Disinnescare il riscaldamento climatico e le migrazioni forzate
Intervento al Forum Laudato sì di Milano del 19 gennaio 2019
di Antonio De Lellis
Perché è fondamentale conoscere le interconnessioni tra cambiamenti climatici, tutela dell’ambiente, economia, lavoro, migrazioni e debito? Perché senza questa conoscenza non possiamo impostare una strategia di lotta planetaria.
La finanziarizzazione è il processo con cui quote maggiori di risorse si sono spostate dall’economia reale verso forme di patrimoni finanziari per una èlite sempre più assottigliata, sempre più per pochi, escludendo la grande massa della popolazione mondiale. Il debito rappresenta uno strumento formidabile di estrattivismo finanziario ed è il modo in cui interi popoli vengono resi schiavi. Questo del debito è un muro invisibile che determina i muri materiali e mentali. Senza abbattere questo muro non sarà possibile affrontare il grande tema delle risorse da destinare al contrasto del cambiamento climatico.
Perché la “Laudato sì” costituisce un punto di riferimento fondamentale per comprendere il nesso tra Debito e ambiente? Perché, nel solco della dottrina sociale, il principio della destinazione universale dei beni offre un fondamentale orientamento, morale e culturale, per sciogliere il complesso e drammatico nodo che lega insieme crisi ambientale e povertà. Tra le cause di questo nesso vi è la situazione dei Paesi penalizzati dalle regole di un commercio internazionale non equo, nei quali permane una scarsità di capitali spesso aggravata dall’onere del debito estero: in questi casi la fame e la povertà rendono quasi inevitabile uno sfruttamento intensivo ed eccessivo dell’ambiente.
Ma anche la speculazione finanziaria gioca un ruolo determinante. Già nel 2014 Francesco scriveva: «Penso ai traffici illeciti di denaro come alla speculazione finanziaria, che spesso assume caratteri predatori e nocivi per interi sistemi economici e sociali, esponendo alla povertà milioni di uomini e donne». L’enciclica Laudato sì approfondisce questo nesso affermando che questo mondo ha un grave debito sociale verso i poveri.
Inoltre c’è un vero “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi. Il debito estero dei Paesi poveri si è trasformato in uno strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico. Su questo versante della critica al sistema finanziario, nel 2018 il Vaticano affonda un colpo mortale. Per la prima volta si entra nel merito affermando che alcuni prodotti finanziari, fra cui i cosiddetti “derivati”, hanno favorito il sorgere di bolle speculative, le quali sono state importanti concause della recente crisi finanziaria. Si constata qui una carenza etica che diviene tanto più grave quanto più tali prodotti sono negoziati sui cosiddetti mercati non regolamentati (over the counter) – esposti più dei mercati regolamentati all’azzardo, quando non alla frode – e sottraggono linfa vitale ed investimenti all’economia reale. Simile valutazione etica può essere effettuata anche nei confronti di quegli utilizzi dei credit default swap (CDS: i quali sono particolari contratti assicurativi del rischio da fallimento). Il mercato dei CDS, alla vigilia della crisi finanziaria del 2007, era così imponente da rappresentare all’incirca l’equivalente dell’intero PIL mondiale. Il diffondersi senza adeguati limiti di tale tipo di contratti, ha favorito il crescere di una finanza dell’azzardo e della scommessa sul fallimento altrui. La manipolazione della misura dei fixing e del Libor costituisce anch’esso un caso di grave violazione etica, con conseguenze ad ampio raggio.
La finanza speculativa è alleata di un sistema fiscale iniquo mondiale e nazionale. Oggi più della metà del commercio mondiale viene effettuato da grandi soggetti che abbattono il proprio carico fiscale spostando i ricavi da una sede all’altra, a seconda di quanto loro convenga, trasferendo i profitti nei paradisi fiscali e i costi nei Paesi ad elevata imposizione tributaria. In realtà, un’imposizione dei tributi, quando è equa, svolge una fondamentale funzione perequativa e di redistribuzione della ricchezza, non solo in favore di coloro che necessitano di opportune sovvenzioni, ma anche per sostenere gli investimenti e la crescita qualitativa dell’economia reale.
Se l’ambiente risente fortemente di un’economia estrattiva, resa possibile dall’indebolimento delle economie causato dal debito pubblico, è anche vero che il sistema offshore, specie per i Paesi le cui economie sono meno sviluppate o fragili, ha finito per aggravare il loro debito pubblico acuendone i costi ambientali e sociali. Fra l’altro, è noto che importanti soggetti economici tendono a perseguire stabilmente, spesso con la connivenza dei politici, una prassi di socializzazione delle perdite. In questo senso anche i salvataggi delle banche private.
Quindi si privatizza, aumentando il debito pubblico per il venir meno di risorse permanenti al netto delle vendite, estraendo così valore, e quando il ciclo è giunto al collasso si torna indietro, ripagando per la seconda volta, con un nuovo aumento del debito pubblico. Quest’ultimo rappresenta oggi uno dei maggiori ostacoli al buon funzionamento ed alla crescita qualitativa delle varie economie nazionali. Numerose economie nazionali sono infatti appesantite dal dover far fronte al pagamento degli interessi che provengono da quel debito e devono perciò dolorosamente intraprendere degli aggiustamenti strutturali a tale scopo. Di fronte a tutto ciò, da una parte, i singoli Stati sono chiamati a correre ai ripari con assennate ripartizioni delle spese ed oculati investimenti, dall’altra, a livello internazionale, pur mettendo ogni Paese di fronte alle sue ineludibili responsabilità, occorre anche consentire e favorire delle ragionevoli vie d’uscita dalle spirali del debito, non mettendo sulle spalle degli Stati – e quindi sulle spalle dei loro concittadini, vale a dire di milioni di famiglie – degli oneri che di fatto risultano insostenibili. Ciò anche mediante politiche di ragionevole e concordata riduzione del debito pubblico, specie quando questo è detenuto da soggetti di tale consistenza economica da essere in grado di offrirla.
Fin qui ho riportato soprattutto la posizione etica del Vaticano su questioni economiche e finanziarie che generano costi sociali e ambientali. Ed ora alcune proposte personali.
Senza la ridefinizione del debito che lega il Nord e il Sud del mondo, non c’è possibilità di riuscita da fenomeni globali quali il riscaldamento climatico e le migrazioni epocali forzate. Strategicamente è tempo di proporre una conferenza internazionale sul debito e fisco parallelamente a quella sul clima e migrazioni forzate perché senza affrontare il tema finanziario, fiscale e la sua causa ed effetto che è il debito, non possiamo efficacemente intervenire per una conversione ecologica, l’unica in grado di scongiurare un cambiamento climatico irreversibile e la deportazione di milioni di persone.
Davanti all’imponenza e pervasività degli odierni sistemi economico-finanziari, potremmo essere tentati di rassegnarci al cinismo e pensare che con le nostre povere forze possiamo fare ben poco. In realtà, ciascuno di noi può fare molto, specialmente se non rimane solo. Numerose associazioni provenienti dalla società civile, e in questo anche Attac e Cadtm (Comitato nazionale per l’abolizione dei debiti illegittimi) giocano un ruolo centrale, rappresentano in tal senso una riserva di coscienza e di responsabilità sociale di cui non possiamo fare a meno.
Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 38 di Gennaio – Febbraio 2019. “Il cambiamento del clima, il clima del cambiamento“