Lo stato dell’arte delle esperienze dei teatri liberi. Come si fa cultura dal basso in Italia – n.16, novembre dicembre 2014

Condividi:

Loading

14-LAsilo.jpg

di L’Asilo

La sperimentazione de LAsilo,e di tutti gli spazi autogestiti della cultura, si fonda sulla riappropriazione e la gestione diretta da parte dei lavoratori del settore e dei cittadini stessi, su pratiche innovative di produzione incentrate sulla cooperazione e sulla solidarietà, su libere contaminazioni tra diversi campi dell’arte e della ricerca.

Esperienze come Macao (Milano), Teatro Valle Occupato (Roma), Nuovo Cinema Palazzo (Roma), Teatro Mediterraneo Occupato (Palermo), Teatro Rossi Aperto (Pisa), Sale Docks (Venezia), Cavallerizza 14:45 (Torino), nascono in risposta ad un vuoto assordante, quello delle politiche culturali in Italia, che continuano ad essere dissociate dai contesti territoriali e dalle comunità di riferimento, mandando in fumo la straordinaria capacità di aggregazione e di costruzione di cittadinanza che l’arte e la cultura sono capaci di generare. A questo vuoto, le esperienze dei luoghi di cultura liberati contrappongono incontri, dibattiti, assemblee pubbliche, spettacoli, concerti, proiezioni ed eventi ad accesso libero e organizzati attraverso pratiche di partecipazione diretta alla gestione delle attività.

Tutto questo lanciando un’inedita sfida al mondo del diritto, elaborando teorie, come quella dei beni comuni, e nuovi strumenti e organi di gestione che possano salvare quei beni pubblici che, se non sono oggetto di riappropriazione in dinamiche di lotta, saranno presto l’affare di speculatori che aspettano solo la loro svendita, destino ormai tracciato da una serie coerente di politiche economiche che vanno dai vincoli del patto di stabilità per i comuni, ai meccanismi di alienazione di beni demaniali previsti dal cosiddetto federalismo, agli “incentivi” previsti nello sblocca Italia.

Gli spazi e i mezzi di produzione con cui sono allestiti questi luoghi, hanno generato un desiderio di aggregazione e condivisione risvegliando un nuovo interesse per l’arte, per la creatività e per la sperimentazione. Un processo che rivitalizza alla base il rapporto tra cittadini e politiche culturali. Fin dall’inizio la moltitudine di artisti, operatori, ricercatori, studenti, lavoratori della cultura e liberi/e cittadini/e che hanno occupato e rianimato quelli che prima erano spazi vuoti e privi di identità, ha sentito l’esigenza di contrapporre all’immobilismo istituzionale un processo costituente di autodeterminazione che ha reso queste esperienze degli autentici e complessi laboratori politici.

Significativa in questo senso è l’esperienza dell’Asilo a Napoli, nata il 2 marzo 2012 dall’occupazione da parte di un collettivo di lavoratrici e lavoratori dell’arte della cultura e dello spettacolo dell’Ex Asilo Filangieri, edificio nel cuore della città, già ristrutturato con milioni di euro per diventare sede della Fondazione Forum Universale delle Culture ma rimasto vuoto e sottoutilizzato. L’Asilo è ora uno spazio apertodove si va consolidando una pratica di gestione condivisa e partecipata di uno spazio pubblico dedicato alla cultura: una diversa fruizione di un bene pubblico, non più basata sull’assegnazione del bene ad un determinato soggetto privato, ma un luogo aperto a tutti quei soggetti che lavorano nel campo dell’arte e della cultura e che, in maniera partecipata e trasparente attraverso un’assemblea pubblica, condividono i progetti e coabitano gli spazi.

 

La comunità che anima gli spazi dell’Asilo ha elaborato il “regolamento d’uso civico” dell’ex Asilo Filangieri. Siamo così riusciti a trasformare l’occupazione in una nuova forma di uso collettivo:il regolamento che abbiamo adottato a seguito di oltre un anno di studi ed incontri dedicati, è lo strumento attraverso il quale diamo veste a questa nuova forma di autogoverno. Ispirandosi a un’interpretazione estensiva degli usi civici – un’antica istituzione che ha garantito nel tempo l’uso collettivo da parte di determinate comunità di alcuni beni, quali boschi, fiumi, mulini, frantoi – esso intende elaborare un modello di gestione dei beni pubblici che ne faccia rivivere la funzione sociale, garantendo l’autogoverno, l’accessibilità, l’imparzialità e l’inclusività nell’uso degli spazi e degli strumenti di produzione, mediante pratiche decisionali condivise.

Gli abitanti dell’Asilo hanno chiesto al Comune di Napoli di riconoscere questo regolamento, in modo che potesse diventare un modello riproducibile per altre esperienze di riappropriazione e autogestione di spazi pubblici da parte di comunità di lavoratori, in città e sul territorio nazionale. Malgrado i segni di interesse e i tentativi fatti in questo senso, dall’amministrazione comunale non sono stati ancora trasformati in atti politici e amministrativi concreti e definitivi: un empasse a cui si dovrà porre rimedio. L’esperienza comunque va avanti e le lavoratrici e i lavoratori hanno espresso la necessità di creare un centro di produzione dell’arte e della cultura dotato dei mezzi di produzione necessari: spazi attrezzati per il teatro, per la musica e per le arti della scena, sartoria e costumeria, un laboratorio di scenotecnica e arti visive, una biblioteca, una sala montaggio, una sala cinema.

L’Asilo in questo senso non è solo “uno spazio aperto”, ma è anche una nuova forma di uso pubblico, elemento determinante per renderlo, al di là della retorica, un autentico “bene comune”, in cui lavorare, mettere in scena, montare, suonare, dove i lavoratori di vari campi possono scambiarsi saperi, suggestioni e competenze, che solo il ricatto della competizione rende tra loro stagni. Una officina di cultura, costruita con lentezza e costanza, dalle pareti porose alla vita politica della città, alle sue lotte e ad i suoi conflitti.

Tutti gli spazi sono gestiti attraverso un regolamento che si preoccupa anche di individuare modelli decisionali e responsabilità dei partecipanti che, attraverso un articolato sistema di assemblee e tavoli settimanali aperti a tutti, organizza la vita all’interno di questo spazio restituito alla cittadinanza. Così si prova a costruire qualcosa di molto più “grande” di un gruppo di fruitori che si auto-organizzano per dividersi gli spazi o un collettivo di gestione che sceglie chi può entrare e chi no. Il nostro scopo è tentare attraverso questa sperimentazione di far nascere una comunità aperta e fluida, in continuo divenire, potenzialmente illimitata, che accolga tutti i lavoratori del settore, quelli che secondo la pura e semplice logica del mercato dovrebbero essere competitori e avversari.

Questi lavoratori/lavoratrici e tutti coloro che vogliono impegnarsi da semplici cittadini nella cura degli spazi e nella gestione dell’Asilo, stanno provando a costruire qualcosa che, prendendo a prestito le parole di Foucault, possiamo chiamare un laboratorio di “nuove pratiche di libertà”.

Tratto dal Granello di Sabbia di Novembre – Dicembre 2014: “Riconversione ecologica”, scaricabile QUI


Se sei arrivato fin qui, vuol dire che ti interessa ciò che Attac Italia propone. La nostra associazione è totalmente autofinanziata e si basa sulle energie volontarie delle attiviste e degli attivisti. Puoi sostenerci aderendo online e cliccando qui . Un tuo click ci permetterà di continuare la nostra attività. Grazie"