E’ veramente difficile orientarsi nella confusione di problemi, allarmi, interpretazionie soluzioni proposte, un polverone che sembra andare a tutto vantaggio dell’ allarmismo e conseguentemente della speculazione, indipendentemente dalla sua quota possibile.
Sicuramente lo sgonfiarsi della bolla speculativa generata dai sub prime ha spinto a cercare nuove fonti per garantire profitti ai grossi investitori ed il petrolio e la produzione agroindustriale sono soggetti che ben si prestano, dopo la confusionaria sensibilizzazione che in tutto il mondo è stata fatta, specie in materia di disastri futuri veri e presunti.
E’ comunque evidente che le tensioni geopolitiche e le lotte economiche che vedono coinvolte le vecchie e le emergenti potenze internazionali per acquisire posizioni dominati sono visibili e concorrono a giustificare i fenomeni speculativi.
Il consumo di petrolio intreccia temi a vari livelli. Il punto centrale non è però la quantità di petrolio esistente e la sua disponibilità ma la manipolazione mediatica che se ne può fare ai fini delle lotte di dominio infracapitalistico.
Credo che sia ragionevole supporre che uno sviluppo di Cina e India ai livelli di consumo attuale o maggiori, se si vuole parlare di sviluppo secondo la nozione comune che prevederebbe un costante aumento nella disponibilità di beni di consumo nei quali il petrolio entra in vari modi (produzione di manufatti, alimenti, distribuzione, conservazione e da ultimo trasporti individuali e turismo che è la prima industria mondiale per fatturato e comporta un notevole consumo di derivati del petrolio) ,comporterà alcuni problemi
Questo tipo di sviluppo entra in conflitto con il buon senso, continuando a proporlo come progressivo e di durata indefinita e il fatto che moltissimi ci sperino ma, subissati di problemi personali e di allarmi generali, non ci credano più entra a pieno titolo nelle vicende politiche nostrane che hanno visto la marginalizzazione delle prospettive politiche che fanno generico riferimento al socialismo che con queste prospettive si identificava
Mentre il capitalismo si impegna nelle lotte di supremazia interna collabora su altri piani per la sua conservazione( ovviamente delle classi dominanti) e nel farlo, senza immaginare una “cupola mondiale”, si trova di fronte a problemi simili o speculari generati specialmente da una differente scala di consumi delle aere di influenza originarie (Usa e Cina devono frenare i consumi individuali e/o limitarne l’ aumento conservando la stabilità delle basi sociali nei quali operano con strategie che non possono essere identiche)
In questo caso credo che la speculazione, accusata non a torto ma retoricamente come la cattiva del momento, avrebbe ddiscretamente diversi sostenitori , anche se per ragioni diverse:
I paesi produttori sono danneggiati dal calo del dollaro ma possono compensare i minori profitti in questo modo e quindi sostenere la scarsità di produzione e raffinazione (che ha una sua base derivata dai bassi costi precedenti che avrebbero compresso sia la ricerca di siti che il potenziamento della capacità di trasformazione, da qui le basi oggettive della speculazione in riferimento alla domanda, a fronte di un più allettante mercato finanziario )
– Gli Usa svalutano per rilanciare la loro economia, sembrerebbe una mossa controproducente rispetto all’ aumento dei costi della “bolletta” petrolifera ma entrano in gioco diversi fattori che hanno a che fare con le concentrazioni del controllo di vari settori economici che consentirebbero di sopportare alcune sofferenze per scopi strategici, come combattere l’ offensiva monetaria del’ euro (usando anche altri metodi) e frenando le economie emergenti (Cina e India che , specie la prima, per controbattere è al’ offensiva da diversi annio nei paesi produttori di petrolio e gas nei quali il controllo Usa è più scarso, come l’ africa).
– In tutto questo rimane il fattore incognito del reale costo di produzione, quindi i profitti reali. Solo i produttori li conoscono (e non sempre esattamente , credo) , sicuramente sono altro da quelli che determinano i valori di borsa, ed hanno il diritto di tacerli sia per la libertà rispetto a qualsiasi autorità politica e istituzione in virtù del “bruto” potere economico, cosa che rende le varie autority regolative uno spettacolo ad uso dei semplici come hanno mostrato anche i vari scandali tipo Enron e Parmalat non meno della incontrollabilità dei prezzi, sia appellandosi al diritto alla riservatezza dei dati sensibili alla concorrenza, termine che prefigura un funzionamento dell’ economia ben lontano dal’ immaginario promosso mediaticamente
Le politiche generali che i “grandi giocatori in lotta” stanno introducendo sono però comuni e significative, sia nei paesi emergenti che in quelli di vecchia industrializzazione, i “sotto attori” politici stanno promuovendo la compressione dei costi “umani” o il massimo contenimento possibile (Cina e India in particolare e con una buona dose di problemi interni) della redistribuzione economica creando velocemente o separando la classe dominante e quella di controllo dalla vasta massa della popolazione variamente intesa. La creazione di una diffusa povertà e miseria pur con un incremento degli indici della richezza generale che nulla dicono sulla sua distribuzione, ha almeno due scopi: massimizzazione dei tassi di profitto e comprersione di quei consumi che dovrebbero garantire la fedeltà della classe di controllo (militari, tecnici ecc..) attraverso la gratificazione del mantenimento o aumento dei livelli dello stesso (il fenomeno e meno appariscente nei paesi più ricchi ed a controllo “democratico”). La diminuzione in valore assoluto dei consumi garantirebbe anche lo spostamento nel futuro di più rilevanti problemi di approvvigionamento di materie prime e lunga durata del sistema nel suo complesso. Il rischio di tensioni sociali che questo genera (si vedano disordini in Cina e India) è parzialmente de strutturato dalla crescente povertà e da continui allarmi di vario tipo che, specie in occidente, portano al’ accettazione di queste progressive restrizioni economiche e politiche (una per tutti il patriot act in Usa e l’ uso del problema immigrazione che trasforma le prime vittime di queste politiche in nemici parzialmente responsabili delle stesse). L’ esempio di paesi a più antico dominio capitalistico/democratico , come gli USA, dimostrano che questo binomio consente il mescolarsi di realtà relazionali e descrizioni falsamente ideologiche aventi una potente capacità di regolazione del’ immaginario sociale in senso conservativo. Lo stesso esempio ci dice che le guerre sono l’ estrema, ma neanche tanto, razio di questo binomio di “governo”. Si noti che almeno nel nostro paese il linguaggio permette “simpatici” svelamenti di quanto si vorrebbe nascondere con lo stesso. Da anni i politici centrano la loro azione sul’ efficacia delle forme di governo e su queste, sulle leggi elettorali, sul federalismo che avvicinerebbe il governo ai governati ci ammorbano da radio e televisioni . Nella regione responsabile del parto della nostra lingua , la Toscana, la cura degli animali da lavoro o destinati a fornire direttamente cibo, quindi una cura che non è nel loro interesse, viene definita da qualunque comune contadino, con perfetto uso della lingua di cui è portatore sano, come “governo delle bestie”. In questa ottica il governo capitalistico si sta “facendo carico” , visto che può farlo, di una possibile instabilità generale che potrebbe aprire scenari non gratificanti per le classi dominanti/di controllo ; ma la capacità di farlo, a maggior danno altrui, è proprio uno dei punti di forza del sistema in quanto tale.
La compressione sociale e la massimizzazione del profitto trovano ulteriore conferma dal’ entrata del privato nei beni di monopolio naturale, a domanda rigida, e nei servizi nei la dove le politiche social/liberali li avevano, anche parzialmente sottratte alla logica del puro profitto.
In particolare e legato ai capitali speculativi questo riguarda anche i sistemi pensionistici pubblici, oggetto di disinformazione non meno del resto. Mazzetti , docente di economia all’ università di Calabria (se ricordo bene), ha fatto uno studio demografico sui censimenti a partire dalla riunificazione d’ Italia. Orbene. risulta che il trend di calo del “tasso” di natalità sia stato costante dagli anni precedenti la seconda guerra mondiale. Al’ interno di questo tasso in calo costante ci sono stati tre anni di leggera risalita, a metà egli anni 60, che hanno fatto gridare ai giornali di allora al baby boom (magari per favorire la speculazione edilizia e affossare quella pubblica impossibilitata a far fronte ecc..) Numericamente il boom comporta 6oooo italiani in più ,nati nel corso di tre anni, che andranno in pensione in tempi molto vicini, almeno quelli sopravvissuti alle attività lavorative. L’ 1% scarso della popolazione per qualche anno, poi moriranno e non verranno sostituiti. A fronte degli scenari catastrofici dipinti dai nostri economisti, giornalistici e politici, il precedente governo francese, paese interessato dallo stesso fenomeno più o meno negli stessi termini, aveva risolto la questione facendo, da ora, alcuni accantonamenti del’ ordine dello 0,..% su tasse già in essere onde fare fronte, per il breve numero di anni in cui il problema potrebbe presentarsi (potrebbe perché gli aumenti, anche piccoli, di produttività risolverebbero il problema da soli in una ottica di pensioni pubbliche col sistema a ripartizione) Naturalmente il nuovo governo ha cambiato rotta. Anche in questo caso è la finanza a governare queste trasformazioni, nei paesi in cui le pensioni sono private e gestite da istituti finanziari, banche, assicurazioni ecc… una delle masse monetarie di più consistenti è proprio costituito dagli accontonamenti pensionistici in questi istituti che possono gestirli sui mercati finanziarli realizzando guadagni che ricadono limitatamente sui sottoscrittori di polizze pensionistiche che si fanno invece carico dei rischi. La costante depressione borsistica di questi mesi, se continuasse , potrebbe causare problemi sociali ben più devastanti che non il Baby boom. La bolla speculativa sul petrolio e sul settore agro industriale potrebbe avere tra le sue cause anche il tentativo di recuperare le perdite precedenti.
In definitiva sono pensabili un permanere , se non un ulteriore aumento, del’ alto prezzo del petrolio e di tutti i collegati, alimenti in primis. Se il sistema desse segni di crescente instabilità sociale/economica è pensabile che la risposta porti ad un maggior impegno bellico. Quanto alle soluzioni politiche il recente G8, e il precedente vertice fao, tra presenti e assenti “ai tavoli”, ha mostrato che, ancor prima delle materie prime se mi si consente il bisticcio verbale, si sono esauriti gli spazi di un reale intervento di politica economica in senso , anche vagamente, redistributivo e sono ormai in esaurimento anche quelli della retorica affossati dal ridicolo delle immagini imbarazzate dei “grandi” con paletta intenti a piantare alberelli ed elaborale strategie risicatamente elemosinali che ben si addicono all’ ultimo dei curati di campagna anche se in versione “papale”
Giampaolo Pellegrini
Attac chiantivaldelsa
10/08/2008