Una breve spiegazione della Campagna “Tassa Tobin subito!”
Questa campagna vuole avere, ed in effetti ha, un contenuto politico forte: sostenere la tassazione delle transazioni sui mercati dei cambi significa sostenere la necessita’ di smantellare il potere dell’economia finanziaria e di ristabilire il primato dell’interesse generale sul profitto parassita e destabilizzante di pochi, in quella che e’ stata chiamata una “economia di carta” distante e avversa alla realta’ dei bisogni e della vita di uomini e donne.
Lo stesso FMI conferma quanto quest’economia sia fragile ed effimera: esso ci informa di come, dal 1975 ad oggi, a partire quindi dal crollo del regime a cambi fissi istituito a Bretton Woods nel 1944 e dal famoso big bang dei mercati finanziari seguito all’ondata de-regolamentatrice degli stessi, si siano susseguite 158 crisi dovute a pressioni sul cambio e 54 crisi bancarie, delle quali rispettivamente solo il 40% e il 20% non hanno determinato flessioni significative della produzione reale.
Se continuiamo a scorrere le cifre che le stesse istituzioni (FMI, BRI, WB) forniscono, il quadro diventa sempre piu’ chiaro: nel 1998 le transazioni giornaliere a carattere puramente finanziario (che non hanno a che vedere, cioe’, con la produzione di beni e servizi, la cosiddetta “economia materiale”) hanno toccato i 2000 miliardi di dollari, mentre nel 1970 si aggiravano intorno ai 10-20 miliardi. Nel 1999 il prodotto lordo mondiale era di circa 30.000 miliardi di dollari e il valore dei prodotti finanziari derivati (che rappresentano la quota maggiore delle contrattazioni rispetto al mercato “tradizionale” delle azioni e delle obbligazioni) era di 80.000 miliardi: il volume di denaro corrispondente al commercio di beni e servizi era pari, contemporaneamente, a 6.500 miliardi. Un chiaro indizio sulla natura intrinseca di questi scambi si ha considerando l’orizzonte temporale delle operazioni: l’80% delle transazioni sul mercato dei cambi ha una durata inferiore a 7 giorni e solo l’1% una maturita’ annuale. I tempi della produzione sono ben diversi e questi movimenti fulminei di capitali da una valuta all’altra, spesso per piu’ volte al giorno, non rappresentano certo la controparte di investimenti all’estero o pagamenti per prodotti o servizi. Si tratta, piuttosto, di operazioni di pressione sui cambi e sui tassi di interesse volti a lucrare sulle fluttuazioni indotte in modo artificiale e completamente slegato dai fondamentali economici.
Gli attori principali su questo palco non sono molti: le trenta maggiori banche commerciali (che muovono circa l’80% della piazza di cambio di Parigi e il 43% della piazza di Londra, che a sua volta ospita il 33% degli scambi valutari mondiali), gli hedge funds, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, le societa’ di investimento collettivo, nonche’ le tesorerie dei grandi gruppi industriali.
L’effetto destabilizzante degli enormi flussi di capitale che questi soggetti sono in grado di muovere e’ immenso e nessuna banca centrale puo’ contrastarlo in maniera efficace con le proprie riserve valutarie: la svalutazione della lira e della sterlina nel 1992 furono la conseguenza (come riconosce lo stesso FMI) di un attacco concertato alle due monete. Nel caso dell’Italia, la liquidita’ necessaria in valuta nazionale fu fornita dalle stesse banche italiane e frutto’ ingenti guadagni, mentre la grande industria si avvalse degli effetti inflattivi e della perdita di potere d’acquisto dei salari che si traducevano in minori costi di produzione. Parallelamente, la grande finanza otteneva guadagni enormi sui differenziali nei tassi d’interesse. Come conseguenza sull’economia reale, il governo era autorizzato ad una politica monetaria restrittiva, con alti tassi d’interesse, e a pesanti tagli allo stato sociale e alla spesa pubblica. Esempi analoghi, o esempi di bolle speculative create ad arte, con conseguenze disastrose sulla vita di miloni di persone, sono noti: la crisi del messico nel 1995, la crisi asiatica del 1997, che si estese poi alla Russia determinando, per errati calcoli speculativi sul rublo, la crisi dei LTCM (long term capital management) statunitensi e il panico che porto’ al rapido reperimento da parte della Fed di 4 miliardi di dollari in salvataggio per non spezzare la catena di crediti e debiti tra istituzioni finanziarie.
