di Giovanni Pandolfini
“Cambiare questo mondo appare molto difficile, addirittura impossibile, è molto più realizzabile invece costruirne uno del tutto nuovo.”
Questa frase proviene dal mondo zapatista, dalla selva del Chapas, contiene un principio semplice ma denso di significati al quale un’esperienza che ormai ha superato quattro anni di vita si ispira.Questa esperienza si chiama “Mondeggi bene comune fattoria senza padroni ” e si trova nella campagna in prossimità della zona sud di Firenze, alle porte del Chianti.
Autodeterminazione territoriale, autogestione, mutualismo, agricoltura contadina agroecologica, creazione di una comunità che, partendo dalla terra e dal suo “viverla” e custodirla, generi ricchezza diffusa, buon vivere e cibo sano a disposizione di tutti e di tutte.
La Fattoria senza padroni di Firenze nasce con il forte contributo del movimento nazionale di Genuino Clandestino che realizzò una campagna in opposizione alla svendita (leggi privatizzazione) delle terre a vocazione agricola di proprietà pubblica.La Campagna Terra Bene Comune denunciava che, con la scusa di fronteggiare il debito pubblico, il “decreto Salva Italia”, lanciato dall’ultimo governo Berlusconi poi ratificato da tutti i successivi, dava mandato agli enti pubblici di alienare le proprietà terriere con l’evidente malcelata intenzione di mettere a disposizione di capitali privati le uniche aree agricole ancora rimaste fuori dal mercato speculativo.
Nel nostro territorio una serie di iniziative di opposizione unite ai bisogni di una parte della popolazione locale ha generato questo importante esperimento sociale completamente autogestito e autoorganizzato attraverso pratiche di democrazia assembleare. L’obbiettivo è la realizzazione, la difesa e la diffusione di un’esperienza che, attraverso la riappropriazione del territorio, dei mezzi e delle modalità produttive, delle conoscenze agroecologiche e della cultura dell’autogestione comunitaria, inizi a costruire una valida alternativa al futuro di privatizzazione e devastazione tracciato dalle istituzioni.
La tenuta di Mondeggi, di origine medievale, è situata alle porte del Chianti fiorentino, fu per secoli una villa-fattoria appartenuta a famiglie nobili come i Bardi, i Portinai e i Della Gherardesca. A seguito di vari ampliamenti, rimaneggiamenti e passaggi di proprietà, negli anni sessanta finì per essere acquisita dalla Provincia di Firenze. La tradizionale organizzazione poderale e le colture promiscue furono completamente rimpiazzate da un’impostazione aziendale riconducibile al modello di impresa agricola industrializzata con tanto di coltivazioni intensive, massiccio ricorso alla meccanizzazione delle lavorazioni e impiego costante di trattamenti chimici convenzionali. Anni di gestione fallimentare della società agricola Mondeggi e Lappeggi s.r.l. hanno portato all’accumulo di più di un milione di euro di debito e alla messa in liquidazione della stessa società (2009), con i suoi quasi duecento ettari di terra, parco, casolari, vigneti, olivete, pascoli e seminativi. Ne è derivata una condizione di abbandono e incuria che si è protratta per anni e che ha riguardato le stesse strutture poderali e la villa.
I primi interventi del comitato, mai trasformato fino ad oggi in qualcosa di codificato ma rimasto come comunità diffusa, risalgono alla fine del 2013 quando, dopo i primi fallimentari tentativi di dialogo con le istituzioni proprietarie, fu iniziato un percorso di presidio contadino che, fin dall’inizio, ha assunto il ruolo di custode del territorio e di sostituto dell’ente pubblico per quanto concerne la salvaguardia del patrimonio nell’interesse della popolazione.Da allora il comitato, divenuto vera e propria comunità, ha avuto una notevole evoluzione. Messa in piedi da subito un’assemblea aperta, è stata esigenza comune il condividere per iscritto i principi fondanti e, attraverso un lungo lavoro assembleare, è stata redatta una carta dei principi e degli intenti che ha avuto la funzione di ” bussola”.
È tuttora in corso in molte esperienze degli ultimi anni, sia nei movimenti di resistenza contadina che in tutti quelli nati in difesa del proprio territorio, una vera e propria battaglia intorno al modellamento del mondo. Esiste un conflitto tra l’amministrare e il prendersi cura.Per alcuni si tratta di omogeneizzare il mondo, di negare la geografia dei luoghi e con essa l’identità di chi ci vive sopra, di perforare, di estrarre, di cementificare, di sovraprodurre, di trasportare oggetti e corpi sempre più velocemente allo scopo di produrre sempre più profitti. Poco importa se questi profitti sono destinati a pochissimi e le devastazioni, i disagi e le distruzioni invece sono per tutti.
Per altri, invece, si tratta di radicarsi in un luogo, di difenderlo, di viverlo e custodirlo, di sentirsi parte di esso, armonizzandosi con esso, considerandolo un bene comune e, attraverso esperienze di vita contadine comunitarie agrecologiche, di porsi il problema della conservazione e della fertilità della terra e il derivante problema della nostra riproducibilità al di fuori delle logiche estrattiviste capital-liberiste che ormai possiamo definire decisamente estintive per il genere umano. L’ormai diffusa sensazione che l’incertezza riguardi l’origine della catastrofe (prima quella sociale o prima quella ambientale?) investe sempre più persone, almeno fra quelle con possibilità di nutrirsi di un’informazione non al servizio del sistema dominante. Accendere dei fuochi e tenerli in vita può essere utile per dare possibilità di orientarsi a chi improvvisamente potrebbe trovarsi in serie difficoltà: umane, lavorative, sociali, ambientali…
Queste riflessioni tengono dritta la barra della navigazione della fattoria senza padroni e la uniscono a molte altre esperienze che stanno nascendo e consolidandosi in tutto il territorio nazionale ed oltre. Attività con le quali ci confrontiamo e ci teniamo in contatto e mutuo aiuto. Sempre più forte e chiaro appare il divario fra legalità e legittimità ed è su questo piano che stiamo, da una parte, costruendo la legittimità politica che ci permette di rivendicare le nostre azioni con la necessità di essere diffusa e condivisa il più possibile e, dall’altra, cercando un dialogo con chi, nelle istituzioni, sia disponibile ad ascoltarci.
Sulle terre di “Mondeggi bene comune fattoria senza padroni” lavorano e vivono stabilmente circa 20 persone, altre 300 si occupano ognuna di una porzione di territorio (olivi, orto o vigna) dove produrre almeno una parte del proprio fabbisogno alimentare in un contesto comunitario e mutualistico dove le persone contano più del profitto e il lavoro si organizza insieme, molte altre frequentano regolarmente l’assemblea e partecipano attivamente alla vita politica e sociale dell’esperienza. A Mondeggi si è ripreso a coltivare e produrre olio, vino, cereali, pane, verdura, frutta, birra, trasformati vari come succhi di frutta, marmellate e conserve, zafferano, aromatiche e prodotti di erboristeria, per la salute e la cosmesi. A Mondeggi si è ripreso a vivere una vita comunitaria dove la partecipazione e il mutuo aiuto prendono il posto dell’individualismo e della concorrenza.
Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 33 di Marzo – Aprile 2018: “Fuori dal mercato“