Per un Comune diverso e dal basso

Condividi:

Loading

NEWS 108481

di Alberto Zoratti

Fairwatch / Municipio dei Beni Comuni

Lo svuotamento della democrazia nel nostro Paese, così come la tutela dei privilegi acquisiti dei vari gruppi di interesse, passa anche dall’indebolimento e dalla chiusura degli spazi di partecipazione e di governance a livello territoriale. Lo Sblocca-Italia è stato l’ultimo tassello di una strategia ben orchestrata, in cui le logiche della decentralizzazione o della ricentralizzazione dei poteri e delle decisioni si adattano a seconda degli interessi da tutelare. I nodi periferici diventano importanti luoghi di negoziato e di conflitto quando si parla di diritto del lavoro, e ridefinizione del contratto nazionale a vantaggio di quelli aziendali e, quindi, territorializzati (con una dinamica che ricorda un ritorno modernizzato alle gabbie salariali). Ma il locale diventa un peso di cui liberarsi velocemente nel momento in cui questo pretende di decidere il proprio auto sviluppo, di dare priorità alle proprie economie, di contrastare un’urbanistica incoerente e una progressiva infrastrutturazione dell’ambiente; spesso causa non solo di inquinamento e di sviluppo insostenibile, ma anche di dissesto idrogeologico.

In questo il ruolo delle comunità locali diventa sostanziale, se non determinante. E se gli organi democraticamente eletti mostrano un evidente collateralismo con le politiche governative, tocca alla società civile riorganizzarsi a prescindere. Il vecchio modello di sviluppo non conosce colore politico, spesso sono le lobbies più o meno evidenti, più o meno conosciute che governano la politica comunale. Non c’è bisogno di guardare a Mafia Capitale, o di cercare tra le pagine dei pubblici ministeri, baste guardare alle decisione di Consigli comunali sempre più in mano a maggioranze a-democratiche e a processi sempre meno controllabili da parte delle opposizioni. Pisa, nella progressista Toscana, non fa eccezione.
Anche in questo caso, infatti, si è assistito ad uno sviluppo basato sulla svendita patrimoniale e la gentryfication di alcune zone, su logiche securitarie, sul controllo pervasivo del Partito Democratico e di tutti i suoi affastellati, che provano a non lasciare spazio a nessuna alternativa. Dalla speculazione delle aree dov’è sorta Ikea, al tentativo di trasformare luoghi dismessi in alberghi e appartamenti di lusso, alla necessità di ripulire il centro città persino delle bacheche delle associazioni, perché poco decorose: questa è la politica dell’amministrazione pisana e questo è il contesto dove nasce e cresce il Municipio dei Beni Comuni di Pisa, con la sua rete di organizzazioni e di movimenti di base. Dopo l’occupazione e il conseguente sgombero dell’Ex Colorificio Toscano, diventato uno dei simboli della lotta all’eccesso di proprietà privata, il Municipio ha costruito conflitto in città, ricucendo con un filo rosso le questioni di un’urbanistica speculativa con il diritto all’abitare e la necessità di costruire spazi di economia e società sostenibile e alternativa.
E’ del 6 novembre scorso, ad esempio, giornata nazionale contro la messa all’asta delle case popolari prevista dal Decreto Lupi, la presentazione di un esposto alla Corte dei Conti, promosso dal Municipio dei Beni Comuni e sottoscritto da decine di cittadini, riguardante la “svendita” della Mattonaia: l’edificio di proprietà del Comune di Pisa realizzato con fondi per l’edilizia sociale e mai utilizzato, alloggi pubblici e fondi a destinazione commerciale lasciati a deperire e all’abbandono, con conseguente perdita di valore. Una meravigliosa piazza pubblica nel centro storico interdetta agli abitanti del quartiere e non fruibile. Migliaia di euro spesi inutilmente per rendere inaccessibile questo spazio e per bonificarlo dall’unica presenza, quella dei piccioni. Il valore dell’immobile è sceso progressivamente fino a raggiungere, nell’ultima stima, circa 2 milioni e 900 mila euro.
Un’azione legale svolta quasi in contemporanea con l’occupazione di Palazzo Boyl, edificio rinascimentale e ricco di affreschi interni, affacciato sui lungarni, lasciato nell’oblio per sei lunghi anni dietro un’impalcatura che avrebbe dovuto garantirne il recupero per la sua trasformazione in appartamenti di lusso. Una vera e propria speculazione non andata a buon fine, anche per il fallimento dell’impresa incaricata dell’operazione. Un Palazzo che sarebbe stato destinato all’oblio se non fosse stato riaperto alla cittadinanza che con visite guidate gratuite ora può rendersi conto dell’immenso patrimonio nascosto della città di Pisa. E a rischio speculazione.
Palazzo Boyl mostra, come ha mostrato il Distretto militare occupato e sgomberato nella primavera scorsa (il Distretto 42), come il ruolo delle comunità locali sia fondamentale nel consolidamento delle alternative al modello di sviluppo attuale. Il Municipio dei Beni Comuni apre spazi alla cittadinanza, con l’obiettivo di creare le condizioni e gli spazi fisici dove sviluppare e rilanciare economia alternativa e sostenibile, servizi ai cittadini gratuiti, una vera e propria operazione di welfare dal basso, capace di unire una prospettiva di alternativa locale al mercato, conflitto sociale e riappropriazione degli spazi della politica da parte dei cittadini.
Gli unici, veri anticorpi ad una democrazia autoritaria che, soprattutto con le politiche dei due partiti di maggioranza relativa, rischia di inchiodare lo sviluppo di questo Paese agli interessi dei poteri che contano.

Articolo tratto dal Granello di sabbia di gennaio/febbraio 2015: “Enti locali: cronaca di una morte annunciata”, scaricabile qui

Se sei arrivato fin qui, vuol dire che ti interessa ciò che Attac Italia propone. La nostra associazione è totalmente autofinanziata e si basa sulle energie volontarie delle attiviste e degli attivisti. Puoi sostenerci aderendo online e cliccando qui . Un tuo click ci permetterà di continuare la nostra attività. Grazie"