On the road, verso un altro mondo possibile Intervista a Mauro Fedele di Consorzio Sociale Equo

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di Vittorio Lovera

Quest’intervista “On the road” si svolge ai primi di Gennaio su un’auto gialla, che da Torino ci sta conducendo a Trezzano sul Naviglio, nel milanese. Stiamo andando a visitare Ri-Maflow, la fabbrica occupata, e ad incontrare Gigi Malabarba e Massimo Lettieri. I miei compagni di viaggio sono Massimo ed Elena Fedele, la coppia che – assieme a pochi altri amici – ha ideato, strutturato e messo in piedi, a partire dal 2014, il Consorzio Sociale Equo: una rete di cooperative sociali con base in Piemonte (Leinì e Rivoli) che favorisce l’uscita dall’”illegalità” di Sinti e Rom nello svolgere una delle attività tradizionali delle etnie camminanti: il recupero e riciclo dei materiali ferrosi. Mentre i Camminanti si son quasi tutti resi stanziali, Mauro & Elena, che sono dei “nomadi adottivi”, sono sempre in moto perpetuo. Ogni anno si scarrozzano 150.000 km tra un campo a Pordenone e uno a Torino, poi Saronno, Limbiate e Guanzate; poi La Spezia e Massa Carrara, Assisi, Foligno, Terni.

A Roma, assieme agli infaticabili Marco Brazzoduro e Nino Lisi dell’ “Associazione Cittadinanza e Minoranze“, li abbiamo accompagnati in Via di Salone, al campo di via Candiani, poi in quelli di Castel Romano e di via Gordiani, e al Casilino 900. Spiegano e rispiegano, domande, domande, interruzioni, altre domande. Loro instancabili e gentilissimi, spiegano e rispiegano e rispiegano. Il meccanismo è semplice, ma per chi – a furia di subire soprusi – ha fatto della diffidenza una virtù, alcuni passaggi sono difficili da metabolizzare. In particolare quello della voltura del furgone. Per diventare Socio (in qualità di lavoratore autonomo) devi volturare il tuo furgone alla Cooperativa sociale territoriale di cui diventi Socio (i furgoni sono vecchissimi e valgono poche centinaia di euro, ma per loro sono sia status che indispensabili). In questo modo i furgoni, intestati a Cooperative Sociali membre di un Consorzio Sociale regolarmente autorizzato al Trasporto, allo stoccaggio e all’intermediazione di rifiuti, può essere iscritto all’albo nazionale dei gestori ambientali. Il furgone rimane in loro uso esclusivo e con liberatoria sottoscritta che in qualunque momento può essere ri-volturato a loro uso, ma così possono circolare regolarmente, trasportando i rifiuti consentiti. Vengono dotati di FIR e dell’elenco di circa una settantina di magazzini (sparsi in tutta Italia) convenzionati con il Consorzio Sociale. Entro 24 ore dal conferimento si vedono accreditati su apposito bancomat il corrispettivo dello scarico: questo garantisce zero nero, trasparenza e tracciabilità. Quest’anno il Consorzio ha raggiunto 400 mezzi autorizzati, 600 Soci e ha chiuso con 3 milioni di euro, in un’annata che ha visto dimezzare il valore del ferro. Non stanno mai fermi e infatti li intervisto “in moto”, mentre li conduco a conoscere l’esperienza di Ri-Maflow. Attac Italia, nella mia persona, ha messo in rete due realtà che, con percorsi distinti ma con eguali intenti, stanno sperimentando con successo pratiche di nuova economia solidale.

 

Ora spazio all’intervista a Mauro ed Elena.

Siccome so che qualunque attacchino è per sua natura “inguaribilmente curioso”, vi anticipo solo che Consorzio Sociale Equo e Ri-Maflow si sono piaciuti, molto piaciuti, e stanno lavorando alla sottoscrizione di un protocollo d’intesa per alcuni progetti ambientali comuni, che genereranno nuova occupazione a Trezzano.

