Il Giubileo del debito

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di Francesca Delfino (Pax Christi)

Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria e si vende a te, non farlo lavorare come schiavo; sia presso di te come un bracciante, come un ospite. Ti servirà fino all’anno del giubileo; allora… rientrerà nella proprietà dei suoi padri” (Lv 25,39-41).

Tra le molteplici disposizioni che tendono a realizzare e concretizzare lo stile di gratuità e condivisione nella giustizia, troviamo, nel libro del Levitico, testo piuttosto arido all’apparenza, scarno di narrazioni e strutturato in una serie infinita di prescrizioni rituali e giuridiche, quella dell’anno sabbatico (ogni sette anni) e, trascorse sette celebrazioni di altrettanti anni sabbatici, dell’anno del giubileo. Perché questa istituzione così innovativa e profetica, unica all’interno della legislazione del mondo antico? Alla base, l’esperienza di come le vicende delle persone, delle società, sono continuamente contraddette dalla morte, dalla fame, dall’ingiustizia, dal dominio dell’uomo sull’uomo. Non è possibile che la giustizia stabilita dal re, non sia poi sopraffatta dagli eventi della storia, più forte di ogni assetto al quale l’uomo cerca di dare inizio.

Si sente il bisogno di un ricominciare, il vero termine per comprendere il senso del giubileo.

Ecco dunque perché ogni 7 anni, un tempo congruo in cui ci sono tanti eventi, la legge vuole che ci siano certe situazioni che cercano di ristabilire la giustizia, di ripartire da capo.

La prima, la più semplice e drammaticamente attuale, che viene dall’esperienza, riguarda la terra: anche la terra si affatica, viene spremuta e non dà il suo frutto, perché l’uomo la sfrutta per trarne il più possibile: si prevede allora un anno di riposo, perché si riformi l’humus. Riposo per la terra, dunque, ma anche per gli uomini, a significare che l’uomo non è più alienato dal lavoro. Il grande compito che lo impegna non è più il lavoro, ma la vita, una vita piena per la pace e la giustizia.

Anno dedicato al riposo, alle relazioni familiari, alla conoscenza, ma soprattutto anno di liberazione e qui si inserisce il tema del debito: ogni sette anni i debiti erano sciolti, perché si suppone che se uno non è riuscito a pagare il debito nel tempo più che congruo di sette anni, ciò significa che non ha la possibilità di farlo, se non mettendo in gioco la possibilità della sussistenza sua e del suo nucleo familiare. Di contro, se il creditore è restato sette anni senza che il debito gli venisse pagato, costui può vivere anche senza quella somma.

La remissione dei debiti ha il senso del ristabilimento dell’uguaglianza; in questo tempo giubilare, non è sufficiente la libertà dal lavoro e da tanti gravami, ma occorre ristabilire anche l’eguaglianza.

Da qui l’invito alla fraternità e alla condivisione: in quell’anno i poveri e gli esclusi dalla società, le persone più fragili ed esposte, potranno andare nei campi e raccogliere ciò che è cresciuto spontaneamente.

Di sette anni in sette anni, al quarantanovesimo anno si arriva al Giubileo, che certamente assume una forma più grandiosa, mantenendo però la medesima logica: si vuole che ci sia, passate due generazioni, un ristabilimento della giustizia, per cui a ciascuno farà ritorno ciò che gli apparteneva.

Ad ogni famiglia era stata data la terra, ma la storia è impietosa e, con il susseguirsi delle guerre, la morte dei figli, il venir meno della forza lavoro, la terra inevitabilmente passava ad altri, cosicché una parte della società ne deteneva ingentissime quantità, veri e propri latifondi: ebbene, con il giubileo, al cinquantesimo anno, quella terra doveva ritornare a quei nuclei familiari che l’avevano persa.

Pur non essendo, probabilmente, mai stato osservato nella storia di Israele, per una serie di ragioni che sarebbe lungo spiegare, e pur essendo stato snaturato dalle radicali modifiche in senso spiritualistico e monetaristico attuate dalla chiesa nei secoli successivi – a partire dal primo giubileo indetto da Bonifacio VIII nel 1300 – l’anno giubilare resta espressione di un ideale e di una tensione altissima, che papa Francesco, nell’indizione di questo Giubileo sicuramente ha inteso ritrovare e rafforzare: tensione ad allargare la fratellanza tra gli uomini e la giustizia e ad attuare la liberazione da tutto ciò che asservisce il mondo e noi stessi. In primo luogo, per noi oggi, il mercato e le sue “leggi”apparentemente ineluttabili.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 25 di Settembre-Ottobre 2016 Chi è in debito con chi?