Poveglia per tutti! Da sogno a realtà, da utopia a progetto

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di Associazione Poveglia per tutti

2015: eravamo quattro amici al bar

E’ strano come a volte le cose, semplicemente, accadano. Sul come e sul perché siano accadute ci si riflette sopra dopo, incalzati dalle domande di chi vuol sapere, conoscere, capire e unire il suo sogno al nostro. Ma lì per lì accadono e basta.

La storia è presto detta: ad aprile, la notizia della messa all’asta dell’isola di Poveglia da parte dell’Agenzia del Demanio corre di bocca in bocca, assieme all’indignazione di scoprire che la base d’asta è fissata a zero euro. Se chiunque può comprarsi Poveglia, allora la compriamo noi: inizia così, al bar, un’avventura che ci porta in brevissimo tempo a finire sui giornali di tutto il mondo, a dare vita ad un’associazione che conta più di 4mila aderenti, a parlare di processi partecipativi e speculazioni lagunari, ad organizzarci in modo rizomatico -questo ce lo diranno poi i sociologi- e a ricevere contribuzioni da tutto il mondo di persone che come noi vogliono che Poveglia rimanga pubblica e fruibile da tutti.

Poveglia: l’isola di fronte a Malamocco, quella delle domeniche in barca, delle grigliate, delle tappe di voga. L’isola usata dai pescatori come dimora delle reti. Abbandonata dagli amministratori e da chi avrebbe dovuto averne cura e messa in vendita come soprammobile usato che si è stanchi di guardare; invece, la cittadinanza frequenta e vive Poveglia come luogo della città, come parte integrante della città. E Poveglia lo è sempre stata, parte della città: Venezia è impensabile senza le sue isole, è la città di isole, alcune tra loro collegate altre no, alcune minori altre importanti, ma ciascuna con una funzione. Da antico insediamento a fortificazione a guardia della bocca di porto di Malamocco, da centro florido e popoloso a luogo di sosta per le imbarcazioni, da stazione sanitaria marittima ad ospizio; 7 ettari e mezzo di storia, di cui sopravvivono un campanile, alcuni edifici, orti, e le memorie dei tanti testimoni, alcuni famosi altri sconosciuti, i cui nomi spuntano tra le carte di una vecchia pergamena o nel titolo e nelle pagine ingiallite di un vecchio libro, oppure nelle lettere accorate che nipoti e discendenti ci scrivono. La storia non si vende.

Ma andiamo con ordine. Dal bar alla prima riunione: si inizia a ragionare sui perché e sui come fermare la vendita dell’isola. Nessuno vuole che Poveglia finisca come le tante altre isole della laguna sud, vendute a privati e trasformate in luoghi d’élite inaccessibili, spesso a vocazione esclusivamente alberghiera, spesso ad epilogo fallimentare. Sacca Sessola, San Clemente, La Grazia, Santo Spirito, l’Ottagono… le isole che fanno da corona naturale all’isola della Giudecca verso sud, considerate e frequentate da anni come fossero un’estensione naturale della Giudecca stessa, sono ad una ad una negate, ospitando cantieri esanimi, usi privati o alberghi extralusso. Nonostante per alcune di loro esistessero clausole per il mantenimento dell’uso pubblico almeno di una frazione dell’isola, dopo non vi si potrà più nemmeno attraccare. Nessuno pare vigilare o controllare l’applicazione dei vincoli. Il panorama che dalla Giudecca guarda a sud si restringe ormai al limitare del canale del Fasiol. Sarà per questo che tutto inizia all’isola della Giudecca.

Si decide quindi una sortita da questo circolo vizioso con l’idea chiara che Poveglia rimanga pubblica e fruibile da tutti. Pubblica, cioè di tutti, e fruibile cioè non abbandonata a sé stessa com’è rimasta per troppi anni. Si decide di partecipare a quella maledetta asta, di fare una colletta in città per raccogliere i 20 mila euro necessari per la cauzione, di costituirsi in associazione per poter essere ammessi. Tutto in una sera. Professionisti, tecnici, impiegati, studenti, docenti, artigiani, uomini e donne, giovani e meno giovani: quell’ennesima vendita al videopoker ministeriale ci indigna e non vogliamo che si trasformi in borbottìo o in lagnanza da vaporetto, vogliamo dare un segnale.

Vogliamo restare indignati per non fermarci all’indignazione. Quattro i punti fondamentali, le linee guida stilate quella sera stessa che fanno da carta costituzionale del progetto:

  • La parte verde dell’isola sarà dedicata a parco pubblico liberamente accessibile e gratuito, e ad orti urbani.   
  • La parte edificata dell’isola, che può produrre utili le cui caratteristiche e limiti etici decideremo insieme, in coerenza con questi punti fondanti servirà a ripagare i costi di gestione della parte pubblica.   
  • La gestione dell’isola sarà no-profit ed eco-sostenibile. Tutti gli utili saranno quindi reinvestiti sull’isola stessa.   
  • Qualora dovessimo ottenere la gestione dell’isola, la quota sottoscritta darà diritto a partecipare equamente alle decisioni sulle sorti di Poveglia ma non è, e non sarà da intendersi in futuro, come forma di partecipazione agli utili, né quota azionaria, né fonte di privilegio alcuno per nessun associato.