Ma questo lo approfondiremo in altro momento.

1) Vorremmo comprendere da te come ha origine questo percorso di Nuova Cooperazione Sociale.
Insomma, l’esegesi di questa splendida esperienza ambientale & solidale, che rappresenta, secondo me, un esempio nazionale di Nuova Economia / Welfare solidale.

“L’idea nasce nel 2012 in Piemonte, nella cintura torinese, dal contatto quotidiano con questi ragazzi che raccoglievano i rottami ferrosi senza autorizzazione e lamentavano sequestri, denunce e angherie di vario tipo, in quanto soggetti non autorizzati alla raccolta ed al trasporto di rifiuti. Sovente poi venivano sottopagati e taglieggiati da impianti di recupero “equivoci” e che si approfittavano della loro posizione dominante. La loro esigenza e richiesta era di poter effettuare questo lavoro, tradizionale da secoli della loro etnia, con dignità. La particolare complessità della legislazione sui rifiuti, rendeva però praticamente impossibile, o comunque anti-economico, procedere con singole autorizzazioni. Le competenze ambientali di alcuni di noi hanno generato l’idea che si potesse richiedere una autorizzazione in capo ad un soggetto giuridico che potesse poi farla utilizzare da tutti questi operatori storici del settore fino a quel momento senza una riconosciuta identità professionale.”

2) Questa esperienza coinvolge direttamente e con rilevanza economica soggetti differenti, dando le gambe ad un soggetto “alternativamente nuovo”: un consorzio di cooperative sociali &solidali. 
Le peculiarità’: gli “ultimi”, che diventano lavoratori autonomi ma socio-solidali; una struttura sociale consortile “leggera” ma efficacissima, che aiuta i soci per il disbrigo delle complesse pratiche amministrativo-burocratiche e li stimola ad operare secondo stili e prassi “corrette”; infine magazzini privati convenzionati ed affiliati, che collaborano fattivamente alla filiera procedurale. Ci vuoi dettagliare come si è giunti alla realizzazione di questa filiera virtuosa?

“Abbiamo organizzato sul territorio una serie di Cooperative Sociali i cui Soci sono gli appartenenti a quel mondo di ultimi che fa della raccolta del rottame una fonte di vita per il sostentamento della famiglia. Parliamo di Sinti e Rom ma anche di immigrati da paesi extra CEE e di lavoratori “bisognosi italiani” che hanno perso il posto per la persistente crisi economica. Annoveriamo fra le nostre file ex autisti di Autotrasportatori, ex muratori di aziende edili chiuse o fallite, ex cassa integrati e più in generale, lavoratori provenienti da situazioni precarie diventate tali negli ultimi difficili anni. Il lavoro che svolgevano prima della regolarizzazione era prettamente un lavoro autonomo e indipendente e tale caratteristica permane anche dopo il loro ingresso in Cooperativa. Non esiste un orario fisso, il rottame viene raccolto e trovato tramite una rete di rapporti umani che ogni Socio tesse quotidianamente; una volta completato un carico, il Socio è libero di scegliere tra una serie di impianti di recupero. Insomma, una volta tanto la “flessibilità”, quella “buona, virtuosa” sta dalla nostra parte. Soprattutto per i Soci appartenenti alla comunità Sinti-Rom si tratta di poter lavorare con serenità e dignità, senza snaturare la loro organizzazione lavorativa che è sempre stata libera ed autonoma. La nostra filiera è quindi composta dai Soci, dalle Cooperative Sociali territoriali, dal Consorzio Sociale che è il detentore delle Autorizzazioni Ambientali e da una rete di impianti destinatari profit, sensibili ed attenti alle tematiche sociali. Tutta questa attività è stata possibile, come accennavo poc’anzi, grazie alle specifiche conoscenze tecniche e professionali dei primi promotori di questa iniziativa, tutti collocati a vario titolo nel settore ambientale. “

3) Per essere credibili come esempio nazionale di Nuova Economia Solidale, oltre alla “corretta teorizzazione sociale” di nuovi percorsi, devono tornare i conti economici. Ci racconti i numeri di Consorzio Sociale Equo in questi due anni di attività. Occupati diretti, Soci, mezzi coinvolti, fatturati.

