Le esperienze di audit del debito in Europa

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di Chiara Filoni

Molto viene detto in questi giorni (a destra come a sinistra), in merito alle possibili soluzioni alla crisi del debito, soprattutto alla luce delle proposte della coalizione della sinistra radicale greca, Syriza, che ha appena vinto le elezioni del 25 Gennaio e promuove una ristrutturazione del debito del paese.

Al di là delle promesse elettorali più o meno sincere di questo o quel partito, i cittadini e i movimenti sociali europei si sono da tempo mobilitati nel promuovere la sensibilizzazione e reclamare delle alternative in materia di indebitamento pubblico e di politica economica e sociale. Da qualche anno, infatti – in seguito alle ripercussioni della crisi del 2007-2008 sulle finanze statali europee – molti cittadini, militanti e associazioni hanno cominciato a organizzarsi in cosiddetti gruppi di audit del debito, a diversi livelli, nazionali come locali. Un gruppo di audit cittadino del debito porta avanti una campagna dal basso, la quale indaga le cause prime dell’indebitamento del paese, della regione o del comune in esame, e mette i risultati di queste ricerche a disposizione della popolazione.

Lo scopo, come già detto, è quello di capirne di più (la materia non è sempre di facile comprensione) e di ritrasmettere questo sapere alla cittadinanza, con la consapevolezza del fatto che le misure sinora intraprese dai governi europei e in particolare dalla Troika (Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale), altro non fanno che aggravare questa crisi, scaricandola sulle fasce più deboli della popolazione. Perché dovremmo pagare un debito che non abbiamo originato, e che non è neanche stato contratto a nostro vantaggio, dal momento che in tutta Europa le voci di spesa riservate al welfare come educazione e sanità,non sono aumentate? Chi ne ha approfittato? Chi sono i nostri creditori? Quale parte del budget dello stato viene destinata a rimborsare il debito, quale ai soli interessi? In Italia, ad esempio, il solo pagamento degli interessi sul debito costituisce il 75% dell’ammontare totale. Alcuni debiti privati sonodiventatidebiti pubblici? E in ultimo, ma non meno importante, vi sono alternative all’austerità? Come gestire questo debito pubblico senza danneggiare il benessere dei lavoratori e dei cittadini?É possibile ripudiare una parte del debito senza danneggiare i piccoli risparmiatori che hanno investito in titoli di debito dello stato italiano?

É a partire da queste domande che associazioni, sindacalisti e singoli attivisti si sono messi al lavoro già dall’immediato post-crisi 2008. Quasi contemporaneamente, in diverse parti d’Europa, condividendo lungo il percorso le esperienze fatte e implementandole di volta in volta al meglio nei diversi contesti.

Una delle dinamiche più attive è certamente quella dei collettivi francesi per l’audit cittadino del debito pubblico, i CAC (Collectif pour un Audit Citoyen de la dette publique), sparsi un po’ dovunque nel paese.

Il collettivo ha da poco pubblicato un importante lavoro di audit riguardante l’integralità del debito pubblico. Il rapporto spiega come il debito francese sia cresciuto enormemente in funzione di due ragioni principali. In primo luogo, si registra un grave incremento di esonerifiscali per ceti più ricchi e grandi imprese, con una conseguente diminuzione del PIL di 5 punti in tre anni; inoltre, un fattore di forte aumento del debito in Francia è stato il livello eccessivo dei tassi di interesse reale di mercato (che negli anni ’90 si attestavano intorno al 6%), il quale ha avuto un effetto palla di neve sul debito pubblico (prestiti che servono a pagare vecchi debiti). Il risultato della ricerca mostra come il 59% dell’attuale ammontare del debito francese (che si origina tanto dalle entrate mancanti, quanto dal livello eccessivo dei tassi di interesse), viene considerato come illegittimo, poiché non speso nell’interesse generale della popolazione; e quindi passibile di non rimborso, in accordo con la dottrina di debito odioso prevista dal diritto internazionale. Qui il rapporto completo: http://www.audit-citoyen.org/wp-content/uploads/2014/05/note-dette.pdf.

Un’altra dinamica positiva è quella spagnola, la PACD (Plataforma Auditorià Ciudadana de la Deuda) la quale conta anch’essa diversi gruppi locali sparsi per il territorio nazionale, avendo beneficiato dell’ondata movimentista degli Indignados a partire dal 2011. Oltre ad essere attivi su fronti diversi connessi all’argomento debito (l’impatto dell’austerità sulle donne, l’ecologia, gli aspetti più tecnici legati all’audit del debito, ecc.), i giovani della PACD hanno da poco messo in opera un utile strumento informatico di controllo cittadino del debito: l’OCM (Osservatorio cittadino municipale, qui il link: http://ocmunicipal.net/). In soldoni, si tratta di una pagina web aperta per la raccolta di dati e statistiche relative all’indebitamento dei comuni spagnoli. Ogni collettivo può contribuire all’arricchimento del progetto creando una pagina web con le informazioni relative al proprio comune di riferimento. Già mezzo milione di cittadini e numerose città collaborano all’osservatorio, inteso come unico strumento per penetrare l’opacità dei dati provenienti dalle statistiche ufficiali, fornendo così informazioni più comprensibili al comune cittadino. Il vero senso dell’audit cittadino del debito!

Una decina di gruppi locali si contano oramai anche nel piccolo territorio belga, a partire dalla campagna “Chi beneficia del debito?”, lanciata nel 2012 dal CADTM (Comité pour l’Annulation de la Dette du Tiers Monde) e dalla FGTB (Fédération Générale du Travail de Belgique), uno dei principali sindacati del paese, e dall’associazione di educazione popolare, il CEPAG (Centre d’Education Populaire André Genot) il cui appello per un audit del debito pubblico belga è stato firmato da tantissimi.

I gruppi di audit del debito non sono un’esclusiva di Francia, Spagna e Belgio. Anche in Italia, Grecia, Portogallo, Irlanda, Gran Bretagna, Polonia e Slovenia in molti si sono attivati, anche grazie alla rete internazionale ICAN (International citizen audit network) creatasi nel 2012 a Bruxelles.

La battaglia dal basso per reclamare più trasparenza sui conti pubblici e unalleggerimentodel peso del debito, che in questo momento grava soprattutto sui comuni e, quindi, in ultima istanza sui cittadini, è appena iniziata. I gruppi di audit ci dimostrano che laddove la politica non rispetta i più elementari principi di giustizia sociale, sono i cittadini a doverli pretendere e riconquistare.

Tratto dal Granello di Sabbia di Gennaio/Febbraio 2015: “Enti Locali: Cronaca di una morte annunciata”, scaricabile qui

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