Il pareggio di bilancio in Costituzione
Il pareggio di bilancio è stato introdotto con la Legge Costituzionale n. 1 del 20 aprile 2012.
Sono stati così modificati i seguenti articoli della Costituzione:
Art. 81: viene introdotto il principio dell’equilibrio tra entrate e spese del bilancio (“pareggio
di bilancio”), correlandolo a un vincolo di sostenibilità del debito di tutte le pubbliche
amministrazioni, nel rispetto delle regole in materia economico-finanziaria derivanti
dall’ordinamento europeo.
Art. 97: viene esteso a tutte le amministrazioni pubbliche l’obbligo di assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.
Art.117: viene prevista, fra le materie sulle quali lo Stato ha una competenza legislativa esclusiva, l’“armonizzazione dei bilanci pubblici”.
Art. 119: viene subordinata l’autonomia finanziaria degli Enti Locali al rispetto dei vincoli europei.
Cosa significa questa modifica della nostra Costituzione? Diverse cose.
In primo luogo, che il nostro ordinamento costituzionale, fino ad allora concepito come neutrale rispetto alle teorie economiche, da quel momento si ispira ad una precisa concezione economica -il modello neoliberista- secondo il quale lo sviluppo economico può avvenire solo attraverso tre elementi: libertà dei mercati, politiche monetarie unicamente rivolte al controllo dell’inflazione e divieto per lo Stato di qualsivoglia intervento in deficit spending sull’economia. Di fatto, ogni altra teoria economica viene resa illegale.
In secondo luogo, e di conseguenza, questa modifica alla Costituzione rende inattivabili i diritti previsti da altri articoli della Costituzione, qualora per dare attuazione ad essi lo Stato debba chiudere in deficit il proprio bilancio: vale, ad esempio, per la tutela della salute quale fondamentale diritto dell’individuo, e le garanzie di cure gratuite agli indigenti, previste dall’art. 32; o per il diritto alla gratuità dell’istruzione per gli otto anni della scuola dell’obbligo, insieme al diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, garantito ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi (art. 34); o, ancora, per quanto previsto dall’art. 38: “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”. In tutti questi casi, i tagli necessari al bilancio dello Stato per raggiungere il pareggio possono pregiudicare, ancora di più di quanto già accada oggi, l’esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti.
Infine, l’introduzione in Costituzione del pareggio di bilancio impedirà allo Stato di effettuare gli investimenti necessari a migliorare le condizioni generali di produzione (si pensi alle infrastrutture fisiche, a quelle immateriali che consistono nella promozione della ricerca e della conoscenza, e a quelle giuridiche, ossia a un sistema giudiziario ben funzionante) e di welfare.
Gli effetti del pareggio di bilancio sugli enti locali
Con la Legge n.243/2012, attuativa della Legge Costituzionale n. 1/2012, sono state dettate le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni.
Ci interessa qui approfondire le norme relative all’equilibrio dei bilanci degli enti territoriali
In particolare -Capo IV- la legge stabilisce che i bilanci di regioni, comuni, province, città metropolitane e province autonome di Trento e di Bolzano si consideranoin equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto, registrano:
a) un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali (come previsto dal TUEL per gli enti locali);
b) un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti (la quota in conto interessi è già inclusa nell’ambito delle spese correnti). Tale formula implica che le entrate correnti debbano assicurare risorse sufficienti per rimborsare i prestiti assunti.
Si prevede quindi l’obbligo di adottare misure di correzioneper il recupero, nel triennio successivo, dell’eventuale squilibrio riscontrato nei saldi, sia nel saldo complessivo, come già previsto per gli enti locali e le regioni, sia nel saldo di parte corrente. Eventuali saldi positivi di bilancio devono essere destinati all’estinzione del debito maturato dall’ente, oppure, nel pieno rispetto dei vincoli comunitari e dell’equilibrio dei bilanci, per finalità di investimento.
