Renzi erede di Berlinguer – n.15 ottobre 2014

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di Marilena Pallaretti

La buona scuola presentata dal governo Renzi è solo l’ultima tappa del processo di riforma della scuola italiana avviato da Luigi Berlinguer, Ministro della Pubblica Istruzione tra il maggio del 1996 e l’aprile del 2000. Al di là del colore politico, infatti, i vari governi che si sono succeduti e che hanno cercato di riformare la scuola italiana sono stati tutti animati dagli stessi principi: autonomia scolastica, privatizzazioni, dirigenti-manager.

Nonostante i tentativi di presentarla come qualcosa di realmente innovativo (nuove materie e percorsi didattici, collaborazioni con enti esterni specializzati, etc.), il fulcro della riforma erano i tagli. All’interno di tale disegno il Dirigente scolastico (ex-Preside) diveniva una figura chiave, poiché doveva garantire che “la scuola azienda” fosse competitiva sul mercato globale dell’istruzione. Egli poteva contare inoltre sulla collaborazione di una serie di figure, da lui scelte fra il corpo docente, per svolgere mansioni di tutoraggio, programmazione, progettazione (“figure di sistema” previste dalla riforma), sino alla sostituzione per gli affari di ordinaria manutenzione. In tal modo, attraverso la cosiddetta incentivazione, la riforma finiva per produrre un gruppo di lavoratori “privilegiati”, paragonabile ad un Cda, ed otteneva il risultato di dividere i lavoratori, spinti a entrare in conflitto tra loro per l’attribuzione di “premi di produzione”. Ovviamente, tutto questo avvenne senza che gli studenti fossero interpellati.

Dopo la breve parentesi di Tullio de Mauro, dall’aprile del 2000 al giugno del 2011, il testimone passò a Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti, ma soprattutto di Valentina Aprea: sottosegretaria all’ istruzione e reale ideologa della nuova riforma. L’idea del Cda come organo di gestione della scuola veniva confermata e, anzi, rafforzata. Nei piani del Ministero infatti le scuole venivano trasformate in Fondazioni, di cui il Dirigente Scolastico era il legale rappresentante. In quest’ottica, il Cda aveva un ruolo chiave, svolgendo una serie di importanti funzioni:approvare il POF (piano dell’offerta formativa) ed il programma annuale delle attività; deliberare il regolamento di istituto; designare i responsabili dei servizi e dei progetti; nominare i docenti esperti e i membri esterni. Il docente invece era articolato su tre livelli: docente iniziale, ordinario ed esperto, cui corrispondeva un differente riconoscimento giuridico ed economico; a quelli “ben integrati” andava un “premio annuale di produzione”. La riforma Moratti prevedeva anche un riordino dei cicli scolastici: le scuole dell’infanzia, elementari e medie venivano unificate in un solo percorso di otto anni, con a termine l’esame di Stato (I ciclo); mentre la durata delle scuole superiori di II grado diveniva di cinque anni per i Licei e di quattro per gli Istituti Professionali, dove sarà previsto un anno integrativo nel caso in cui lo studente scegliesse di accedere all’ università (II ciclo). In questo secondo ciclo venivano assicurati percorsi personalizzati, la possibilità di cambiare indirizzo all’interno dei licei e degli istituti professionali, e di passare da un sistema all’altro tramite “passerelle” che facilitino l’orientamento.

Dopo Fioroni, dal 2008 al 2011, l’incarico di Ministro fu ricoperto da una Stella, purtroppo per niente luminosa. Diversi furono i provvedimenti presi dalla Gelmini: ritorna dell’ obbligo scolastico a 15 anni; reintroduzione della figura del maestro unico in sostituzione dei 3 maestri previsti nel modulo nella scuola primaria; riduzione dell’orario settimanale della scuola media da 33 a 30 ore settimanali di lezione; obbligatorietà l’esame della Prova Invalsi per ottenere il diploma di I grado. A subire i pesanti colpi della riforma Gelmini è stata anche la scuola secondaria di II grado, anche se solo da quest’anno se ne vedranno pienamente gli effetti: il Liceo Classico ha perso definitivamente il Ginnasio; oltre una profonda ristrutturazione del proprio sistema formativo, gli Istituti Tecnici e Professionali hanno visto un drastico e pesante taglio delle ore di insegnamento, in particolare gli insegnamenti cosiddetti “di indirizzo” sono ridotti di 1/3, con il conseguente taglio di cattedre; il voto in condotta nelle scuole secondarie è tornato a fare media; la lingua inglese è divenuta obbligatoria, mentre le materie scientifiche vengono potenziate in alcuni indirizzi e depotenziate in altri.

Alla Gelmini è succeduto Profumo, che ha apportato ulteriori tagli alla scuola e mantenuto salda la “Scuola Azienda”. Anche il Ministro Carrozza ha sostanzialmente confermato la Riforma Gelmini, se si esclude aver reinserito 1 ora di Geografia generale ed economica, i libri di testo in comodato d’ uso agli studenti (molte scuole forniscono il Tablet della Apple) e la programmazione trasversale con le UDA!

Nel febbraio 2014, non appena insediata al Miur, Stefania Giannini ha da subito sottolineato come la scuola sia da tempo una spesa e non un investimento del paese e che la governance della scuola va dunque rivista, così come il Testo Unico del 1994. Il profilo della scuola che emerge dalle Linee programmatiche, diffuse dal Miur nel marzo 2014, è tutt’altro che confortante: nuove e ancora poco chiare norme di reclutamento, maggiore apertura alle scuole private, rafforzamento del concetto aziendalistico della scuola, inserimento dell’alternanza scuola-lavoro, etc.. In quest’ottica, “La Buona Scuola” presentata da Renzi appare come il naturale prodotto di tale visione. Ciò è particolarmente evidente se si guarda all’identikit del docente meritevole in esso tratteggiato: colui che, oltre all’orario canonico di servizio, svolgerà corsi di recupero, di approfondimento, sarà disponibile a sostituire i docenti assenti, senza alcuna retribuzione aggiuntiva. La quantità di tempo dedicata a permanere a scuola è condizione necessaria per essere considerato tra i papabili meritevoli e creare una competizione al ribasso, fatta di disponibilità a svolgere le mansioni più disparate. Saranno premiati i docenti che non amano la didattica, ma amano “fare altro” con il bene placito del Dirigente Scolastico. Ai fini stipendiali si torna al conservatorismo delle scuole (docenti-valutatori, docenti-mentor), ma chi valuterà ancora non è dato sapersi. Molti Dirigenti pensano di essere loro a dover valutare, ma è bene pensare che anche loro possono essere licenziati perché spesso inadeguati al ruolo. La “Buona Scuola”, con una serie di nuove agevolazioni per i privati (school bonus, school guarantee, crowdfunding) e soprattutto con modifiche sostanziale del modo di essere del singolo istituto scolastico, diventerà una scuola-azienda a tutti gli effetti…!!!

Tratto dal Granello di Sabbia di Ottobre 2014: “La Buona ScuolAzienda”, scaricabile QUI

 

 

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