Documento di Attac Italia sulla nuova fase aperta dalla vittoria referendaria
1. La vittoria referendaria sull’acqua segna uno spartiacque nei rapporti di forza sociali, culturali e politici del Paese : per la prima volta dopo tre decenni, infatti, le politiche liberiste vengono sonoramente bocciate con voto democratico dalla maggioranza assoluta del popolo italiano, rendendo esplicita la caduta di consenso del modello neoliberista e aprendo la strada per un’altra uscita dalla crisi globale, che non sia la riproposizione delle medesime ricette che l’hanno provocata. La vittoria referendaria rende esplicita anche la crisi della democrazia rappresentativa nel momento in cui, ridotti i partiti a comitati elettorali e frammentata la società nei suoi luoghi primari di incontro e confronto, appare sempre più chiara la trasformazione del ruolo politico-istituzionale in coacervo di interessi particolaristici legati a clan politico-affaristici. La massiccia partecipazione al referendum rende evidente, a fianco della richiesta di rottura con le politiche economiche e sociali di questi decenni, una forte domanda di partecipazione diretta nel cambiamento. A fronte di tutto questo, una società in movimento è riuscita a costruire la più grande coalizione sociale dal basso e a mettere in campo nuovi modi dell’agire politico, unendo il contatto diretto con le persone e la presenza nei quartieri e nei territori con le potenzialità delle rete e dei social network; determinando così la prima sconfitta dell’informazione unidirezionale, tipica della televisione, e lo sconcerto del mondo politico istituzionale di fronte ad un’autorganizzazione reticolare e di massa che ha lacerato le appartenenze, costruendo maggioranze culturali e politiche dentro il nuovo linguaggio dei beni comuni e della partecipazione sociale.
2. Proprio per le potenzialità di cambiamento radicale espressi dai referendum per l’acqua, la gestione della vittoria referendaria si presenta come un percorso tanto interessante quanto impervio, tanto fertile quanto denso di rischi.
Lo hanno capito i poteri forti che, a vario titolo, hanno già iniziato a schierare le proprie truppe : dai manager delle multiutilities che annunciano il disastro economico e il blocco di tutti gli investimenti alle prese di posizione tese a depotenziare i risultati referendari, tipiche soprattutto di quella parte di centro-sinistra che, schieratasi opportunisticamente con i SI, oggi propone la necessità di reinterpretare l’esito del voto, di considerarlo un’espressione ideale da riportare a effetti di sano realismo e via dicendo.
A fronte di tutto questo, crediamo che la nuova fase aperta dal trionfo referendario comporti la necessità di un salto di qualità da parte dei movimenti per l’acqua: siamo la maggioranza del Paese ed è a questa che dobbiamo rivolgerci, lasciando per strada ogni tendenza all’autoreferenzialità e contrastando ogni tentativo di involuzione minoritaria e autoriflessa da un lato, e mantenendo la struttura basata sulla democrazia diretta che ha caratterizzato il nostro movimento e sulla radicalità che ha caratterizzato le nostre proposte dall’altro.
Da subito va presa di petto la complessità della questione relativa alla ripubblicizzazione del servizio idrico e alla sua gestione partecipativa, sapendo che il percorso dovrà esplicitarsi tanto a livello nazionale quanto in ciascun singolo territorio.
Il principio cardine da cui partire è tuttavia chiaro : il popolo ha votato per l’uscita dell’acqua dal mercato e dei profitti dall’acqua e questa è la stella polare cui ricondursi nelle prossime tappe del viaggio.
3. A livello nazionale, occorrerà mettere mano alla normativa, stante che l’abrogazione del decreto Ronchi non comporta alcuna reviviscenza delle normative precedenti e che l’unico quadro di riferimento attuale rimane la dottrina comunitaria.
Occorre quindi e da subito costruire una forte mobilitazione per la messa al centro dell’agenda politica della nostra legge d’iniziativa popolare, già consegnata al parlamento nel 2007 con oltre 400.000 firme in calce. A questo proposito, va subito detto che ogni nuova proposta normativa che non vada esplicitamente in direzione della volontà espressa dal popolo italiano non solo va politicamente combattuta, ma va anche considerata giuridicamente impresentabile : questo vale tanto per il disegno di legge governativo che istituisce l’Authority, quanto per la proposta di legge liberista del PD. Va inoltre aggiunto che la nostra stessa legge d’iniziativa popolare va in alcuni punti aggiornata : sia suoi tempi dei processi di ripubblicizzazione (che nel testo prevedevano nei casi estremi fino a cinque anni), sia nella parte relativa al finanziamento del servizio idrico ( che ha visto importanti aggiornamenti nella recente proposta presentata dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua e che necessiterà di ulteriori passaggi).
E’ questo un terreno su cui il confronto sarà aspro e forte e necessiterà di una grande consapevolezza dei movimenti a livello sia nazionale che territoriale. Da questo punto di vista, l’apporto di Attac Italia può essere molto importante, sia per delineare compiutamente le proposte relative al finanziamento, sia – dopo avere strutturato un gruppo di lavoro specifico che sappia elaborare celermente una proposta strutturata e credibile – per aprire una vertenza sulla ripubblicizzazione della Cassa Depositi e Prestiti (il cui imponente tesoro è oggi in tutt’altre faccende orientato), sia per aprire un’importante vertenza per il superamento del Patto di Stabilità, che, tanto a livello europeo sugli Stati membri, quanto a livello interno sugli enti locali, rischia di diventare la spada di Damocle di ogni percorso di riappropriazione sociale dell’acqua e dei beni comuni.
