Il Belpaese trivellato

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6 Belpaese trivellato NO OMBRINA Lowres

di Augusto De Sanctis

In Italia, paese del sole, ai petrolieri sono già stati concessi, o sono in via di definizione, ben 445 titoli minerari per una superficie di milioni di ettari. Sono finora interessate 15 regioni italiane; per ora, sono escluse Friuli Venezia Giulia, Umbria, Valle d’Aosta, Liguria e Trentino Alto Adige. Quindi dal Piemonte alla Sicilia, se si guarda la mappa dei vari permessi di ricerca delle concessioni di coltivazione e delle varie istanze in corso, è un susseguirsi di macchie sul territorio, ognuna delle quali di migliaia o decine di migliaia di ettari, con dentro città e villaggi. Ad esempio, in Molise le tre città più grandi, Termoli, Isernia e Campobasso, sono interamente incluse in titoli minerari. Nelle Marche, l’Ermo colle e tutta Recanati. E così via. I confini dritti sembrano quelli della spartizione coloniale dell’Africa, ignorando completamente cosa vi è sopra quei territori: persone, città, campi, bellezze naturalistiche e architettoniche. Le comunità discutono per anni sui piani regolatori comunali, sui metri di distanza dal vicino, e poi si ritrovano a vivere in una concessione mineraria affidata magari ad una società con sede a Londra e partecipata da un hedge fund con sede alle Cayman…

In mare, fino alle 12 miglia e oltre, nella cosiddetta piattaforma continentale che si spinge fino ai limiti dettati dai trattati bilaterali con gli altri stati, l’Italia detta in maniera esclusiva le norme sull’estrazione degli idrocarburi. Decine di titoli, piattaforme e nuovi progetti interessano quindi enormi porzioni del mare che circonda il Belpaese. Ad oggi da parte dei petrolieri vi sono ben 88 istanze in corso per accaparrarsi nuove aree; di queste, 57 interessano aree al di fuori delle 12 miglia, nella piattaforma continentale. Ad esempio, l’Adriatico è sostanzialmente diviso in due: nella metà di esclusivo interesse italiano, le nuove richieste interessano oltre 3 milioni di ettari.
Grazie alle decine di comitati ed associazioni che contestano i progetti sul territorio, e anche alla nuova consapevolezza del disastro che il riscaldamento globale sta causando al pianeta, finalmente questa situazione sta diventando un tema di interesse nazionale.

Il Governo, però, invece di decidere di accompagnare il paese verso l’uscita dal mondo delle fonti fossili ascoltando il richiamo dei cittadini, nel 2014, con il varo dello Sblocca Italia ha deciso di forzare la mano per imporre uno “scenario idrocarburico” alla penisola e ai mari italiani. Invece di puntare su tecnologia, risparmio, efficienza e energie rinnovabili, Renzi ha puntato sul vecchio, su quello che tra poco dovrà essere solo nei musei, metano e petrolio, pena la sopravvivenza stessa del pianeta. Evidentemente per il governo gli interessi dei petrolieri e delle decine di società medio-piccole, poco note al grande pubblico ma molto attive sui mercati finanziari secondari di Londra, vengono prima dell’interesse dei cittadini a vivere in un luogo salubre e a creare economia con la vera ricchezza dell’Italia, turismo e agro-alimentare.

Tra l’altro pochi sanno che i giacimenti italiani vengono in larga parte letteralmente regalati alle società di estrazione. Il regime delle royalty in Italia prevede il versamento da parte delle aziende del 7-10% del valore della materia estratta, una percentuale di per sé già ridicola rispetto ad altri paesi. Il trucco, però, è un altro. Il regime delle franchigie. Fino ad una certa quantità di metano o petrolio estratto non si paga nulla. Stiamo parlando di 25 milioni di Smc di metano per le concessioni in terraferma e 80 milioni di Smc in mare! Praticamente lo Stato regala in partenza decine di milioni di euro alle multinazionali che ci rivendono metano e petrolio a prezzo pieno. Una follia che contribuisce a smontare il mantra imposto dalla Strategia Energetica Nazionale: raddoppiare la produzione interna di idrocarburi per limitare le importazioni. Come se petrolio e metano estratti rimanessero nelle mani dello Stato, appunto, mentre invece una volta pagata se dovuta la ridicola royalty, è del tutto indifferente la provenienza del greggio. Tra l’altro le aziende che operano nel mondo degli idrocarburi hanno anche diversi benefici di tipo fiscale, tanto che su youtube è comparso un video di un incontro a Londra in cui un’azienda del settore, ad una domanda di un potenziale investitore, sostiene che il fisco in Italia è molto vantaggioso! Praticamente l’unica tipologia di imprenditore che in decenni abbiamo sentito lodare il regime fiscale italiano.

In tante regioni, centinaia di attivisti e decine di migliaia di persone contestano questa visione miope legata ad un’economia e ad una finanza che per il profitto arriva a mettere alla prova la stessa vivibilità per l’uomo sulla Terra. A Lanciano, in Abruzzo, lo scorso 23 maggio si è svolta la più grande manifestazione mai realizzata in Italia contro un progetto petrolifero, quello di Ombrina Mare proposto dalla Società inglese Rockhopper. Sessantamila persone, un’intera comunità, con associazioni, centri sociali, agricoltori, imprese turistiche, decine di comuni, diocesi, hanno detto no al progetto e alla “follia” dello Sblocca Italia. Il 4 ottobre ad Ancona si è tenuta una affollatissima assemblea nazionale contro la devastazione ed il saccheggio dei territori e dei diritti sociali. Centinaia di attivisti hanno condiviso l’idea di lanciare una campagna contro questi progetti imposti dall’alto, dal TAV ai metanodotti che devono trasformare l’Italia in una piattaforma logistica a favore degli interessi dei gruppi industriali nord-europei, dai grandi progetti petroliferi alle grandi infrastrutture stradali che sanno solo di cemento e denaro per i concessionari privati. I cittadini hanno bisogno di altro, di mobilità efficiente nelle città, di opere per la depurazione e la distribuzione di acqua di qualità, di de-cementificazione dei territori a rischio idrogeologico. La prima iniziativa della campagna si è tenuta davanti al Ministero dello Sviluppo Economico il 14 ottobre a Roma per contestare le scelte del “governo dei petrolieri”. A partire dal 28 novembre fino all’8 dicembre, in contemporanea con il vertice COP21 di Parigi sui cambiamenti climatici, ci saranno tante iniziative diffuse da organizzare e a cui partecipare. Abbiamo un unico pianeta dove vivere, solo una mobilitazione diffusa e consapevole può cambiare le politiche e il modello economico oggi dominante.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 21 di Settembre-Ottobre 2015 “Finanza & Grandi Opere 2.0”, scaricabile qui.

6 Belpaese trivellato

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