Editoriale – Il Grande Esodo

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di Vittorio Lovera

A Giacinto Pannella detto Marco
profondo e necessario “rompicoglioni”,
nobile antesignano di molte battaglie di civiltà.
Liberale ma anche liberista, autore
di scelte politiche opposte alle nostre.
Avversario ma, senza dubbio, grande uomo!
R.I.P
“Il Signor Hood era un galantuomo,
sempre ispirato dal Sole.
Con due pistole caricate a salve
ed un canestro pieno di parole.
E che fosse un bandito,
negare non si può, però non era il solo”

Sono oramai decenni che il Grande Esodo è in atto.

L’abbiamo inquadrato da subito, a metà degli anni ‘ 90, come uno scenario epocale e inarrestabile. Tutte le risposte messe in campo in questi vent’anni hanno mostrato profondi limiti di prospettiva, sia rispetto alla comprensione della sua portata universale e incontenibile, sia rispetto alla capacità di formulare risposte adeguate alla dimensione del fenomeno in atto. La debolezza strutturale nel dare risposte adeguate ha fomentato la “paura” e un respingimento culturale a priori del “ diverso da me” da parte di fette sempre più ampie di popolazioni. Questo, in una fase in cui il fenomeno esodale non è ancora al culmine della sua inarrestabile piena, soprattutto se pensiamo ai numeri previsti per i cosiddetti “profughi climatici”.

La globalizzazione e la finanziarizzazione dell’economia hanno un ruolo di responsabilità assoluta in questo apocalittico scenario di morte. Senza enfatizzare eccessivamente gli scenari “complottistici” sulla globalizzazione che compaiono oramai in parecchi siti in odore di “rosso-bruno”, sono sempre più dettagliate le ricerche che inquadrano la “gestione strategica delle migrazioni come vera e propria arma di Guerra”. Alcune pubblicazioni, a partire da Kelly M. Greenhill (2002) dettagliano bene, dati alla mano, questa lettura: le migrazioni non sono riconducibili solo a una scelta “naturale-individuale” ma c’è un netto prevalere di aspetti artificiali e strumentali di “ natura storica, politica ed economica”.

Non si possono sottovalutare infatti i fenomeni di land grabbing (o accaparramento della terra) che riguardano l’Africa Subsahariana (70% del fenomeno), il Sud-Est Asiatico e l’America Latina. Già nel 2010 la Banca Mondiale denunciava acquisizioni per 46 milioni di ettari di terreni agricoli (l’Italia ha una superificie di circa 31 milioni di ha) evidenziando che in realtà potrebbero essere addirittura pari al doppio.

Per non parlare di tutte le guerre locali, o di area, per il controllo delle materie prime e di quelle per mantenere il controllo geopolitico di aree strategiche.

Questo numero del Granello, grazie alla collaborazione di autorevoli conoscitori delle tematiche trattate, prova a affrontare i molteplici aspetti dell’esodo, inquadrando il contesto geopolitico, i risvolti economici (quelli “legali” e quelli criminali, come la tratta di esseri umani), la questione sinti-rom, la cronistoria delle diverse normative adottate in Italia, gli interventi “umanitari” messi in atto, il ruolo del sociale nella gestione di questo fenomeno.

Il Grande Esodo, dicevamo: un avvenimento epocale segna sempre la fine di una fase e l’entrata in una Nuova Era.

Il Grande Esodo è di per se stesso una “rivoluzione”: nulla sarà più come prima. Società, usi e costumi, stili di vita subiranno inevitabilmente dei cambiamenti. Forse soltanto la “paura dell’altro” resisterà al tempo. Questo terrore ancestrale – veicolato troppo spesso ad arte da interessi sia locali che globali – può ri-generare populismi e nazionalismi esacerbati.

In Austria solo 31.000 voti (postali) hanno evitato che la destra ultranazionalista del carinziano Hofer ottenesse la Presidenza della Repubblica. La vittoria dell’outsider verde Van der Bellen non può occultare il fatto che il 49,7 % della popolazione austriaca vuole il muro del Brennero e la chiusura delle frontiere. Sono ormai 5 le nazioni europee dove il populismo di destra se la gioca ad armi pari per governare: Ungheria, Polonia, Slovacchia, Austria e, tra le “big”, la Francia con Marine Le Pen.

