Le mani sull’acqua, con i nostri soldi

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di Marco Bersani

 

“Un grande progetto paese per l’acqua attraverso una public company, cioè con soldi privati di un soggetto di carattere istituzionale come F2i (..) il nuovo governo deve pensare a due fondi speciali sull’acqua e sui rifiuti, dei quali F2i si candiderebbe a far parte, che potrebbero coinvolgere tutto il territorio nazionale con importanti e diffusi lavori in grado di dare una spinta all’economia e di fare una grande Veolia o una grande Generale des Eaux come abbiamo fatto una grande Terna e una grande Snam’’.

Così Vito Gamberale, amministratore delegato del Fondo Italiano per le Infrastrutture (F2i) si è pronunciato in un convegno organizzato da Fondazione Energia lo scorso 19 febbraio. Non mancando di aggiungere che “il referendum ha portato ad una decisione presa con emotività, con il risultato che in Italia nel settore delle ex municipalizzate c’è una bassa privatizzazione ed una scarsa concentrazione”.

Ma quali sono i soggetti che concorrono a siffatto programma? Dentro F2i troviamo Unicredit e Intesa SanPaolo, Merrill Lynch, Fondazioni bancarie italiane e Casse di previdenza professionali, assicurazioni e fondi pensione.

Nonché, con il 15,99% del capitale sociale, la Cassa Depositi e Prestiti, ovvero chi gestisce il risparmio postale di oltre dodici milioni di famiglie, e il cui Amministratore Delegato, premiato nelle medesima occasione come “Uomo dell’anno” (sic), non ha mancato di segnalare la piena condivisione da parte di Cdp.

Già dimostrata sul campo nell’autunno scorso con l’ingresso, attraverso il Fondo Strategico Italiano, nel capitale di Hera Spa (multi utility emiliano-romagnola) per favorirne la fusione con la omologa Aps-Acegas di Padova e Trieste.

Impossibilitati a fare pace con la volontà espressa dalla maggioranza assoluta del popolo italiano nel referendum del giugno 2011, obbligati dalla crisi a reperire nuovi asset per i propri capitali finanziari e francamente infastiditi da una democrazia emotiva e poco razionale, Governo e grandi lobby finanziarie provano ad aggirare il problema per via “tecnica” e procedendo per fusioni industriali.

Il dato tuttavia fondamentale è che per farlo utilizzano i soldi del risparmio postale dei cittadini e dei lavoratori, ovvero proprio di coloro che hanno votato per la riappropriazione sociale dell’acqua e dei beni comuni e per la gestione pubblica e partecipativa dei servizi pubblici locali.

Per questo la campagna per la riappropriazione sociale della Casa Depositi e Prestiti, ai nastri di partenza, deve divenire l’obiettivo di tutte le vertenze aperte nel paese.

Ci ripetono ossessivamente che la crisi è generale e che tutte e tutti siamo chiamati a farcene carico; dobbiamo rispondergli che siamo d’accordo e che, proprio per questo, vogliamo essere noi a decidere dove e per quali finalità vanno investiti i 225 miliardi di euro del nostro risparmio postale.

Perché la crisi è una cosa troppo seria per lasciarla in mano ai tecnici.

Pubblicato su “Il Manifesto” dell’8 Marzo 2013

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