di redazione comune
Da bene confiscato alla mafia a spazio comune. Questo il lungo percorso che ha attraversato il Cinema Aquila a Roma, grazie alla presenza di un territorio che, nel corso degli anni, ha dapprima denunciato la presenza della banda della Magliana portandolo alla confisca da parte del Comune e, in tempi più recenti, ha contestato i due bandi mandati volutamente a vuoto nel tentativo di un’assegnazione diretta. Un percorso a cui oggi si aggiunge un’ulteriore ed inedita parentesi: quella della censura.
Tutto ha inizio due giorni fa quando il presidente del V Municipio di Roma, Giovanni Boccuzzi, pubblica un comunicato stampa nei portali istituzionali in cui si annuncia il blocco del tavolo partecipato che vedeva cittadini e municipio collaborare alla programmazione del Nuovo Cinema Aquila. Un percorso innovativo che poteva rendere l’esperimento del cinema un modello esportabile di reale partecipazione dal basso, un laboratorio di democrazia in dialogo e un luogo aperto di confronto tra cittadini ed istituzioni.
Le presunte ragioni della revoca del tavolo sarebbero l’infrazione da parte dei cittadini di alcune regole, nella fattispecie, la pubblicizzazione della programmazione prima dell’approvazione del Municipio, di fatto inspiegabile vista la costante presenza del Municipio in quello stesso tavolo. Si tratta di un’argomentazione assolutamente pretestuosa, non a caso coincidente con una mozione municipale votata dal Pd che chiedeva la revoca di tre film internazionali (The wanted 18, This is my land… Hebron, The salt of the sea) e di uno spettacolo teatrale (Mi chiamo Rachel Corrie) che denunciano l’apertheid del popolo palestinese, mozione che ha visto l’astensione in blocco del M5S.
Pubblicato su comune-info.net il 16.3.2017