I fatti di Colonia, ma non solo, hanno poi attizzato un nuovo populismo, quello delle classi medie, ed anche in Svizzera, Germania, Norvegia e Olanda stanno aumentando i segnali di “insofferenza” verso l’accettazione di una società multiculturale, verso i migranti, verso una ipotetica trasformazione degli stili di vita e sulla tolleranza religiosa.

Concetti come “integrazione e multiculturalità” mostrano facilmente la corda alla prima fiammata xenofoba: essendo il cambiamento epocale ed inarrestabile, occorrerà affrontare con più lungimiranza sociologica la questione dei rapporti tra migranti e nativi .

Le provocatorie e discutibili riflessioni di Slavoj Zizek (cui fa riferimento Annamaria Rivera nel suo articolo), così come le prese di distanza di numerosi maitres à penser di sinistra ( Alain Badiou, Razming Keucheyan, Jean Birnbaum, Hans Magnus Enzesberg, Jean Claude Michea) dalle posizioni “classiche” sull’accoglienza, non ci devono ferire – come l’ennesimo tradimento – ma ci devono interrogare.

Se il Grande Esodo segna l’entrata nella “nuova era” occorre avere la capacità, per non ripetere le miopie che hanno contraddistinto questi vent’anni, di ripensare alcuni concetti che pensavamo consolidati e che invece hanno dimostrato di essere più fragili di come li avevamo teorizzati o realizzati.

La Nuova Era, per essere pacifica, deve dare risposte più concrete e funzionali ai cambiamenti che saranno indubbiamente molti.

La manifestazione nazionale del 7 maggio a Roma contro il Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti (TTIP) è stata grande, grandissima.
Sembrava un sogno, all’inizio ci abbiamo creduto in pochi, la solita splendida armata Brancaleone, ma poi sono maturati, belli e abbondanti, i frutti della capillare attività di “autoformazione orientata all’azione”, degli oltre due anni di infaticabile lavoro dal basso.

Piazza San Giovanni straboccante di una bella e composita umanità è stata un’emozione paragonabile solo, forse, alla grande festa in piazza Bocca della Verità, dopo la grande Vittoria Referendaria del 2011.

Tante, tante persone, pullman da tutt’Italia.

Una cosa che ha fatto bene al sistema cardiovascolare (e anche a quello nervoso) di molti dei/delle presenti, troppo spesso frustrati dalle pessime prove di una sinistra sempre divisa e incapace di offrire delle prospettive concrete di svolta rispetto i danni delle politiche mercantilistiche globali.

La Piazza del 7 maggio ha ri-alimentato la speranza che è possibile creare una diffusa coscienza collettiva che sa incidere – senza inutili intermediazioni – sul progetto di una società nuova, più equa e solidale, libera dai diktat delle lobbies economico-finanziarie, attenta all’ambiente, alle diversità civili-sociali-ecologiche, alla democrazia partecipativa, alle risposte da fornire su come creare occupazione con attività eco-sostenibili.

Insomma, capace di dare senso concreto alla teorizzazione della “riconversione ecologica “ della società.

La manifestazione ha anche “bucato” il video: l’esilerante e divulgativo show di Crozza su La7 (vedi in youtube) ha definitivamente sconfitto l’ostracismo dei media meanstream sull’argomento, rendendo popolari gli indicibili “segreti” del TTIP.

E dove non è arrivato Crozza, ci ha pensato una sua creatura, il ”disOnorevole” Razzi.

Una manifestazione che ha in parte colmato il vuoto pneumatico di una stagione, quella appena trascorsa, che ha palesato le gravi difficoltà delle varie vertenze aperte dai movimenti italiani, spesso risultati assenti sia nella proposta che nelle conseguenti azioni, con l’ importante eccezione del movimento No Triv. Quello italiano è stato un autunno tutt’altro che “caldo”, nonostante la drammaticità delle situazioni aperte su tantissimi fronti.

