di Alessandra Algostino
Quale legame esiste fra beni comuni e democrazia? La nostra Costituzione lo recepisce? Come lo declina?
I discorsi sul “bene comune” ricorrono nella storia del pensiero, in particolare nel pensiero politico cattolico, ma non solo; si pensi, per citare i nomi più noti, ad Aristotele, Tommaso d’Aquino, Jacques Maritain2.
Ad una prima riflessione, emergono tre declinazioni del “bene comune”, che possono variamente combinarsi e sovrapporsi. Bene comune può essere inteso come il bene che trascende e insieme comprende quello delle singole persone, in un certo senso la volontà generale di Rousseau, o l’interesse generale o collettivo (che non necessariamente coincidono), derivando da una sorta di autocostruzione delle persone capace di oltrepassare gli interessi egoistici e particolari o, ad esempio, dall’operare del pensiero razionale, della ragione. In secondo luogo, si può intendere come il bene della maggior parte degli individui, dei più, che dunque dipende dalla volontà della maggioranza, ovvero da ciò che è bene per il maggior numero di persone, e, in terzo luogo, può essere concepito come un a priori, oggetto di fede, il Bene con la maiuscola, nella prospettiva di un qualche credo, in aderenza ad una qualche ideologia, religiosa e non.
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