Verso la Partecipazione-Movimento

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di Pino Cosentino

Chi ha seguito questa rubrica, oppure è informato da altre fonti, sa che finora ben poco è stato realizzato verso la democrazia partecipativa. Tante parole, e una “dottrina” sempre più chiara, articolata, precisa, coerente. Ma l’idea partecipativa non diventa prassi, tranne casi particolari e alcune pratiche che si sono affermate in certi ambienti (ad es. la diffusione del metodo del consenso).

La crisi e l’estinzione nei primi anni Novanta del secolo scorso, delle culture politiche socialcomunista e democristiana, solidaristiche ma rigidamente autoritarie e verticistiche, ha generato, diffuso e affermato l’idea della “morte delle ideologie” come fatto benefico e irreversibile. Quello che realmente si è verificato è stata la morte della politica, intesa come progetto che caratterizza e distingue un partito dall’altro. I partiti hanno completato la loro parabola approdando definitivamente alla condizione di comitati elettorali, nel migliore dei casi; di bande criminali, negli altri.

Ciò ha causato, o favorito, un fenomeno senza precedenti nel nostro paese: la nascita spontanea e la diffusione di un attivismo politico di tipo nuovo, vincolato a vertenze specifiche, che perciò lasciano pochi spazi di mediazione. Si è formata, fuori dai partiti e dalle forme politiche tradizionali, un’area militante, piuttosto omogenea sui contenuti programmatici ma frammentata in gruppetti indipendenti, che studia a fondo il proprio tema, elabora soluzioni e proposte, si pone il problema del coinvolgimento della popolazione.

Oggi quest’area militante e alternativa ha raggiunto un limite. Molti pensano che possa essere superato con quello che viene ritenuto il naturale passo successivo: la “discesa” nella politica “vera”, quella del confronto elettorale.

A mio modo di vedere questo è il suicidio dei movimenti, e con loro dell’alternativa possibile. E’ una coazione a ripetere che ricorda la galoppata dei lemming verso l’abisso. In tal modo i nuovi movimenti diventano parte della putrefazione che affermano di combattere.

Oggi la rappresentanza è parte essenziale del sistema di potere, come luogo del privilegio contrapposto alla via normale del popolo. Essa riesce a macinare chiunque vi entri e a trasformarlo in un sostenitore delle compatibilità del sistema. Ci si entra solo se si ha la forza di rovesciarne il funzionamento, o quanto meno di restarne indenni, e comunque la testa del movimento, la sua parte dirigente, ne deve restare fuori.

La priorità adesso è costruire la partecipazione-movimento, proseguire la lunga marcia verso terre incognite. Ci vuole coraggio? Sì, ma soprattutto consapevolezza della situazione reale, delle sue cause e dell’impellente necessità di smettere di sbagliare, perché il tempo sta finendo, se non è già finito.

Il passaggio da movimenti di opinione a movimenti di partecipazione è maturo, anche perché il trionfo del neoliberismo coincide con il collasso del ramo su cui esso stesso sta seduto e che sta segando con crescente accanimento.

Dunque, cosa fare concretamente? Sperimentare, sì, ma come? Da dove incominciare?
Non è possibile dare una risposta categorica, si può provare ad abbozzare alcuni criteri:

– territorialità, delimitazione
– interattività, rispetto dei percorsi personali
– orizzontalità

Il movimento di opinione si rivolge a una generica “opinione pubblica” cercando di dare la massima risonanza possibile ai messaggi che intende diffondere. Lo scopo è di usare l’opinione pubblica come strumento di pressione sui decisori politici, che quindi sono i destinatari finali del messaggio.

Si accetta la posizione preminente della rappresentanza, verso cui ci si mette nell’atteggiamento di chi chiede.

La partecipazione-movimento invece è lo strumento attraverso cui i cittadini imparano a esercitare la sovranità direttamente, preparando il terreno alla partecipazione-istituzione che verrà. Essa si costruisce stabilendo relazioni tra le singole persone, trasformando un aggregato di individui isolati in un organismo collettivo, una comunità che cresce e si sviluppa in un territorio determinato, abbastanza piccolo da permettere la partecipazione diretta delle persone.

Il movimento di opinione divulga messaggi a destinatari indeterminati, la partecipazione-movimento mette in comunicazione e in collaborazione persone concrete.

Le attività debbono essere mirate esplicitamente a coinvolgere altre persone. E’ una conseguenza logica della nostra proposta politica. Se è necessaria un’alternativa sistemica perché questo modo di vita, oltre che ingiusto, è anche insostenibile, ne consegue che si è aperto un conflitto insanabile tra il popolo e i beneficiari di questo sistema. Un conflitto che il popolo può vincere solo come realtà collettiva, cosa che attualmente non è. Mentre a “loro” basta il consenso passivo del popolo, “noi” abbiamo bisogno di una popolazione (ampi strati di popolazione) attiva, mobilitata, organizzata, consapevole, perché si tratta di scardinare un sistema, non semplicemente di gestirlo (anche riformarlo è gestione dell’esistente).

A questo punto le astrazioni debbono cedere il posto alle narrazioni.
Sperimentare e confrontare. E’ quanto cercheremo di fare già dal prossimo numero.

 

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 21 di Settembre-Ottobre 2015 “Finanza & Grandi Opere 2.0”, scaricabile qui.

 

 

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