Acqua pubblica: un’attesa che dura da dodici anni

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di Simona Bombieri, Comitato acqua pubblica Torino

Negli ultimi mesi la commissione Ambiente della Camera si è trovata a discutere la proposta di legge n. 52  per la ripubblicizzazione del servizio idrico presentata dal Movimento 5 Stelle, nata dalla proposta di iniziativa popolare a sostegno della quale nel 2007 il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha raccolto oltre 400.000 firme a sostegno.

Come tante leggi di iniziativa popolare, quel testo è rimasto sepolto in un cassetto per anni, ma a differenza di altri, il movimento popolare che l’aveva presentato ha continuato caparbiamente a muoversi verso l’obiettivo con campagne nazionali e territoriali: da quella per la modifica degli Statuti comunali, per dichiarare l’acqua servizio pubblico senza scopo di lucro, fino al referendum. Acqua Pubblica è così diventato lo slogan sempre attuale che ha fatto la fortuna di tanti, compreso il M5S. Purtroppo l’iter della legge è tutto tranne che positivo: l’iniziale volontà politica di approvare il testo in breve tempo si è scontrata con visioni contrarie all’interno della maggioranza che hanno prodotto centinaia di emendamenti volti a cambiare nella sostanza il testo, o ad attenuarne gli effetti, togliendo ogni obbligo di ripubblicizzazione, sostituendo vincoli espliciti con “inviti” e “auspici”, che fanno fino ma non impegnano concretamente nessuno a fare alcunché.

Ad oggi l’iter legislativo è fermo: fatte salve dichiarazioni roboanti, la dura realtà è che ogni cavillo tecnico che ritarda la discussione è benvenuto.

Lo stesso tipo di tecnica dilatoria è stato usato a Torino, dove nell’Ottobre del 2017 il Consiglio comunale a maggioranza assoluta 5Stelle ha approvato la delibera per la trasformazione di Smat spa in azienda di diritto pubblico (anch’essa nata da una proposta di iniziativa popolare), allo scopo di gestire l’acqua senza scopo di lucro. 

I dolori del movimento per l’acqua però non sono cessati con l’approvazione della delibera: dopo oltre un anno di inspiegabile attesa, il 4 aprile 2019 i Comuni soci SMAT hanno avviato la procedura che prevede la predisposizione di un piano di fattibilità. Strano ma vero, l’incarico non è stato dato all’Ato3 torinese –  come ci si sarebbe aspettati, in quanto soggetto di governo del sistema idrico integrato – bensì al cda CdA di SMAT  il cui presidente è un acerrimo nemico della trasformazione e il nuovo Amministratore Delegato – area 5Stelle – pure!

La situazione a livello normativo ristagna sia a livello locale che nazionale, ma nonostante tutto, il movimento per l’acqua non si ferma: il pilastro che ne guida l’azione politica da sempre è la gestione partecipativa, senza la quale la rivendicazione “Beni Comuni” rimane uno slogan.

In questo campo, il Comitato Acqua Pubblica Torino ha aperto da tempo una nuova fase, in cui la lente d’ingrandimento viene posta non più solo sul “prodotto” acqua, ma sul processo di produzione. Se si prova a grattare la patina dorata che mostra una Smat tecnologicamente all’avanguardia, priva di pecche, eccellenza del settore idrico, vengono fuori le magagne.

Allarma il fatto che la progettazione interna sia stata progressivamente smantellata per essere affidata alle imprese che concorrono per i grossi appalti: l’ultimo di 125 milioni di euro  per l’Acquedotto delle Valle Orco, stanzia quasi 6 milioni di euro per la progettazione definitiva ed esecutiva affidata alla ditta vincitrice. Con quali conseguenze sulla qualità e tempo di realizzazione delle opere lo dimostra il precedente appalto dell’Acquedotto della Val di Susa, costato anch’esso sui 120 milioni di euro, iniziato nel 2007 e non ancora terminato, sembra anche per problemi di collaudo.