4. Contemporaneamente alla battaglia nazionale, vanno aperte in ogni territorio vertenze plurime per l’attuazione del risultato referendario, andando a monitorare e a proporre per ogni territorio elementi di conflittualità comuni e le relative specificità.
La ripubblicizzazione del servizio idrico richiede il rilancio della mobilitazione attiva locale e nazionale, trasformando i comitati referendari in organismi di mobilitazione e vertenza che rafforzino il conflitto per la riappropriazione sociale del SII.
In questo senso, l’attuale Segreteria Operativa del Forum ha la necessità non solo di essere riconfermata, ma di attualizzare il proprio ruolo, trasformandosi -in questo specifico frangente-in Osservatorio per l’attuazione del voto referendario, dotandosi delle competenze già presenti e di quelle ulteriormente necessarie per svolgere il ruolo di supporto ai processi di ripubblicizzazione territoriale, per supportare il percorso di ripubblicizzazione nazionale e per iniziare quel percorso di autoformazione che la possa portare a divenire a breve l’indipendente Osservatorio Permanente sui Servizi Idrici a servizio di tutto il movimento Un primo elemento comune a tutte le lotte territoriali dovrà essere l’immediata riduzione delle tariffe, conseguente all’abrogazione della parte relativa all’”adeguata remunerazione del capitale investito”, immaginando, laddove gli Ato e i gestori decidessero di non procedere, l’avvio di campagne di autoriduzione di massa delle bollette.
Un secondo elemento dovrà vertere sulla richiesta di un riconoscimento di un minimo vitale garantito a tutti, anticipando quello già contenuto nella nostra proposta di legge d’iniziativa popolare. Nella modulazione per le fasce immediatamente superiori a questa si potrebbero rivendicare tariffe sociali per le categorie maggiormente colpite dalla crisi economica.
Ma soprattutto, a livello territoriale andranno approntate piattaforme rivendicative che, accanto alla richiesta di completo e totale accesso a tutti gli atti amministrativi relativi alla gestione del servizio idrico, dovrà vedere i comitati territoriali porsi come luoghi di mobilitazione permanente per la ripubblicizzazione del servizio idrico, declinandone le strategie in maniera diversificata a seconda che l’attuale gestore sia una SpA a totale capitale pubblico (trasformazione immediata in azienda speciale consortile), o una SpA mista (ripubblicizzazione della società o, laddove i rapporti di forza non lo consentissero in prima battuta, scorporo del servizio idrico dalle multituilities e successiva ripubblicizzazione). Dentro questo contesto, contratti e accordi parasociali alla mano, andranno verificate, situazione per situazione, tutte le possibilità di rescissione unilaterale dei contratti.
Un aspetto che andrà tenuto in sostanziale considerazione sarà l’aspetto della gestione partecipativa: senza la ricerca di astratti modelli –perché la partecipazione non si crea, o si dà o non si produce- occorre che la mobilitazione territoriale abbia come obiettivo il massimo di costruzione partecipativa del processo di ripubblicizzazione, anche perché la riappropriazione sociale non può essere banalmente declinata come mero cambiamento della forma giuridica dei soggetti gestori.La democrazia partecipativa non si sostanzia nella semplice nomina o presenza di rappresentanti di associazioni o dello stesso movimento per l’acqua. Significa mettere a fondamento del processo la partecipazione diretta degli abitanti ( che abbiano o meno la cittadinanza italiana ) e dei lavoratori delle imprese interessate nella pianificazione e nella gestione delle scelte legate al governo del servizio idrico. Anche su questo terreno, il contributo di Attac, che ha sempre fatto della partecipazione sociale il faro dei processi di cambiamento, può essere importante.
5. La spinta di cambiamento che è emersa dal referendum ha un evidente carattere più generale.
Il primo quesito referendario non richiedeva solo di bloccare la privatizzazione nel servizio idrico, ma anche negli altri servizi pubblici locali. Le multi utilities che gestiscono l’acqua gestiscono anche altri servizi. La questione dell’estensione della lotta per la riappropriazione sociale agli altri servizi pubblici si pone oggettivamente in questa fase. Questo non significa che il movimento per l’acqua deve perdere la propria specificità ed autonomia, sciogliendosi o trasformandosi in un generico movimento dei beni comuni. Non significa nemmeno che si debba andare alla costruzione di costituenti o forum dei beni comuni come mera somma di sigle, più o meno rappresentative. Significa che le lotte per la ripubblicizzazione che il movimento dell’acqua metterà in campo dovranno interloquire con altre vertenze sociali sui beni comuni.
Attac in questo percorso ci sarà con tutte le proprie forze e con la volontà di contribuire al dialogo tra le lotte dei movimenti per i beni comuni e le altre lotte che combattono le politiche neoliberiste, di cui le privatizzazioni sono elemento centrale, per far emergere il carattere generale e paradigmatico della battaglia per la ripubblicizzazione del servizio idrico in questo modello di sviluppo e per produrre le connessioni tra le diverse vertenze al fine di delineare strategie di alternativa e di riappropriazione dei beni comuni ambientali e sociali.
ATTAC ITALIA