Questo tracciato che i progetti sull’isola dovranno osservare riscuote un successo inaspettato. Riceviamo centinaia di lettere personali anche molto toccanti di persone che hanno qualche legame familiare o culturale con Poveglia come di persone che non la conoscono ma condividono la nostra tensione ideale, e migliaia di richieste di adesione al progetto; nella prima presentazione pubblica siamo costretti a fare il doppio turno, e per le successive dobbiamo prenotare sale di gran lunga più spaziose. La somma che ci eravamo prefissati di raccogliere per partecipare all’asta è raggiunta già nel primo giorno di sottoscrizioni.

L’idea, quella di un’isola multiprogetto, che prenda le mosse dalle esigenze del territorio e non da un business calato dall’alto o dal capriccio di qualche grosso investitore, ha fatto breccia. Di Palais Lumiere, ruote panoramiche, ricostruzioni di battaglie di Lepanto in 3d o di barene “in vitro” (sic!) la città non sente alcun bisogno. Poveglia, come tutte le isole della laguna, è il risultato della natura, della storia e della cultura di questa città, qualità che intendiamo recuperare e valorizzare. Ma nel nostro immaginario Poveglia è anche l’isola del futuro, un laboratorio di sperimentazione di pratiche innovative per la gestione, il recupero e la fruizione di un bene collettivo, secondo i principi della sostenibilità, della partecipazione e dell’autodeterminazione della comunità locale. Secondo questi principi, ogni attività che si vorrà insediare nell’isola dovrà essere valutata anche nella sua interrelazione con le altre, sia per l’utilizzo degli edifici, che delle aree verdi e degli spazi acquei attorno all’isola nonché con l’ambiente circostante.

Al lavoro, dunque. Perché quello che l’Associazione mette in piedi non è tanto una colletta, è di più: è un nuovo linguaggio. Organizzati in gruppi di lavoro, costituiamo 9 tavoli tecnici in cui 40 persone qualificate elaborano criteri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica dei progetti. Formiamo inoltre un gruppo legale, un gruppo che cura gli eventi promossi dall’Associazione, un gruppo che segue il web, un gruppo di traduttori, un gruppo di grafici,… e un gruppo trasversale che si occupa di organizzare le nostre riunioni e le assemblee dei soci con metodi partecipativi, un valore aggiunto che ci consente di riunire e far lavorare assieme centinaia di persone. La vera innovazione di questa esperienza sta nel voler adottare metodi di partecipazione e condivisione delle scelte, in modo aperto e trasparente. Le idee, disegni, priorità e realizzazioni, il “cosa fare nell’isola”, emergeranno da un processo partecipativo, in cui tutte le conoscenze – più o meno esperte -saranno messe a valore. Una sorta di laboratorio, dove nessuna idea o progetto è a priori escluso o privilegiato in questa fase, purché rispetti i principi che ci siamo dati.

Sì, ma l’asta? Innanzitutto non si trattava di un’asta come le conosciamo, ma tecnicamente di un invito ad offrire: in sostanza, un sondaggio di mercato senza base d’asta in cui il proponente (il Demanio) si riserva di valutare la convenienza economica delle offerte ricevute, senza obbligo di accettarle. La procedura di invito ad offrire si è chiusa il 13 maggio, con un’offerta massima di 513 mila euro da parte della holding Umana SpA, nostro unico concorrente, ma il Demanio ha valutato non congruo questo prezzo. La procedura si è perciò risolta con un nulla di fatto, e l’isola rimane pubblica. Si tratta di un esito atteso e perseguito: ad un bene di valore storico, culturale, architettonico, naturalistico e paesaggistico, ad un pezzo integrante della nostra città, non si può attribuire un prezzo, e ad oggi un’eventuale aggiudicazione per 513 mila euro avrebbe profilato una vera e propria svendita ancor più inaccettabile data l’esiguità della cifra -pari al valore di un modesto appartamento in città- e dato l’ammontare della spesa sostenuta di recente dal Magistrato alle Acque per le opere di messa in sicurezza delle rive (più di 20 milioni di euro), che avrebbe trasformato in danno erariale una vendita a quelle condizioni. Nessun buon padre di famiglia restaurerebbe la propria abitazione spendendo 40 volte il prezzo al quale poi la mette in vendita.

