di Marco Schiaffino
Se qualcuno pensava che la libera circolazione dei capitali avesse raggiunto il suo culmine grazie alle politiche ultra-liberiste degli ultimi 30 anni, sappia che si sbagliava di grosso. Quello a cui potremmo assistere nel prossimo futuro potrebbe essere una vera rivoluzione copernicana nel mondo finanziario. Si chiama Libra e nelle intenzioni dei suoi creatori (Mark Zuckerberg in primis) dovrebbe essere il primo passo verso la “Internet of money”. Per semplificare, Libra dovrebbe diventare lo strumento attraverso il quale i privati, capitanati da Facebook, arriverebbero a battere moneta. Una moneta che di “virtuale”, a quanto pare, avrebbe ben poco.
Nonostante quanto circola sui siti di news, infatti, i paragoni con il celebre Bitcoin si limitano al sistema di gestione delle transazioni, cioè alla famigerata blockchain. Per i non addetti ai lavori, si tratta di un sistema basato su algoritmi crittografici che permette il controllo di tutte le transazioni finanziarie attraverso un sistema decentrato, che non prevede (come succede nei sistemi valutari classici) il controllo di un ente centrale. Banalizzando, è un po’ come se ogni scambio di valuta non avvenisse attraverso carta moneta emessa e controllata da una banca centrale, ma venisse semplicemente appuntata su un registro da tutte le persone che usano quella valuta.
Per capirlo più facilmente, immaginiamo un gruppo di persone ristretto (una decina) che decide di gestire gli scambi di denaro in proprio. Al posto di scegliere un banchiere che tenga i conti per tutti, decidono di farlo collettivamente. Quindi se Simona versa dei soldi a Giovanni, la validità di quel passaggio di denaro non è garantita da un titolo cartaceo o dalla certificazione di un singolo soggetto, ma dal fatto che Stefano, Roberta, Giancarlo, Anna, Mario, Alessandra, Daniele e Federica registrano il versamento. In una comunità tradizionale e piuttosto ampia sarebbe complicatissimo, ma grazie alla tecnologia blockchain è relativamente facile e veloce. Soprattutto è anche affidabile. Per alterare i conti, infatti, sarebbe necessario modificare i dati registrati da tutti i soggetti che partecipano al circuito. Praticamente impossibile.
Ecco: Libra dovrebbe utilizzare questo sistema affiancando però delle caratteristiche che Bitcoin non ha. Nelle intenzioni del consorzio che lo ha lanciato (si chiama Libra Association e ha sede in Svizzera) la nuova cripto-valuta non avrebbe le fluttuazioni “libere” a cui ci ha abituato Bitcoin, ma sarebbe in qualche modo “agganciata” a valute tradizionali. Il consorzio, inoltre, metterebbe dei fondi (si parla di 10 milioni di dollari per ogni soggetto partecipante) che garantirebbero il valore intrinseco della moneta. Insomma: paradossalmente, con Libra, avremmo dei privati che battono moneta ripristinando qualcosa di simile alle garanzie offerte dalla convertibilità in oro abbandonata da Nixon nel 1971.
Ora bisognerà capire quale futuro potrà avere questo progetto. Nonostante le rassicurazioni dei promotori riguardo la tracciabilità dei pagamenti e la volontà di concordare l’attività con gli enti regolatori, infatti, è improbabile che i governi dell’universo mondo possano vedere di buon occhio la nascita di una super-moneta mondiale parallela alle valute tradizionali che potrebbe avere un bacino di utenza di 4 miliardi di persone (questo è il numero di individui con accesso a Internet secondo gli ultimi dati) in tutto il mondo. Di questi tempi, però, non si sa mai…
Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 40 di Maggio – Giugno 2019. “Una città per tutti“