno aveva tentato di portare la quota del Comune di Roma al 30%, in città si era creata una forte opposizione sociale, promossa dal movimento per l’acqua, alla quale si erano allora uniti tutti i partiti del centro-sinistra. La battaglia fu vinta e l’ex sindaco Alemanno fu costretto a ritirare la delibera. Forte di quell’esperienza, il Crap spinse subito per la ripubblicizzazione totale di ACEA Ato2, trovandosi questa volta contro il centro-sinistra, che dichiarava l’impossibilità di questo passaggio con motivazioni economico-finanziarie.
Fu allora che, allo scopo di smontare questa tesi precostituita, nacque l’idea di avviare l’audit su ACEA Ato2. Cosa produsse l’indagine indipendente? Risultati importanti e nuove consapevolezze sulla battaglia per una gestione dell’acqua pubblica e partecipativa. Vediamole in sintesi:
L’illegalità dell’affidamento ad ACEA Ato2
Il servizio idrico fu affidato, per 30 anni, ad ACEA nel 1996. Allora, ACEA era un ente strumentale del Comune di Roma, per cui fu possibile l’affidamento diretto. Peccato che, già nell’anno successivo, ACEA fu trasformata in società per azioni e che, nel 1998, venne quotata in Borsa con l’acquisizione da parte di soci privati (e che soci!) del 49% delle azioni. Così, aggirando l’allora legge Galli (art. 20: “La concessione a terzi della gestione del servizio idrico è soggetta alle disposizioni dell’appalto pubblico di servizi degli enti erogatori di acqua in conformità alle vigenti direttive della Comunità europea in materia”), si è consegnata a lobby private la gestione di uno dei più grandi bacini idrici d’Europa, e il maggiore a livello nazionale, con 3,7 milioni di utenti.
L’impossibilità del controllo analogo
L’affidamento diretto, secondo la normativa comunitaria, può essere fatto ad una società se i Comuni che affidano il servizio, esercitano sulla stessa un controllo analogo a quello esercitato sui propri uffici. Nel caso di ACEA Ato2, non solo siamo in presenza di una società con capitale privato e quotata in Borsa, ma, se la osserviamo dal punto di vista dei Comuni, scopriamo che, a parte il Comune di Roma, gli altri 108 Comuni dell’Ato detengono ciascuno 1 azione, pari ad un complessivo 0,7 % di ACEA Ato2. Qualcuno può, senza vergogna, affermare che, con lo 0,000003% a testa, questi Comuni sono in grado di controllare l’operato della società?
La truffa del capitale iniziale investito
Nella determinazione del valore di una società, fondamentale per il calcolo della tariffa che gli utenti pagano, vengono contabilizzate le cosiddette “immobilizzazioni immateriali”, ovvero i beni patrimoniali ad utilizzo durevole, che dovrebbero rappresentare il “capitale iniziale” investito. Nel caso di ACEA Ato2, il valore determinato (766 Ml di euro) è il frutto di una perizia, ovvero di un’operazione contabile: il privato non ha mai messo quei soldi, ma su quel valore si calcola ogni anno in tariffa una quota di ammortamento. Ciò significa che, in 15 anni di gestione, i cittadini hanno pagato oltre 500 milioni di euro ad ACEA, su un patrimonio ceduto a titolo gratuito e già precedentemente pagato attraverso la fiscalità generale. Di fatto, si tratta di una tassa sulla privatizzazione, occultata in tariffa.
La truffa del “cash pooling”
ACEA Spa svolge nei confronti di ACEA Ato2 il ruolo di un istituto di credito (meccanismo finanziario del “cash pooling”). Questo significa che tutti gli utili di ACEA Ato 2 vengono consegnati ad ACEA Spa, la quale, per ogni investimento che ACEA Ato2 deve fare, le presta il denaro a tassi di mercato, con tanto di commissioni di affidamento. Un meccanismo infernale, che incatena ACEA Ato2 ad una spirale debitoria nei confronti della casa madre (30,5 milioni nel 2014) e all’aumento esponenziale degli oneri finanziari (da 5,78 milioni nel 2010 a 27,2 nel 2014). Un disastro finanziario annunciato.
Utili che non diventano investimenti ma profitti
Nel quinquennio 2010-2015, ACEA Ato2 ha prodotto utili per 531 Ml di euro, sui quali ha pagato imposte per 195 Ml di euro, con un risultato netto pari a 336 Ml di euro. Di questo utile netto, ben 312 Ml di euro (il 93%!) è stato prelevato dai soci a titolo di dividendo. Emerge di conseguenza come gli utili, invece di servire agli investimenti per il miglioramento del servizio, si trasformino quasi interamente in profitti.
Come si può intuire dalle considerazioni sommariamente descritte, l’audit su ACEA Ato2 ha permesso di rendere tangibile, non solo il fatto che la ripubblicizzazione di ACEA Ato2 risponde ad un criterio di democrazia (il rispetto dell’esito referendario del giugno 2011) e di equità sociale (il servizio idrico come bene comune), ma che è decisiva per il risanamento finanziario di una società che sembra correre sui binari del sostanziale fallimento. Con buona pace dei sostenitori dello status quo, la battaglia per la riappropriazione sociale di ACEA Ato2 conta oggi nuove frecce al proprio arco.
Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 23 di Gennaio-Febbraio 2016 “Verso una Nuova Finanza Pubblica e Sociale: Comune per Comune, riprendiamo quel che ci appartiene!“.