Con legge dello Stato, oltre all’individuazione delle sanzioni da applicare nei confronti degli enti territoriali in caso di mancato conseguimento dell’equilibrio gestionale, è data la possibilità di prevedere ulteriori obblighi per gli enti territoriali in materia di concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica sulla base di criteri analoghi a quelli previsti per le amministrazioni statali e tenendo conto di parametri di virtuosità.
Per quanto concerne l’indebitamento, si prevede che lo stesso sia consentito solo per il finanziamento delle spese di investimento e con l’obbligo di adozione di piani di ammortamento per il rimborso del debito di durata non superiore alla vita utile dell’investimento, con evidenziazione delle obbligazioni che incidono sui singoli esercizi e delle corrispondenti modalità di copertura.
Le operazioni d’indebitamento sono effettuate sulla base di una procedura di intesa a livello regionale, per garantire, nell’anno di riferimento, che l’accesso al debito dei singoli enti territoriali avvenga nel rispetto dell’equilibrio complessivo a livello di comparto regionale (comprensivo cioè di tutti degli enti della regione interessata, compresa la medesima regione), misurato in termini di “gestione di cassa finale” del saldo complessivo.
Per le fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali, la legge prevede una specifica disciplina volta ad assicurare il concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali, mediante l’istituzione di un Fondo straordinario, alimentato da quota parte delle risorse derivanti dal ricorso dello Stato all’indebitamento consentito dalla correzione per gli effetti del ciclo del saldo del conto consolidato.
Per quanto attiene al concorso degli enti territoriali alla sostenibilità del debito pubblico, la legge prevede che, nelle fasi favorevoli del ciclo economico, sia determinata, nei documenti di programmazione, la misura del contributo del complesso di tali enti al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, tenendo conto della quota delle maggiori entrate proprie degli enti influenzata dal ciclo.
Si tratta di un meccanismo infernale, che rischia di far perdere definitivamente ogni funzione pubblica e sociale agli enti locali, costretti, da ora in poi, a dare priorità ai conti economici rispetto alla soddisfazione dei bisogni dei cittadini. E, naturalmente, a mettere in vendita tutti i beni comuni -siano essi il territorio, il patrimonio o i servizi pubblici locali- per far quadrare i conti.
Legge di stabilità 2016: arriva il pareggio di bilancio
Dopo 17 anni di vigenza, dal primo gennaio 2016, il patto di stabilità interno (vedi scheda 3) è stato sostituito con il nuovo vincolo del pareggio di bilancio.
La novità è contenuta nell’art.1, commi 707 – 729, della legge di Stabilità 2016 ed applica la legge n. 243/2012 sul pareggio di bilancio costituzionale.
Il nuovo pareggio di bilancio si applica a tutti i Comuni (compresi i quasi 2mila con meno di mille abitanti, finora esclusi dal patto di stabilità), alle Province e Città metropolitane e alle Regioni. Sono assoggettati al pareggio anche i Comuni istituiti a seguito di fusione dopo il 2011; escluse le Unioni.
Ingresso “soft” nel 2016
Probabilmente per scopi elettoralistici -nella primavera 2016 si rinnovano le amministrazioni di 1300 Comuni, tra cui diverse grandi città- il Governo ha stabilito un’applicazione “soft” del pareggio di bilancio, valida per il solo 2016.
La legge di stabilità, infatti, introduce per regioni ed enti locali, in luogo del Patto di stabilità, solamente uno dei quattro saldi previsti dall’articolo 9, comma 1 della legge n. 243/2012, ossia il saldo finale di competenza non negativo.
Ovvero:
• rinvia gli altri saldi a preventivo e a consuntivo (tre e tre) previsti dalla legge n. 243/2012 (finale di cassa, corrente di cassa e competenza);
• individua per il 2016 alcune deroghe al saldo finale di competenza (fondo pluriennale vincolato, eccetto quello collegato al debito, fondo crediti dubbia esigibilità, fondo rischi e avanzo destinato agli investimenti nell’edilizia scolastica);
• elimina il patto di stabilità, ma trasporta le sanzioni al nuovo saldo;
• demanda al decreto ministeriale previsto dall’articolo 11, comma 11 del Dlgs. n. 118/2011 l’adeguamento degli schemi degli equilibri di bilancio.