La sfrenata corsa europea al riarmo

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di Elio Pagani (“Abbasso la Guerra”)

Parlando di riarmo europeo, i mass media mainstream sostengono che la ripresa della corsa agli armamenti stia avvenendo a causa della invasione russa dell’Ucraina.

Certo, questa guerra rilancia le spese militari, cresciute del 13% tra il 2021 e il 2022, in linea con il trend mondiale in crescita dal 1998. In particolare dal 1989, anno della caduta del muro di Berlino, ad oggi, la spesa militare è cresciuta del 40%.

Nel 2022 la spesa mondiale ha raggiunto i 2240 miliardi di dollari, un livello mai raggiunto neppure ai tempi della Guerra Fredda. Dominano gli USA, seguiti da Cina, Russia, India ed Arabia Saudita. Più precisamente gli USA spendono il 39% della spesa mondiale, la NATO il 55%, la UE il 12%, la Cina il 13%, la Russia il 4%.

Considerando poi altri Paesi che cooperano con la NATO, le spese militari complessive raggiungono il 73%, e il traguardo del 2% sul PIL per ogni membro della NATO ormai si è trasformato in un punto di partenza.

Questi soli dati non possono non incidere sul comportamento degli attori.

Nel 2023 l’Italia avrebbe speso circa 28 miliardi di euro e, come vediamo, anche la spesa militare italiana cresce costantemente almeno dal 2016 e continuerà a crescere in modo ancora più significativo nei prossimi anni. Sono infatti previsti almeno altri 25 miliardi di euro per l’acquisto di nuove armi, capaci di proiezione della forza: carri armati, portaerei, sommergibili, caccia bombardieri. Quali sono nel mondo le fabbriche d’armi più grandi? Tra le prime 10 per ricavi, 7 sono americane, una inglese, una francese e la Leonardo italiana è ottava. La Fincantieri italiana, tra le prime 10 per investimenti, è al 6° posto.

Circa le esportazioni di armi globali, la parte del leone è svolta dai Paesi membri della NATO col 74%; la Russia è al 16% mentre la Cina è al 5%. I leader europei ci stanno invitando, vista la situazione, ad accettare l’“economia di guerra” come strumento necessario a proteggere i cittadini UE da future minacce. Ma l’aumento della spesa militare nella UE è stato deciso prima dell’invasione russa all’Ucraina, così come l’evoluzione dei suoi strumenti militari viene da lontano.

Già nel 1993 fu creata la PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune) alla quale, nel 2009, venne affiancata una Politica di Sicurezza e di Difesa Comune (PSDC). Nel 2004 si istituì l’Agenzia Europea per la Difesa e dal 2017 è attivo il FED, Fondo Europeo della Difesa. Gli European Battlegroups sono operativi dal 2007, dal 2022 sono evoluti in Strumenti di Risposta Rapida. Nel 2021 fu creato la Strumento Europeo per la Pace oggi utilizzato per sostenere militarmente l’Ucraina.

I finanziamenti UE per l’industria bellica sono cresciuti in modo esponenziale dal 2017 e il Fondo Europeo di Difesa ha pianificato una spesa militare di quasi 8 miliardi tra il 2021 e il 2027 che, sommata ad altre voci correlate, portano il valore a quasi 20 miliardi di euro. Clamoroso l’utilizzo dello Strumento Europeo per la Pace (EPF), creato per “prevenire i conflitti” e oggi utilizzato per sostenere i Paesi UE che forniscono armi a Kiev. Il 28 febbraio 2022 furono stanziati 5,7 miliardi, divenuti poi 7,9 con l’intenzione di arrivare presto a 12. È del 1° giugno 2023 il voto del Parlamento europeo a favore del sostegno alla produzione di un milione di munizioni per una spesa di 500 milioni di euro, senza escludere a questo scopo l’utilizzo di fondi del PNRR e i Fondi di Coesione UE. Vista l’urgenza di questa produzione è possibile non applicare le norme in materia di ambiente, di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Ma le capacità militari della UE non sono indipendenti dalla NATO, anzi sono sempre di più integrate con essa. Già nel 1992 la UEO, la struttura militare europea, sulla scia del Concetto Strategico NATO, elabora le “Missioni di Petersberg” che prevedono operazioni di Gestione delle Crisi e di Peacekeeping anche distanti dal territorio europeo. Già dal 2011, con lo scioglimento dell’UEO si intensifica la cooperazione UE-NATO e lo strumento militare UE diventa “colonna europea” della NATO. D’altra parte 22 dei 27 Paesi UE sono membri della Alleanza Atlantica. Ma la NATO non è più una alleanza “difensiva” almeno dal 1999, quando a margine dei bombardamenti NATO sulla Serbia e il Kosovo, l’Alleanza assunse un Nuovo Concetto Strategico che prevede la possibilità per essa di intervenire “fuori area”, superando l’art. 5 del suo Statuto e violando quello dell’ONU.