Ad essere sotto accusa, nella campagna di ATTAC per la Tobin Tax, non sono solo le speculazioni sul mercato dei cambi, ma tutto il sistema economico di trasferimento di ricchezza da alcune classi sociali e da alcuni paesi verso altri. Il regime dei cambi fluttuanti ed il mercato che ne consegue sono solo una delle gambe di questo sistema. I mercati delle obbligazioni, ovvero la securizzazione del debito pubblico, sono la “pietra miliare della mondializzazione finanziaria”, a detta dell’FMI, e uno dei meccanismi piu’ raffinati per il quale i capitali sempre piu’ alleggeriti dal carico fiscale possono essere reinvestiti in titoli pubblici. Gli interessi su questi titoli sono poi ripagati con le entrate fiscali dello stato, tipicamente ad interessi reali superiori al tasso di crescita, causando una esplosione del debito per puro effetto meccanico (effetto “palla di neve”). Parallelamente, i grandi fondi di investimento (tra i qualii quali i fondi pensione hanno una posizione di prima grandezza) operano costantemente arbitraggi sui differenti mercati obbligazionari e sui mercati dei cambi (strettamente correlati) costringendo i concilianti governi a tagli alla spesa pubblica e a mantenere alti i tassi di interesse. Allo stesso modo, le imprese sono sottoposte a regole di reddivita’ tipicamente americane, per le quali al di sotto del 15% di profitto gli investitori manifestano inquietudine e si ricorre al licenziamento.
Tecnicamente e idealmente, la Tobin Tax non e’ che un punto di passaggio nel percorso di smantellamento degli effetti dell’orgia liberista degli ultimi vent’anni. L’idea e’ di introdurre una minima imposta su tutte le attivita’ finanziarie che comportino un cambio di valute. L’esiguita’ dell’importo, dallo 0.01% allo 0.1%, fa si’ che l’effetto sia assolutamente trascurabile sui movimenti di capitale correlati agli investimenti produttivi. Ad esempio, il tasso di interesse effettivo annuale, per un’aliquota pari allo 0.1%, e’ del 73% per movimenti di capitale di durata giornaliera, del 10.4% per movimenti della durata di 7 giorni, dello 0.2% per movimenti di un anno e dello 0.04% per movimenti di 5 anni (i tassi riportati sono calcolati per transazioni a “due vie”, ovvero di vendita e riacquisto della valuta. Tali transazioni sono evidentemente speculative, mentre, tipicamente, gli investimenti produttivi o commerciali sono ad “una via” e, comunque, su scale temporali lunghe). L’effetto e’, per dirla con le parole di James Tobin (premio Nobel nel 1981) che la propose la prima volta nel 1972, rendere costoso l’accesso al grande casino dell’economia finanziaria, nei perfetti ingranaggi della quale e’ necessario oggi gettare una manciata di sabbia per ridimensionare il suo ruolo preponderante e soffocante rispetto all’economia materiale.
Una Tobin Tax, diminuendo la redditivita’ delle operazioni speculative, e quindi riducendone il volume, restituirebbe alle banche centrali una certa autonomia nella politica monetaria, diminuendo molto la subordinazione del livello dei tassi di interesse alla necessita’ di difendere le monete. Rendendo costosi i continui trasferimenti di capitali da una valuta ad un’altra, diminuirebbe inoltre l’enorme volatilita’ degli investimenti (causa, ad esempio, dell’imponente crisi asiatica del 1997) e quindi anche l’artificiosa oscillazione dei cambi, permettendo un maggiore investimento nella produzione di beni materiali e drenando i capitali investiti negli hedge fund (i fondi di copertura dai rischi del cambio).
Cio’ che, dal nostro punto di vista, non e’ affatto secondario, è che l’introduzione della tassa procurerebbe un gettito notevole. Le stime pessimiste dei detrattori indicano un volume pari a circa 50 miliardi di dollari all’anno, mentre calcoli piu’ equilibrati stimano circa 100-150 miliardi di dollari (alcuni arrivano a 500 miliardi di dollari) una cifra enorme, soprattutto quando si considera che gli aiuti allo sviluppo ammontano a circa 50 miliardi di dollari e il pagamento dei servizi sul debito estero degli HIPC (hig indebted poor countries) a circa 400 miliardi di dollari.
Il dibattito internazionale sulla destinazione di queste risorse e’ ampio e variegato essendo il tema estremamente complesso. Una parte del gettito dovrebbe essere reimpiegata nei paesi di provenienza ed impiegata a fini sociali: welfare state, sanita’, scuola, reddito di cittadinanza. L’altra parte andrebbe invece utilizzata nei cosiddetti “paesi in via di sviluppo”. Il fatto stesso che il concetto di “sviluppo” sia cosi’ controverso e dibattuto da’ la cifra della difficolta’ nell’affrontare queste tematiche. In sintesi, l’idea fondamentale e’ la necessita’ di riportare questi paesi alla possibilita’ di una “vita indipendente”, in modo compatibile sia con l’ambiente che con la complessita’ culturale di cui sono portatori. Un esempio per tutti: le politiche agricole dovrebbero essere mirate al ripristino dell’autosufficienza alimentare e della biodiversita’ e non alla produzione di prodotti pregiati da esportare.
Le critiche più frequentemente mosse all’introduzione di una tassa del tipo Tobin sono essenzialmente le seguenti:
(1) La Tobin Tax risponde ad una logica di regolamentazione del mercato: la corrente monetarista e neoliberista oggi dominante insiste sulla necessita’ del libero mercato anche per le divise e la superiorita’ del mercato a tassi fluttuanti rispetto a quello a tassi fissi.
