Una grande manifestazione ha chiuso ieri a Malmo, ignorato dai media, il Forum sociale europeo. Specchio del difficile momento ha posto come «priorità delle priorità» la difesa dei diritti dei lavoratori sotto attacco
Giovanna FerraraCarlo M. Miele
MALMO
Un corteo «sentimental». A definire così la manifestazione che ieri ha chiuso il Forum sociale europeo di Malmo è una donna che si gode la sfilata da un assolato marciapiede assieme al figlio di cinque anni. Ad aprire il corteo («Potere al popolo – contro il capitalismo e la devastazione ambientale») è la delegazione dei sindacati svedesi, veri protagonisti di questi incontri. Dei loro temi si è detto molto in questi giorni. Moltissimi i seminari dedicati alle varie questioni, dalla precarietà al diritto ai problemi dell’istruzione, dalla necessità di unire est e ovest contro la delocalizzazione a come sostenere i migranti nella loro lotta alla dignità del lavoro. Tutti d’accordo nel sostenere che l’aggressione delle destre contro i diritti dei lavoratori si è fatta veramente violenta, che ora più che mai c’è bisogno di unirsi. Sul come, qualche dissenso si è registrato, c’è chi ha sentito come un po’ troppo monopolizzante la presenza dei sindacati scandinavi soprattutto rispetto alle strategie da adottare in vista del World Social Forum di Belem e su come reagire alle direttive europee sull’orario di lavoro. Ma sull’asse del discorso, sulla «priorità delle priorità» enunciata dalla presidente del Ces Wanja Lundby-Wedin, «garantire parità di diritti a tutti i lavoratori», il consenso è stato unanime. Un risultato importante secondo la Fiom è stato soprattutto quello di decidere per la creazione di una Carta europea dei diritti dei lavoratori, base programmatica cui dedicare i lavori nazionali. Attac con un grande striscione arancione ricorda a tutti che «Un altro mondo è possibile», e lo fa ballando al suono di un intramontabile Manu Chao. Meno festosa la delegazione colombiana che ha deciso di puntare tutto sulla condizione femminile, portando in processione quattro grandissime sculture raffiguranti croci con tanto di donne incinte crocifisse. Il tutto in bronzo, per acuirne l’intensità. A sdrammatizzare ci pensano i giovanissimi ragazzi di un centro sociale svedese che ballano e suonavano a ritmo delle percussioni. Un uomo in accappatoio li segue stringendo in mano un eloquente cartello con su scritto «Bisogna svegliarsi». Incredibilmente disciplinato il foltissimo gruppo di anarchici. Tutti in nero, tutti con bavaglio sulla bocca e cappello, tutti con bandierina rossa e «A» cerchiata. Forse una provocazione per liquidare gli incidenti del giorno prima, che hanno coinvolto una quarantina di persone all’interno di una manifestazione spontanea sotto lo slogan «Riprendiamoci le strade», e che per la prima volta hanno attirato un po’ dell’interesse dei grandi media sul Forum. «I giornali hanno trattato pochissimo il Forum di Malmo – ci dice Jude, svedese tra i volontari con maglietta arancione – Si sono ricordati di noi solo quando c’è stato da riportare questo episodio che è molto più che marginale».
Una piccola sassaiola e qualche vetrina rotta è il bilancio finale della giornata di venerdì. Tutto il contrario di ieri, quando una manifestazione ben più imponente ha sfilato pacificamente tagliando da nord a sud tutta la città, e attraversando per un breve tratto anche il centro storico. Come annunciato, la polizia non si fa vedere o quasi, per non accendere inutilmente gli animi. I negozi sono regolarmente aperti e la gente sta alle finestre ad applaudire. «È una cosa impressionante – ci dice Petter che ha sulle spalle la sua bambina di pochi anni e guarda il corteo dal portone di casa – A Malmo non si è mai visto niente del genere». A benedire le sue parole spunta una gigantografia di Karl Marx. Sorprende un po’ tutti per grandezza e un anziano signore della delegazione francese si lascia sfuggire un malinconico «da quanto tempo non lo si vedeva a un corteo». Segue ritratto di Ocalan perché «anche la sua liberazione è possibile». Sono tanti i kurdi, molti di loro immigrati qui grazie alla favorevole politica scandinava in tema di asilo politico. Solidissimi i comunisti svedesi, omaccioni di cinquant’anni con in mano bandiera dal simbolo forte: una ruota fordista con dentro spighe di grano. Giallo su rosso. Sono contenti di essere qua e si augurano che «il movimento scandinavo diventi ancora più forte». La manifestazione è importante, il corteo lungo e cammina veloce. Dalle finestre sono in tanti ad affacciarsi, salutano e guardano ricambiati. «E’ un appuntamento riuscito questo del corteo – ci spiega Paolo Beni, presidente dell’Arci, che non è nemmeno tanto d’accordo sul giudizio prevalente su questo Forum dal basso profilo, avvertito un po’ da tutti come lo specchio di un momento di difficoltà nei movimenti: «Il Forum ha solo cambiato pelle. Non è più un raduno di massa. ma un incontro. uno scambio tra reti tematiche. Piuttosto questo è lo specchio di un momento di grande difficoltà delle società, della gente, fortemente oppressa dal disagio sociale, dalla progressiva erosione di uno spazio pubblico. La crisi è individuale e a questo bisogna reagire collegando le lotte sociali a quelle politiche, perché c’è un drammatico vuoto di rappresentanza. D’altronde il Forum non può avere l’obiettivo di fare sintesi. Non è un congresso». Marco Allots, sindacalista della Cgt, è arrivato da Parigi. «Sono qui per condividere le mie esperienze con quelle di altre organizzazioni di altri paesi e capire cosa possiamo fare con gli altri sindacati per migliorare le condizioni di vita delle persone, compresi i lavoratori in Europa e in tutto il mondo». A Malmo di sindacati ce ne sono tanti, costituiscono la categoria più rappresentata anche all’interno del corteo di sabato. «La cosa da sottolineare – dice Allots – è che oggi viene deciso tutto a livello europeo. Dunque, se vogliamo essere efficaci nelle nostre azioni dobbiamo essere uniti, non ci sono altre opzioni. Le persone hanno problemi comuni per quanto riguarda i settori dell’istruzione, della salute, che sono sotto attacco un po’ dovunque. E noi dobbiamo dimostrare che siamo in grado di agire uniti, anche se veniamo da diverse culture e da diverse storie sindacali». Iadec ha 22 anni e viene dalla Polonia, ma vive da qualche mese a Malmo dove frequenta un master post laurea in sociologia. Nei mesi passati ha avuto modo anche di seguire la fase preparatoria del Forum, lavorando come traduttore, e si è fatto l’idea che «l’Esf rappresenti una piattaforma di comunicazione, capace di consentire a persone che hanno diversi punti di vista, storie diverse e programmi diversi di parlarsi l’un l’altro e trovare nuove soluzioni». Stessa età ha Iuel Ericsson, che sfila dietro lo striscione di un’associazione studentesca socialista. Sono qui «per combattere il sistema capitalistico», dice, in piena sintonia con lo slogan del corteo. Critica l’organizzazione del Forum che «ha disperso le attività e i seminari per l’intera città», ma si dice entusiasta per una manifestazione «impressionante», che ha pochi precedenti nella storia svedese e che «dimostra quante sono le persone che lottano contro il capitalismo».
Fonte: il manifesto 21/09/07