Se la NATO fu creata nel 1949, 6 anni prima della nascita del Patto di Varsavia, dal 1989, dopo la caduta del muro di Berlino, anziché sciogliersi come fece il Patto di Varsavia nel 1991, il numero dei suoi membri passò da 16 a 31, espandendosi sempre più ad Est a ridosso della Russia, e aumentando la sua spesa militare fino al 55% di quella mondiale (73% considerando i suoi Partner). Tra il 1993 e il 2023 la NATO interviene militarmente, con o senza autorizzazione ONU, anche con bombardamenti massicci, nei Balcani, in Afghanistan e in Libia, ed è presente in Iraq. Nel 1991 e nel 2003, gli USA, dominus della NATO, con o senza autorizzazione dell’ONU attaccano l’Iraq e almeno dal 2013 intervengono in Siria. Nel 2017, attraverso AFRICOM bombardano aree della Somalia.

Come vediamo, con la situazione in Ucraina siamo di fronte ad una escalation che può portarci a una guerra mondiale giocata non per interposta persona ma direttamente da tutti gli attori coinvolti e che può sfociare in una guerra termonucleare. Nonostante i progressi in tema di disarmo fatti dal 1987, quando Gorbaciov propose il ritiro degli Euromissili dall’Europa e con Reagan sottoscrisse il Trattato INF per lo smantellamento dei missili a gittata intermedia, oggi siamo di nuovo ad una ripresa del riarmo nucleare.

Nel 1986 nel mondo c’erano 70000 testate nucleari; oggi ce ne sono poco meno di 13000, pari comunque a 400.000 bombe di Hiroshima, possedute al 90% da USA e Russia, con una prevalenza di quest’ultima, seguiti da Cina, Francia e Gran Bretagna. A questi 5 Paesi nucleari, così come li definisce il TNP Trattato di Non Proliferazione, se ne sommano altri 4 che hanno proprie armi atomiche: Pakistan, India, Israele e Corea del Nord. Purtroppo la spesa per gli arsenali nucleari è aumentata per il 3° anno di fila, raggiungendo nel 2022 quasi 83 miliardi di dollari, con gli USA che spendono 3,7 volte ciò che spende la Cina e 4,5 volte ciò che spende la Russia. Spese previste in ascesa per altri 10 anni. Con i 2044 test nucleari, 711 dei quali in atmosfera o in mare, effettuati fino al 1996 dai 5 del Consiglio di Sicurezza ONU, la stragrande maggioranza dei quali effettuati dagli USA, abbiamo solo assaggiato ciò che potrebbe significare un conflitto nucleare.