“Il percorso del progetto è partito nell’estate del 2012 e solo a dicembre 2013 è iniziata l’attività operativa dei primi Soci in quanto il percorso per la concessione delle Autorizzazioni Ambientali necessarie, ha richiesto tempi lunghi anche perché non ci sono molti precedenti di un Consorzio di Cooperative Sociali che richiedesse tali autorizzazioni.
Il primo gruppo di lavoratori era composto da circa 40 soci che operavano con 18 furgoni e provenivano tutti dal Piemonte. Nel corso del 2014 abbiamo ampliato il numero dei Soci e degli automezzi autorizzati e iscritti all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali destinati alla raccolta, iniziando a raccogliere adesioni anche da altre regioni (Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige e Toscana). A fine 2014 il volume del fatturato era di circa 2 milioni di € ed annoveravamo circa 200 mezzi impegnati e oltre 300 Soci. Nel corso del 2015 abbiamo raggiunto una rilevanza ancor più consistente, sia per numero di mezzi autorizzati che di Soci. Sono arrivate adesioni dal Veneto, dall’Emilia-Romagna, dalle Marche, dall’Umbria e infine dal Lazio. A fine anno abbiamo rilevato 400 mezzi e circa 600 soci operativi. Il volume della raccolta dei rottami si è raddoppiato, non così però il fatturato, penalizzato da un calo molto importante sulla valorizzazione dei rottami (riduzione di oltre il 50% del prezzo di mercato) . Attualmente la gestione di tutta l’enorme filiera di adempimenti procedurali, gestionali e amministrativo-burocratici, richiesti per operare nel comparto ambientale e’ in capo a 10 soci-lavoratori , tutte/i con grande esperienza nel settore, regolarmente assunti (6 dal Consorzio, 4 dalle Cooperative). Considerata la mole di lavoro, questo dato ribadisce la ferma volontà del Consorzio di rimanere, anche nel tempo, una struttura “leggera” ad esclusivo servizio del lavoro dei Soci. Il volume del fatturato a fine 2015 ha, nonostante il crollo del prezzo del ferro, superato di poco i 3 milioni di euro. Un ottimo risultato crediamo, tenute appunto nel dovuto rilievo le anomale e particolarissime condizioni del mercato dei rifiuti ferrosi, nell’ultimo periodo.”

4) Che sensazioni ci puoi raccontare riguardo il coinvolgimento dei Sinti- Rom dei campi in questa esperienza?  Operando oramai in 9-10 regioni, che differenze avete avuto modo di rilevare nella situazione socio-Igienica- ambientale dei Campi ?

“Alcuni nostri Soci vivono in case, sovente case popolari, altri vivono in piccole comunità familiari in aree di proprietà, altri in campi attrezzati. Il percorso che porta la famiglia a lasciare il campo e trasferirsi in una casa prima, e magari su di un piccolo fazzoletto di terra di proprietà poi, è comunque strettamente connesso all’attività lavorativa. Non possiamo rendere numeriche e statistiche esperienze umane e familiari uniche e diverse tra loro. Possiamo in generale fare una prima grande distinzione tra chi, grazie al lavoro, è riuscito a uscire dal campo per alloggiare diversamente, dalla situazione oggettiva di vita nei campi. Il superamento del campo, che prevede la residenza in casa, è il sogno di quasi tutti i nostri Soci, ma tale evenienza, in periodi storici come i nostri, si può raggiungere solo col lavoro remunerato il giusto e svolto secondo le regole. Anche la situazione dei campi non è generalizzabile statisticamente: abbiamo visitato siti gradevoli e ben curati ed altri in cui le condizioni umane erano di assoluto abbandono, senza alcun riguardo per le condizioni degli occupanti.