Questo argomento e’ pura materia di opinione. Ad esempio, per i paesi del G7 i tassi medi per i paesi del G7 d’inflazione, crescita reale e tassi d’interesse a lungo termine durante il “periodo di Bretton Woods” (dal 1959 al 1970) furono rispettivamente pari a 3.9, 4.5 e 6.1. Gli analoghi valori nel periodo dell’inizio della libera fluttuazione, che corre dal 1974 al 1989, erano 7.2, 2.2 e 10.3. Questo confronto non autorizza, evidentemente, alcuna conclusione nel senso preteso, senza con questo voler proporre un ritorno al sistema dei cambi fissi.
In un sistema a cambi flessibili, cio’ che avviene e’ una concentrazione oligopolistica di enormi capacita’ finanziarie che determinano artificiose oscillazioni nei tassi di cambio a puro utilizzo speculativo senza che vi siano corrispondenze nei fondamentali economici. L’attivita’ speculativa, intrinsecamente destabilizzante, e’ indissolubilmente collegata al sistema dei cambi flessibili per il quale e’ di vitale importanza l’incontro tra gli investitori che intendono premunirsi contro le incertezze dei cambi e coloro che intendono invece assumersi il rischio e utilizzarle a scopo di lucro
(2) Intralciando la mobilita’ dei capitali, la tassa ridurrebbe la liquidita’ dei mercati e quindi aumenterebbe l’instabilita’ dei tassi di cambio
Se fosse dimostrato il legame tra stabilita’ e liquidita’ del mercato, questa critica sarebbe pertinente: tuttavia, come si e’ visto, la liquidita’ e’ enormente aumentata negli ultimi anni, di pari passo con l’instabilita’ dei mercati valutari.
(3) La tassa e’ inefficace se non e’ applicata simultaneamente e con la stessa aliquota in tutto il mondo, per la possobilitapossibilità’ di spostare le attivita’ economiche in paesi “offshore”
Se questi siti fossero realmente cosi’ attraenti non si spiega perche’ le attivita’ finanziarie attualmente gia’ tassate non vi si siano trasferite da tempo. In realta’ i problemi legati al trasferimento e ai costi fissi di esercizio non sono trascurabili, soprattutto rispetto alla grande liquidita’ e alla forte economia dei paesi che ospitano le piazze maggiori. Inoltre, la tassa puo’ essere imposta sui trasferimenti in paesi che non abbiano una adeguata legislazione, come se si trattasse di un cambio in valuta estera, e, comunque, l’accesso al mercato dei cambi puo’ essere negato dalla banca centrale di un paese (in base ad accordi internazionali confermati nel 1998) qualora l’operatore non accettasse di conformarsi alla regolamentazione vigente.
Inoltre e’ necessario tenere conto del fatto che l’europa, da sola, ha la stessa potenza economica del nord america, rappresentando poco meno della meta’ del mercato mondiale dei cambi. Vi sono, infine, altre ragioni piu’ tecniche per cui si puo’ affermare con sicurezza che l’istituzione e la riscossione di questa imposta sia sarebbe possibile gia’ domani.
(4) C’e’ la possibilita’ di spostare le attivita’ speculative verso prodotti derivati per sottrarsi all’imposta
Stante il fatto che per molti di questi trucchi e’ possibile trovare il rimedio, cio’ significa solo un allargamento del panorama della tassazione agli affari finanziari in generale. In generale, le operazioni che tipicamente sono citate come possibili escamotages (ad esempio gli swap tra buoni del tesoro e valuta) sono operazioni “rischiose” dal punto di vista della copertura finanziaria a causa della delicata sincronia richiesta nello scambio. In generale, l’allargamento della tassa Tobin ai contratti a termine e agli swap risolve molti dei prolemi indicati.
Piu’ in generale, molte sono le obiezioni di natura squisitamente tecnica e altrettante le risposte di egual natura. Ma cio’ che e’ di particolare importanza, infine, e’ il significato politico di questo tipo di imposta.
La campagna di ATTAC presenta alcuni aspetti qualificanti che e’ importante sottolineare. Innanzitutto si tratta di una campagna per una legge di iniziativa popolare, che proprio in questa veste intende riportare al centro la partecipazione democratica diretta dei cittadini, secondo la natura dell’associazione che si descrive come “movimento di educ-azione e form-azione popolare orientata all’azione”. In secondo luogo, la proposta di legge presentata si configura come la prima possibilita’ di “legge popolare europea”, introducendo uno spiraglio di democrazia nel meccanismo impermeabile della commissione europea. Infine, alla raccolta di firme autenticate si affianca una petizione popolare, destinata a tutti coloro che sono ritenuti non avere diritto di cittadinanza, ovvero i migranti. Milioni di persone che vivono e soffrono in prima persona le conseguenze piu’ pesanti del nuovo ordine mondiale, ma che non hanno il diritto di esprimersi e di lottare al riguardo: la petizione intende dare voce proprio a questi milioni di vittime escluse dal banchetto.
La campagna di ATTAC e’ il primo appuntamento concreto per costruire qualcosa, un piccolo mattone del mondo possibile e diverso, attorno ai grandi temi che hanno riunito il movimento sociale piu’ grande, cosciente e composito: un primo modo per affermare con forza che la vita umana non e’ un fattore economico.
Tutti insieme e’ possibile.