Della rubrica “democrazia partecipativa” a cura di Pino Cosentino
Marina Savoia, attac Genova, intervista:
Carla Cappi, del consiglio nazionale di Attac, che collabora con il Comune di Vignola per l’organizzazione dei percorsi di democrazia diretta; Monica Maisani della lista Vignola Cambia, assessore alla democrazia partecipata per il Comune di Vignola, e Elena Cigolini cittadina di Vignola presente alla prima serata de ”la parola al cittadino”.
MARINA – Nella rubrica dell’ultimo Granello si afferma che “il protagonismo popolare, attualmente inesistente, può formarsi solo attraverso percorsi di esperienze dirette, vissute personalmente”. La bella esperienza di Vignola (MO) ne è un esempio e questa intervista risponde all’ esigenza di pensare potenzialità e limiti degli strumenti partecipativi rispetto al cambiamento e al superamento dell’attuale crisi democratica.
Prima di tutto, in quale contesto si è svolta a Vignola l’iniziativa “La parola ai cittadini”?
CARLA – A Vignola da giugno 2014 le liste di cittadini “Vignola Cambia”, “Lista civica città di Vignola” e “Vignola per Tutti” sono passate al governo della città. Tra gli obbiettivi in programma spicca la democrazia partecipata. Si legge: Vignola mira ad essere la capitale della democrazia in Italia. È stato fatto un percorso di democrazia partecipata aperto a tutta la cittadinanza per decidere la destinazione culturale di un importante edificio storico in fase di ristrutturazione. Entro il 2015 verrà cambiato il regolamento comunale per dare la possibilità ai cittadini di partecipare ai consigli comunali aperti con diritto di voto, e sarà inserito il referendum a quorum zero. Intanto, ha già preso avvio la pratica de ”la parola al cittadino”: almeno 3 volte all’anno i cittadini vengono chiamati a fare proposte per la loro città e le 3 proposte più votate dai cittadini vengono accolte dal consiglio e messe in pratica.
MARINA – Quali sono i risultati più importanti e interessanti dell’iniziativa ?
CARLA – Parlerei di primi passi verso l’obbiettivo di ‘’igienizzare’’ la politica. I cittadini devono ritornare ad esserci. A partecipare. A controllare. La loro presenza nella quotidiana gestione del pubblico è l’unico strumento che permette ai politici di essere parte della comunità e non al di sopra di tutto. A piccolissimi passi occorre rieducare tutti a ragionare come una grande famiglia, dove ogni membro si prende le proprie responsabilità. Troppo facile delegare e lamentarsi o farsi eleggere a suon di promesse e perseguire poi interessi personali.
MONICA – Questo strumento semplice e immediato dimostra che è possibile per i cittadini presentare e far votare le loro proposte e dà l’opportunità all’Amministrazione di raccogliere idee e proposte realizzabili. I cittadini si sono dimostrati competenti e ragionevoli e sanno cosa è veramente importante per la città.
ELENA – L’iniziativa ha permesso al cittadino di esporre direttamente alle istituzioni le proprie esigenze e necessità sentendosi così parte attiva nella gestione della comunità. Nello stesso tempo si è potuto avere un confronto diretto e immediato, sulle varie richieste, tra cittadino e Comune.
MARINA – Cosa hanno in comune le proposte dei cittadini di Vignola, che sono risultate più votate e che verranno portate in Consiglio Comunale?
CARLA – Il buon senso, presente in tutte le proposte, anche quelle meno votate.
MONICA – La ragionevolezza e la fattibilità, l’interpretazione di un’esigenza collettiva di miglioramento della qualità della vita.
ELENA – Le proposte votate evidenziano la volontà di valorizzare tradizione, cultura e solidarietà.
MARINA – Quanto e in che modo uno strumento come questo può avviare un cambiamento nel rapporto fra cittadini e istituzioni?
CARLA – Il metodo “parola ai cittadini” (spiegato nel dettaglio e scaricabile gratuitamente) ci è stato insegnato nel 2009 da Paolo Michelotto ed è uno strumento tanto semplice quanto efficace. Tutti i presenti hanno pari diritti, ma devono rispettare un tempo rigorosamente scandito. Mentre una persona parla usufruisce del tempo e dell’attenzione di tutti i presenti. Vietato l’abuso. I pochi minuti a disposizione costringono chi presenta le proposte ad essere conciso e mirato, e costringe gli uditori a prestare la massima attenzione. Si diventa finalmente efficaci. Oggi più che mai le persone non sanno ascoltare, aspettano che l’interlocutore finisca di parlare solo per potersi raccontare. Il sistema semplice e condiviso inverte questa individualistica ed infruttuosa tendenza.
MONICA – Nel nostro programma è previsto che questa modalità di ascolto e decisione pubblica si svolga almeno tre volte l’anno, di cui una in occasione del Bilancio. Pensiamo che in questo modo possa innescarsi un circolo virtuoso che porti i cittadini ad avere prima di tutto più fiducia nelle Istituzioni e poi a pensare che la democrazia partecipativa è attuabile.
ELENA– Le potenzialità di questo strumento potranno essere espresse al massimo nel momento in cui si inizierà ad avere una partecipazione più allargata ed eterogenea. In questo modo le proposte potranno essere vagliate e valutate da punti di vista differenti; si potrà quindi iniziare a costruire un dialogo sulle reali esigenze della comunità e le istituzioni potranno iniziare a lavorare in questa direzione.
MARINA – Cosa c’è e cosa manca, in generale, nella gestione della cosa/e pubblica/che perché questa/e possa/possano essere vissute, cioè godute e tutelate, come Bene Comune (e come Beni Comuni)?
ELENA – Un aspetto assai grave della società moderna è la mancanza di rispetto delle cose comuni. Lo stesso Comune spesso presenta lacune nella gestione e manutenzione dei beni pubblici (pulizia, sicurezza, ottimizzazione delle infrastrutture, etc.). Basti un piccolo semplice esempio: il parco della nostra biblioteca sarebbe un posto splendido in cui ritrovarsi e fare comunità ma, per come gestito in questo momento, non mi sento invogliata e sicura a frequentarlo.
CARLA – Manca la consapevolezza che esiste un NOI. Politici e cittadini hanno perso il senso della comunità e il valore della vita oltre il profitto economico. Quindi i politici devono distinguere tra ciò che ha un profitto seguendo le leggi del mercato e ciò che ha un interesse diretto sulla qualità della vita e non può essere dunque che governato dai cittadini attraverso sistemi di pubblico partecipato. E i cittadini devono capire, partecipare e controllare.
MONICA – La tendenza attuale porta la gestione della cosa pubblica lontano dai cittadini, l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa sono parole d’ordine sbandierate per mascherare gli interessi di grandi e piccoli gruppi di potere. Inoltre i tempi dell’economia non coincidono con quelli della democrazia, l’elogio della velocità e il mito della crescita infinita condizionano e limitano il discorso pubblico sui beni comuni. Occorre invertire la tendenza e riportare la discussione, nei tempi e nei modi della democrazia , su ciò che veramente conta per la nostra esistenza coinvolgendo i cittadini nell’analisi dei bisogni e dei desideri. Bisogna inoltre denunciare l’insensatezza del Patto di stabilità interno e trovare il modo di gestire i beni e i servizi pubblici/comuni con la partecipazione dei cittadini e dei lavoratori.
Tratto dal Granello di Sabbia di Gennaio/Febbraio 2015: “Enti Locali: Cronaca di una morte annunciata”, scaricabile qui