In generale, la situazione dei campi “piccoli” è solitamente migliore dei campi con grandi affollamenti.

Vi sono in tutta Italia situazioni insostenibili per la dignità umana, su questa eguaglianza al ribasso per condizioni di vita esasperanti, noi ci auguriamo che il lavoro svolto dai Soci sia il motore per il miglioramento della loro condizione di vita. Il nostro Socio, che dispone delle necessarie Autorizzazioni per la raccolta dei materiali ferrosi, si trova in prima battuta nella condizione di poter lavorare con la stessa sua precedente modalità organizzativa, ma con una assoluta serenità (con il mezzo autorizzato e con la compilazione del Formulario di Identificazione dei Rifiuti -FIR- non rischia sequestri di automezzo e carichi, ad esempio). Poi può permettersi di aumentare il suo introito in quanto può raccogliere rottami anche da ditte ed imprese che prima non gli affidavano nulla, mancandogli le Autorizzazioni necessarie. Per ultimo, inizia a ragionare da Socio di Cooperativa Sociale e segnala magari lavori più complessi che possono essere effettuati solo in gruppo. Ad esempio la Cooperativa Sociale può prendersi in carico lavori di sgombero e demolizione di manufatti ferrosi (serre, piccole imbarcazioni) la cui segnalazione parte dal Socio che conosce il territorio e che poi egli compie in collaborazione con altri Soci. In due anni abbiamo già eseguito alcuni lavori di squadra dove i nostri cooperanti hanno collaborato tra loro, con notevoli soddisfazioni professionali ed economiche.”

5) Ci vuoi descrivere i prossimi obiettivi che questa nuova esperienza si è prefissa e anticipare qualcosa sulle partnership che si stanno delineando ?

“Abbiamo incardinato la nostra attività sulla premessa di voler essere un modello che fin da subito fosse auto-sostenibile, basandosi solo sulle nostre poche forze e su risorse iniziali vicino allo zero. Ma, proprio come ritenevamo, il Progetto non solo si auto-sostiene ma cresce solido, nonostante, lo ripeto, una contrazione vicina al 50% del prezzo del ferro. Fino ad ora la nostra esperienza è cresciuta solo grazie al passa parola tra i Campi e tra le associazioni che si rapportano con i Sinti-Rom. Pensate che solo in questi giorni abbiamo deliberato di realizzare prossimamente un sito-web, fino ad oggi non avevamo avuto tempo di dedicarci agli aspetti comunicativi. Ma anche solo il passa-parola ha reso giustizia alla nostra azione, sono molte le realtà che ci hanno conosciuto ed apprezzato e ora si parla di noi come uno degli esempi di Nuova Economia Solidale. Anche la tua intervista e lo spazio che il Granello di Sabbia ha deciso di darci, assieme ad altri importanti esempi di altreconomie, è indicativa di questo. In questi giorni partirà l’operatività di una nuova Cooperativa Sociale, “Siamo in regola”, ubicata a Roma , presso gli spazi – altra sinergia solidale – di una storica cooperativa sociale romana, Parsec. La nuova Coop si occuperà dei nuovi Soci di Roma e del Lazio e rappresenterà la Direzione del Consorzio Sociale Equo per tutto il Centro-Sud.