E’ questa la tanto decantata gestione manageriale, che secondo Utilitalia, REF e soloni dei centri studi del settore, sarebbe assicurata solo dalla natura giuridica di Società per azioni di diritto privato? Di che gestione manageriale parlano di fronte al fatto che dai bilanci SMAT risulta che per gli investimenti e la gestione basta e avanza quel che SMAT incassa con la tariffa? Che non riesce nemmeno a spendere tutti i soldi che ha a disposizione, solo l’80% nel 2017.  Perché allora è andata a indebitarsi per € 135 milioni con obbligazioni sottoscritte sul mercato di Londra? Forse per mettere un macigno sulla strada della trasformazione, dato che le aziende speciali non possono detenere obbligazioni?

Ma ci sono altri gravi elementi che fanno seriamente dubitare della “gestione manageriale” di SMAT dei quali chiediamo che  comincino ad occuparsi i 306 Comuni soci, che le hanno affidato le gestione diretta del Servizio Idrico nella forma “in house providing” ma pochissimi dei quali esercitano su SMAT – attraverso l’Autorità d’Ambito di cui fanno parte – quel “controllo analogo” che è il requisito essenziale dell’affidamento diretto.   

Oltre ai problemi sopra citati, Il Comitato Acqua Pubblica di Torino ne porrà in evidenza diversi altri nella Conferenza di Produzione che sta organizzando con la partecipazione delle Rappresentanze Sindacali aziendali, le loro Organizzazioni sindacali, le associazioni ARCI, ACLI, Libera, Pro Natura, ACMOS, Benvenuti in Italia,  e movimenti di base e naturalmente i Comitati locali per l’Acqua Bene Comune, ad es.:

*   Appalti aggiudicati e poi revocati per autotutela, anche su segnalazione ANAC,

*   Esternalizzazioni delle fasi più importanti e delicate della progettazione delle grandi     opere

*   Opere programmate, finanziate e NON realizzate, in tutto o in parte addebitate in tariffa

*  Utili aumentati del 160% negli ultimi 5 anni grazie all’aumento del 28,5% della tariffa dell’acqua.

Solo Utilitalia, Ref, esponenti del PD e affini possono ancora ritenere buona la gestione industriale che emerge dal Bilancio SMAT 2017:

*   1.426 Consulenze esterne per quasi 20 milioni di euro

*   spesa programmata di  € 10.000, aumentata a  € 690.579,46 per il sistema informativo qualità contrattuale  (voluto da ARERA?)

*    spesa iniziale programmata per € 73.692 e poi  salita a 971.326,02 euro  per installazione di contatori acqua  

*   spesa iniziale programmata di  €  29.024 e poi  salita a 265.074,42  euro per impianti elettrici delle infrastrutture

Quale gestione industriale si permette di programmare spese per  112.716 euro e spenderne  1.926.979,90 senza renderne conto  a nessuno?

Il Vice presidente del Consiglio comunale di Torino ancora pochi giorni fa ha ripetuto che “la SMAT funziona e sarebbe il caso di lasciarla lavorare…”

Noi riteniamo invece di dover lanciare l’allarme sul futuro di SMAT e di farlo in tempo utile affinché  chi di dovere  assuma i provvedimenti necessari e urgenti per scongiurare la crisi dell’azienda ed assicurare una gestione moderna, efficiente e trasparente del nostro Servizio Idrico Integrato. Di qui la Conferenza di Produzione “Per il Futuro di SMAT” per sviluppare l’aspetto meno elaborato e ancor meno praticato del Bene Comune: la gestione partecipativa che non è una poltrona o uno sgabello da manuale Cencelli, ma nemmeno il Comitato di partecipazione accettato o addirittura promosso e/o  ratificato dall’azienda (v. es. Iren) ma lo strumento concreto con il quale scriviamo acqua ma leggiamo democrazia.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 39 di Marzo – Aprile 2019. “Si scrive acqua, si legge democrazia

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