Lo Sblocca Italia contro Bagnoli e i territori: chi inquina non paga ma incassa!

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di Massimo Di Dato, “Assise Cittadina per Bagnoli”

L’articolo 33 del decreto Sblocca Italia legittima l’intervento straordinario del Governo su determinate “aree di rilevante interesse nazionale” con particolari esigenze di tutela ambientale ed assicurazione dei livelli essenziali in materia di diritti civili e sociali. Sottratte alla potestà urbanistica degli enti locali, verrebbero affidate ad un commissario straordinario ed a un soggetto attuatore scelti dal Consiglio dei Ministri e incaricati di progettare ed attuare, in regime di parziale deroga alla normativa vigente, un programma unitario di riqualificazione ambientale e rigenerazione urbana.
Pensato per le aree dismesse di Bagnoli, l’articolo 33 ha subìto diverse modifiche che ne hanno rafforzato gli aspetti generali, per superare le obiezioni di incostituzionalità (il governo del territorio è materia concorrente tra Stato ed Enti locali, dove il primo fissa solo il quadro normativo entro il quale operano i secondi). Bagnoli è diventata la cavia per un esperimento che potrebbe estendersi ad altre aree del paese, con effetti tutt’altro che positivi.

Ricordiamo che Bagnoli è già normata da strumenti urbanistici, che prevedono di realizzare oltre 2 milioni di metri cubi su circa 315 ettari di aree dismesse, articolati in funzioni residenziali, produttive e terziarie; tra le attrezzature collettive previste, 200 ettari di parchi verdi ed il ripristino di oltre due chilometri di spiaggia, nonché un porto turistico per 350/700 barche. Un compromesso, non privo di contraddizioni, tra interessi economici, necessità ambientali ed esigenze sociali, che diversi ambienti politici, intellettuali ed imprenditoriali non hanno mai digerito: la sua impostazione ‘pubblicista’ ed i vincoli posti alla ‘valorizzazione’ delle risorse ambientali avrebbero ‘scoraggiato’ gli investimenti privati, impantanando il processo di riqualificazione partito vent’anni fa. Di qui, le spinte ricorrenti per cambiare lo strumento urbanistico ed elevare la profittabilità economica dell’operazione, con diversi tentativi di stravolgimento (come nel 2003, quando Bagnoli venne candidata a sede dell’America’s Cup) che giungono fino allo Sblocca Italia.

Di fatto, l’attuazione del piano è stata finora impedita dal mancato completamento della bonifica delle aree ex industriali (mentre quella del litorale marino non è mai iniziata), dovuta ad un intreccio di cause: l’iniziale sottovalutazione dell’inquinamento; la volontà politica di sgravare l’ex IRI, proprietaria delle aree Italsider-Eternit, dei costi di risanamento per rovesciarli sullo Stato (proprio una società dell’IRI ha gestito in modo fallimentare la prima fase della bonifica); l’evoluzione in senso più stringente della normativa ambientale; i contrasti politici per l’erogazione dei fondi; il difficile coordinamento tra bonifica e piano urbanistico; lo scarso controllo pubblico sui soggetti attuatori. Il risultato è una spesa di 250 milioni di euro in vent’anni per una bonifica effettuata su appena il 40% delle aree ma messa in discussione da un’inchiesta della magistratura, con un processo in corso e parte dei terreni sotto sequestro. Inoltre la BagnoliFutura, SpA del Comune a cui nel 2002 sono state conferite le aree con il compito di risanarle ed urbanizzarle, è in liquidazione fallimentare; il direttore generale del Ministero dell’Ambiente, nominato dal Tribunale custode delle aree sequestrate, ha avviato d’intesa col Comune un programma biennale per ricaratterizzarle e metterle in sicurezza.

Lo Stato dovrebbe quindi intervenire per completare la bonifica, assicurando le ingenti risorse necessarie e rivalendosi sugli inquinatori (ex IRI, Cementir, ex Montecatini) o i loro eredi, piuttosto che progettare nuovi piani urbanistici; invece con lo Sblocca Italia si profila il reingresso nella partita del vecchio proprietario delle ex-aree Italsider-Eternit, ossia Fintecna, finanziaria di Cassa Depositi e Prestiti. Proprio Fintecna ha provocato nel 2014 il fallimento di BagnoliFutura, che non le aveva ancora versato l’indennità dovuta per la cessione dei suoli di Bagnoli al comune di Napoli: un’azione di rivalsa alla delibera sindacale che intimava a Fintecna di rimuovere la colmata a mare, un’enorme banchina di scorie industriali realizzata negli anni ’60 dall’Italsider sul litorale di Bagnoli. Ora, grazie allo Sblocca Italia, Fintecna potrà riprendere quelle aree e scriversi (insieme a Caltagirone, proprietario della contigua Cementir) un nuovo piano urbanistico, senza che Comune e cittadini possano porre obiezioni. I suoi contenuti generali, esplicitati nelle bozze dello Sblocca Italia e poi prudentemente defilati, accolgono le richieste dell’imprenditoria speculativa: la grande spiaggia pubblica scompare per far posto ad un polo per la nautica da diporto; case, centri commerciali ed alberghi invadono lungomare e parco verde; quest’ultimo diventa un ‘parco tematico della scienza’, escamotage per inserirvi un po’ di cemento, privatizzarne una parte e magari affidarne un’altra a Città della Scienza, che già occupa un vasto pezzo di spiaggia in deroga agli strumenti urbanistici.
Ad un inquinatore che pretende di farsi pagare dal Comune aree che non ha bonificato, lo Stato regala l’opportunità di una grande speculazione urbanistica: questo è il fine dello Sblocca Italia per Bagnoli. Contro di esso si è levata la vivace opposizione di comitati, movimenti ed associazioni cittadine, che hanno sviluppato con altre realtà nazionali un percorso di contestazione complessiva alle logiche del decreto su privatizzazione dei beni pubblici, speculazione finanziaria e devastazione territoriale. Ciò ha intralciato l’azione del Governo, già in difficoltà per aver sottovalutato la complessità dell’intervento e per l’opposizione del Comune: dopo un anno di falsi annunci sono stati individuati il soggetto attuatore (Invitalia) ed il commissario (Salvo Nastasi), il primo passo di un percorso in salita. La partita è ancora aperta, un gioco difficile la cui posta in palio va oltre Bagnoli.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 21 di Settembre-Ottobre 2015 “Finanza & Grandi Opere 2.0”, scaricabile qui.