Secondo Greenpeace abbiamo già diffuso nell’ambiente 3800 kg di Plutonio e 4200 kg di Uranio, potenzialmente capaci da soli di produrre tumori a miliardi di persone. Lo strumento di misura utilizzato si chiama “Doomsday clock” o Orologio dell’Apocalisse. Nel 1991, anno della dissoluzione del Patto di Varsavia e dell’implosione dell’URSS, mancavano 17 minuti alla mezzanotte nucleare, da allora il tempo che ci separa dalla mezzanotte si è ridotto fino a raggiungere i 100 secondi negli anni 2020-21-22 per scendere a 90 secondi nel 2023. In questi mesi di guerra in Ucraina ci sono state minacce di uso delle armi nucleari sia da parte russa sia da parte statunitense e NATO. Fondamentalmente non è stato che ricordare agli avversari la propria “postura nucleare”. Gli USA hanno da poco ribadito la disponibilità ad un primo uso delle armi nucleari anche di fronte ad un attacco convenzionale, cibernetico o ibrido mentre la Russia prevede l’uso dell’arma nucleare in caso di minaccia esistenziale allo Stato russo. Visto che ormai la Russia ritiene parte del suo territorio le ex repubbliche autonome dell’Est ucraino, dal Donbass alla Crimea, l’eventuale riconquista ucraina di quei territori potrebbe essere considerata motivo di risposta nucleare russa. Recentemente i mass media hanno indicato come molto pericoloso il trasferimento di armi nucleari russe in Bielorussia, ma hanno dimenticato di ricordare che anche gli USA da anni, in spregio al Trattato di Non Proliferazione (TNP), dispiegano armi nucleari in Europa: Germania, Belgio, Olanda, Turchia e Italia, nonché, più recentemente, sistemi d’arma a doppio uso convenzionale e nucleare in Polonia e probabilmente in Lettonia, Lituania ed Estonia. In Italia le Aerobasi di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone) ospitano armi nucleari.

Dal gennaio 2021 è entrato in vigore a livello internazionale il TPNW Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari, ma già nel 2017, non appena il testo del Trattato fu approvato dalla Assemblea dell’ONU, la NATO dichiarò la sua ostilità ad esso, ottenendo che nessuno dei suoi stati membri lo sottoscrivesse. Secondo ICAN però, non essendoci nello Statuto NATO alcun vincolo in materia nucleare, un Paese membro potrebbe comunque aderire al Trattato stesso. Purtroppo però, l’Italia con gli altri membri partecipa al Gruppo di Pianificazione Nucleare e, come gli altri Paesi prima citati, alla Condivisione Nucleare. In questi contesti le decisioni vengono prese alla unanimità, quindi se un Membro volesse aderire al TPNW dovrebbe ottenere il consenso di tutti, cosa che sembra impossibile. Diverse iniziative sono state praticate in questi anni affinché l’Italia aderisse al TNPW, la più importante tra queste è stata la campagna “Italia Ripensaci”: purtroppo, dopo 6 anni e 6 governi nessun valido risultato è stato raggiunto.

Intanto l’innovazione tecnologica in ambito delle armi nucleari, con l’affidamento delle stesse anche alla Intelligenza Artificiale, aumenta drasticamente il rischio di un loro uso. Per queste ragioni “Abbasso la Guerra” nel 2021 affidò, con altre 21 associazioni nazionali o locali, agli avvocati di IALANA uno studio sulla legalità o meno della presenza di armi nucleari sul territorio italiano. L’esito di questo studio afferma che questa presenza viola una serie di norme internazionali e nazionali ed è in corso un’azione legale.

In conclusione: non possiamo limitarci a chiedere lo stop all’invio di armi in Ucraina, un cessate il fuoco e una conferenza internazionale di Pace che spenga le fiamme di quella guerra, dobbiamo mettere le basi affinché la guerra non sia più uno strumento per la risoluzione delle controversie internazionali. Dobbiamo ottenere la rimozione delle armi nucleari sul territorio italiano e l’adesione al TPNW. Dobbiamo ottenere che l’Italia e la UE ripudino davvero la Guerra. Dobbiamo sciogliere la NATO e rifondare l’ONU.

Foto 1: “Doomsday Clock” dalla pagina facebook di “Bulletin Of The Atomic Scientists

Foto 2: “Il Trattato TPNW: strada maestra contro la minaccia distruttiva delle armi nucleari” di retepacedisarmo.org

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 52 di Febbraio-Marzo 2024: “Europa: a che punto è la notte?

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