Abbiamo poi appena concluso la ratifica di un protocollo nazionale con Banca Popolare Etica, che ha ravvisato nel nostro procedere i crismi di un Progetto nazionale di Nuova Economia Solidale. BPE fornirà a tutti i nostri Soci le carte di credito su cui verranno versate, entro le 24 h successive al conferimento in magazzino, le spettanze del loro lavoro, in modo di garantire tracciabilità e trasparenza: operavamo già con questo sistema dall’inizio ma ora lo vogliamo fare con una realtà che condivide e pratica l’essere “banca in modo etico”. Con loro stiamo anche attivando dei Progetti di Micro-Credito, sia imprenditoriali che sociali, per i ragazzi dei campi. Per migliorare la capacità lavorativa servirebbero mezzi più moderni ed efficienti e quindi questo è uno dei nostri obiettivi: riuscire ad organizzare una attività di Micro-Credito diffuso per i nostri Soci in modo da permettere lo svecchiamento del parco mezzi (micro-credito imprenditoriale). Tale operatività potrebbe un domani permettere al Socio di ottenere anche il micro-credito (in questo caso sociale, come per le spese necessarie alle cure o ai percorsi di scolarizzazione superiore) necessario per acquistare un piccolo lotto di terreno su cui erigere una umile abitazione, sogno (il pezzo di terra) tipico di quasi tutti i nostri Soci. Abbiamo attivato contatti e protocolli con diverse Caritas diocesane locali e nelle nostre attività ci accompagnano sovente CRI, Arci, Comunità di Sant’Egidio, Unra e diverse associazioni e fondazioni. Anche con il Consorzio Assicurativo Etico e Solidale (CAES) stiamo lavorando per mettere in piedi una convenzione nazionale che ci consenta di garantire una copertura assicurativa ai mezzi rapida, precisa e a condizioni armonizzate su tutto il territorio nazionale. Infine anche questo viaggio ha come obiettivo fare rete: grazie a te e ad Attac stiamo andando a conoscere la realtà di Ri-Maflow per verificare se possono esserci i presupposti per metterci in rete a rafforzare unitariamente i nostri percorsi di Nuove Economie Solidali.”

6) Girando l’Italia per iniziative pubbliche si matura netta la sensazione che le esperienze di cooperazione mutualistica abbiano man mano perso il loro spirito originale e si siano accodate alle logiche di finanziarizzazione dell’economia e del “dover accettare” anche le distorsioni del mercato e dei dogmi neo-liberisti. Che ne pensi? Credi che esperienze come quella di Consorzio Sociale Equo (e le altre che affrontiamo in questo Granello) possano segnare un punto di svolta di un nuovo mutualismo territoriale ?

“Il nostro progetto è nato senza appoggio alcuno, visto sovente con diffidenza dalle grandi associazioni cooperativistiche, forse proprio perché nato dal basso e non interessante per gli stereotipi della cooperazione nazionale. Sicuramente siamo un esempio di vitalità di tutti quei “sentimenti” che dovrebbero contraddistinguere la cooperazione che sono ancora presenti sul territorio ma sempre meno rappresentati nelle grandi organizzazioni. L’atipicità del lavoro che rappresentiamo (non abbiamo alcun appalto, pubblico o privato che sia), il settore in cui operiamo (micro raccolta di rifiuti speciali) e la composizione dei nostri soci, l’indipendenza del socio lavoratore, richiedono, per chi vuole comprendere il mostro cammino, un approccio innovativo rispetto alla logica “Cooperativa – Socio-Lavoratore – lavoro con la PA”, che pochi hanno piacere o voglia o tempo per studiare ed approfondire. La nostra filiera, che abbraccia Cooperazione Sociale e aziende profit destinatarie della raccolta, dimostra come, anche se con difficoltà, la nostra esperienza è sul mercato e si pone, senza alcun aiuto, quale dimostrazione di tenuta e credibilità anche nei confronti del mondo profit. Credo che il nostro esempio possa essere imitato in mille altri settori nei quali antiche e rispettabili micro-attività, potrebbero essere ricondotte a piena dignità e a sostenibilità economica: ci continuano a parlare di macro-aggregazioni (banche, supermercati, multinazionali) e ad ogni aggregazione si perdono centinaia di posti di lavoro, mentre da anni, sui territori, si sperimenta che le micro-esperienze possono creare nuova occupazione. Se poi queste tante realtà virtuose sapessero mettersi costruttivamente in rete, non solo avremmo creato una nuova rete mutualistica e solidale, ma anche dimostrato che “un altro mondo è possibile”, davvero !”

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 23 di Gennaio-Febbraio 2016 “Verso una Nuova Finanza Pubblica e Sociale: Comune per Comune, riprendiamo quel che ci appartiene!.