Questi disagi sono riscontrabili anche nella difficoltà di coordinare e lanciare i “referendum sociali”. Se il fronte italiano è stato troppo a lungo silente, le risposte dei movimenti francesi al Jobs Act transalpino (la legge El Khomri) hanno ingenerato una vera rivolta, il movimento spontaneo e inter-generazionale del Nuit Debout. Sembra un movimento molto determinato e capace di incidere in maniera radicale sui temi affrontati.Vedremo se lo spirito emulativo saprà produrre qualche positiva accelerazione anche nel movimento italiano.
Il prossimo numero del Granello sarà dedicato alle questioni attinenti al Lavoro con lo sguardo rivolto soprattutto alle esperienze estere..

Chiudo con una personale ponderazione.

Nel 2005, le riflessioni dopo la mobilitazione contro la Direttiva Bolkestein (nata allora con gli stessi dubbi manifestatisi per indire quella Stop TTIP) diedero l’abbrivio alla stagione dell’Acqua Pubblica, all’idea di dare una casa comune a tutte le vertenze territoriali che si opponevano ai progetti di privatizzazione dell’oro blu.

Secondo me, le migliaia di persone in piazza San Giovanni, con la loro presenza fisica fatta di mille sacrifici, di molto studio e di tanto entusiasmo, chiedono a gran voce che non ci si fermi nell’azione, non solo rispetto ai trattati internazionali, ma soprattutto rispetto alle due questioni che, dei Trattati, rappresentano la genesi:
la finanziarizzazione dell’economia;
la questione del Debito.

Siamo in grado, con un ulteriore salto di qualità , di estendere la fantastica “aggregazione consapevole” strampalata e originale della società civile e dell’associazionismo che ha prodotto questo meraviglioso risultato, per affrontare alla radice le questioni cardine che portano ai Trattati? Lo chiedo a me stesso, lo chiedo a tutti/tutte voi.

Certo, per fermare il TTIP c’è ancora molto da fare e non ci si deve distrarre dall’obiettivo finale: il ritiro integrale del Trattato.
Da questa splendida energia è il momento di trarre la consapevolezza che, dal basso, dobbiamo osare “pensare oltre”.
Troppe piazze (penso al 15 Ottobre, penso alla Via Maestra) ci hanno lasciato prima estasiati e poi profondamente delusi.

Attac Italia ritiene che il tema del Debito debba essere assunto come questione centrale nella costruzione di una politica di discontinuità. Senza affrontare questo nodo, qualsiasi soggetto politico, per quanto radicale, si ritroverebbe “incravattato” dall’abnorme debito illegittimo accumulato ed impossibilitato ad agire un’azione di svolta.

L’esperienza greca, purtroppo, è lì a dimostrarlo.

Per questo, assieme alle realtà che si occupano di Debito – riconducibili alla rete Nuova Finanza Pubblica e Sociale – abbiamo ipotizzato, sempre dal basso, di riprendere un percorso finora avanzato a strappi.
Durante l’ Assemblea Mondiale di CADTM /per l’annullamento del debito illegittimo (Tunisi, 26-30 Maggio 2016) è stata ufficializzata l’entrata di Attac Italia nel network CADTM presieduto da Eric Toussaint, il presidente della Commissione per la verità sul Debito Greco. Abbiamo aderito, in nome collettivo, in rappresentanza anche di tutte quelle realtà, nazionali e locali, che si stanno muovendo, assieme a noi, su questo tema.

Una prima tappa di approfondimento sarà il Convegno Internazionale che, sotto l’egida della Fondazione Palazzo Ducale e la co-promozione del Cadtm, si terrà a Genova il 19 luglio, nel corso delle iniziative per i 15 anni dal G8 di Genova e dall’assissinio di Carlo.

A settembre l’Università estiva di Attac (quella dei 15 anni, con annesso FESTONE) sarà incentrata sull’Auditoria del Debito e vedrà la presentazione ufficiale di Attac Italia/Cadtm.

Rispondo alla domanda che ho fatto, anche a me stesso, se si possa proseguire assieme il percorso che ci ha condotto il 7 maggio a Piazza San Giovanni. Io penso sia possibile camminare domandando, tutti/e assieme, passo dopo passo, senza fretta e senza tessere, in modo trasparente, fatto di democrazia diretta e di scelte condivise. Per entrare assieme in un’era più accogliente, più solidale, più ecologica. Più giusta e democratica.

Adelante Companeros

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 24 di Maggio-Giugno 2016 Il Grande Esodo