La Costituzione del 1948, sebbene fondi un sistema politico rigorosamente “rappresentativo”, apre notevoli porte alla partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche.
Il pensiero corre subito agli articoli 71 e 75 (proposte di legge di iniziativa popolare e referendum abrogativi). Ma è ancor più significativo l’art. 49, che permette ai cittadini organizzati in partiti di determinare la politica nazionale. La Costituzione vede nei partiti il motore del sistema, poiché l’azione politica è in essenza azione collettiva.
La crisi dei partiti ha trascinato con sé la credibilità e il prestigio della rappresentanza, mentre, anche nella produzione legislativa, si moltiplicano i richiami retorici alla partecipazione.
Che ormai esiste come iniziativa individuale e/o di piccoli gruppi, mentre i grandi partiti nazionali sono assimilati alle istituzioni.
Il livello più favorevole alla partecipazione è sicuramente quello comunale. I Comuni sono però sottoposti a un processo di centralizzazione di fatto, soprattutto a causa del patto di stabilità interno (dal 1999), sebbene formalmente la riforma costituzionale del 2001 li equipari allo Stato come enti costitutivi della Repubblica. Nemmeno la riforma “federalista” del 2009 ha inciso sulla tendenza all’azzeramento dei margini di autonomia dei Comuni. Tendenza ulteriormente rafforzata dalla costruzione europea, e dalle politiche rigoriste e monetariste che la governano (basti a proposito ricordare la famosa lettera della BCE al governo italiano nell’agosto 2011).
Non sono valsi finora a invertire la rotta le affermazioni sempre più impegnative a favore della partecipazione dei cittadini che si trovano nelle leggi del settore, succedutesi negli ultimi anni. Sicché le prescrizioni del Testo Unico degli Enti locali s. m. i. (dlgs 267/2000), che obbliga i Comuni a inserire in Statuto una serie di norme a favore della partecipazione non sono servite ad avviare processi partecipativi generalizzati.
Attualmente i Comuni sono obbligati a inserire nello Statuto tre strumenti a disposizione dei cittadini: l’istanza, la petizione e la proposta di delibera di iniziativa popolare. Inoltre è fortemente consigliato il referendum, presente anch’esso in molti statuti comunali. Nel caso del referendum, tuttavia, è solitamente previsto quello consultivo, con un duplice sbarramento: un elevato numero di firme da raccogliere in poco tempo e un quorum alto come il referendum abrogativo nazionale.
Ma ogni Comune può introdurre, e ancor meglio, praticare, molte forme di partecipazione, o precursore della partecipazione.
Queste forme appartengono al campo della democrazia deliberativa. Esse sono modalità utili per coinvolgere i cittadini in attività di confronto e approfondimento tra loro e tra i cittadini e l’amministrazione locale.
Sono esempi di democrazia deliberativa “La parola ai cittadini” e il “Consiglio Comunale aperto“.
Il “Dibattito pubblico” è usato in sede di discussione di grandi opere o simili, ed in questo caso i partecipanti sono integrati da esperti e rappresentanti di parti interessate.
Ancora più interessanti il “Panel di cittadini” e il “Consiglio civico“, che prevedono l’estrazione a sorte dei partecipanti, raggiungendo così quello strato di popolazione silente la cui attivazione è la vera scommessa della democrazia partecipativa.
Sono invece esempi di partecipazione vera, cioè decisionale, i vari tipi di referendum (questi a condizione di essere preparati adeguatamente, in modo da permettere scelte consapevoli) e il bilancio partecipativo.
Concludendo: la democrazia partecipativa come pratica normale di gestione degli affari pubblici è costituita da un insieme di ingredienti che dovrebbero diventare abitudinari. Presuppone e produce comunità e appartenenza. La sua realizzazione dovrà essere il risultato di un lento lavorio, ma anche di bruschi salti, perché, rispetto al sistema politico attuale, rappresenta un’inversione di paradigma, un rovesciamento del rapporto tra rappresentanza e popolo che, a sua volta, implica un mutamento profondo della struttura sociale. In questo processo è centrale il legame tra territorio e popolazione, quindi tra popolazione e l’istituzione “Comune”, che va protetto e insieme trasformato profondamente.