E’ un esito che rappresenta un successo dell’Associazione, in primis perché la sola presenza di un competitor sociale diffuso, quale è l’Associazione, ha costituito senz’altro una sorta di “dissuasione morale” nei confronti di altri attori privati, è verosimile che molti tradizionali e conosciuti predatori del patrimonio svenduto abbiano voluto evitare la severa lente di osservazione dell’opinione pubblica; inoltre, l’Associazione ha raggiunto l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla delicata questione della svendita del patrimonio pubblico, sulla necessità irrinunciabile di salvaguardarlo a beneficio delle attuali generazioni e di quelle future. Ma questo successo va accresciuto della capacità dimostrata dalla comunità che si è attivata per fare tesoro delle competenze e delle professionalità esistenti sul territorio e della capacità di raccogliere le idee diffuse sul suo utilizzo. Mentre alcune grandi opere, cresciute come una metastasi, tiravano sotto un’intera classe “dirigente” di affaristi e amministratori senza dignità, migliaia di cittadini riuniti nell’Associazione lavoravano perché un pezzetto di laguna tornasse patrimonio di tutti, restituivano senso al termine “res publica”: cosa di tutti e di cui tutti hanno responsabilità. Un’assemblea di 400 persone, svoltasi con metodi partecipativi il 2 giugno scorso, ha dato inizio a questo processo che diventerà progetto. Ora che Poveglia torna dei cittadini, quel “pubblico” si può rimetterlo in piedi e riempirlo di nuovo di senso davvero, gesto dopo gesto e mattone dopo mattone, prendendosene cura insieme, con amore, con intelligenza, con responsabilità. Lo strumento c’è. Le possibilità per farlo sono indicate dall’art. 118 della Costituzione laddove si ribadisce che lo Stato “favorisce l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Non aspettiamo oltre.

2018: Il Tar: “finalità di indubbia rilevanza sociale e collettiva”.

Sono passati ben tre anni dalla nostra prima richiesta di concessione dell’isola di Poveglia, isola che giace abbandonata dal 1968. Più che di una “concessione” si trattava di un vero regalo da parte dei 4378 associati alla comunità tutta; una proposta dettagliata, fin nei minimi particolari. La sentenza del TAR del Veneto di ieri ha confermato che quel misero diniego con cui ci rispose l’Agenzia del Demanio, con cui si tentò un vero “seppellimento burocratico” del lavoro volontario di decine di professionisti, rappresentò “un eccesso di potere” immotivato ed arbitrario.

La nostra associazione allora non si arrese, e continuò con pazienza e coraggio a cercare di mantenere aperto un tavolo negoziale, non volevamo certo che questo pezzo di città divenisse un nuovo albergo ma che fosse fruibile agli abitanti. Tre anni. Tre anni che sono stati segnati purtroppo da un aleatorio quanto immotivato dilazionare, in cui il nostro interlocutore cercava, come il TAR oggi denuncia, di “rallentare per non decidere”, disconoscendo quelle che persino il tribunale oggi definisce “finalità di indubbia rilevanza sociale e collettiva”.

Fu una vera odissea di incontri. Ci siamo recati negli uffici veneti e romani per ben 21 volte, offrendo ogni volta proposte e soluzioni per superare ostacoli via via più pretestuosi. Finchè, ultimo in ordine di tempo, quello decisivo, nell’incontro del 16 novembre 2017, quando l’attuale direttore del Veneto Ing. Di Girolamo si e’ unilateralmente ritirato dall’accordo il giorno stesso della firma, accordo su cui si era già espressa positivamente l’Avvocatura dello Stato.

Fortunatamente i nostri volontari hanno avuto la tenacia di chi sente con sé la ragione, il principio di sussidiarietà costituzionale, il calore della comunità. Leggere questa sentenza, oggi, ci dona un po’ di respiro. Non sarà più possibile dire che 5000 cittadini, un veneziano per famiglia, non abbiano espresso un “sentire diffuso”. Per questo colpevole ritardo del Demanio, per una politica sostanzialmente dilatoria di questa agenzia, abbiamo perso altri anni. Anni segnati da un apparato che si è comportato con l’atteggiamento di un sovrano indispettito e non come amministratore della cosa pubblica. Ora il Tar costringe moralmente (e di fatto) l’agenzia a tornare ad un tavolo negoziale, a dare delle risposte serie alla comunità.

Il Demanio ha compiuto due errori madornali: non ha assegnato l’isola ai cittadini ed ora ha spinto il provveditorato a circondarla con un “filo spinato invisibile”; un’ordinanza suggerita al provveditorato dalla stessa Agenzia infatti, vieta oggi finanche l’accosto all’isola. Non ne commetta un terzo, fatale. Il terzo errore sarebbe utilizzare per Poveglia un bando solitamente utilizzato per i “fari”. Poveglia non è un faro. Questo bando ha assegnato negli ultimi anni 22 strutture su 24 ad un destino ricettivo-turistico, e non è perciò, palesemente, il contenitore giusto per una città così turistificata. Ascolti i cittadini. 

la sentenza:https://tinyurl.com/sentenzapoveglia

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 33 di Marzo – Aprile 2018: “Fuori dal mercato

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