L’aria che tira in tempi di populismo

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di: Pino Cosentino

“La responsabilità del politico verso l’interesse esclusivo della Nazione dovrebbe imporgli di decidere in autonomia quel che è giusto e sbagliato, in ogni circostanza, a costo di infrangere promesse elettorali, o prendere decisioni impopolari. E se non lo fa, perché ha paura della vostra reazione, della reazione del popolo, abbiamo un problema enorme. E a dire il vero ce l’abbiamo da tempo, da quando la politica ha rinunciato al suo primato, da quando si è sottomessa alla società civile, ai suoi piagnistei, alla sua rabbia, al suo rancore, alla sua irresponsabilità. Da quando ha deciso di non fare le cose perché riteneva fossero giuste, ma perché così voleva il popolo.

 Non nasce con Lega e Cinque Stelle questo andazzo: la distruzione dei partiti attraverso Mani Pulite, il diabolico pauperismo che attraverso l’abolizione del finanziamento pubblico impoverisce i partiti e arricchisce i politici, il sondaggismo perenne di Berlusconi, la legittimazione dal basso mediante elezioni primarie pure per eleggere l’amministratore di condominio”.

(Francesco Cancellato su Linkiesta.it https://www.linkiesta.it/it/article/2018/10/02/non-credete-ai-sondaggi-e-agli-applausi-questo-e-il-governo-piu-debole/39615/).

Questo pezzo sono convinto che sembrerà puro buon senso anche a molti nelle nostre file. E questo è davvero terribile.

In questo pseudopensiero, apparentemente così logico e basato sui fatti, si annida il germe di ogni sistema di dominio, travestito da “puro buon senso”,  da onesta presa d’atto di una verità/realtà oggettiva. Questo è veleno che viene da lontano, da lontanissimo. Non da Mani Pulite, né dalla bizzarria iperdemocratica per cui gli amministratori di condominio sono eletti dai condomini (invece che dal Prefetto? Cosa suggerisce Cancellato?).

Viene dalla dimenticanza (autentica o furbesca) di sé. Di chi è il soggetto che pensa e parla. In questo caso è il cittadino Francesco Cancellato, che si rivolge al popolo come a un estraneo, come ad altro da sé (“[il politico] ha paura della vostra [del popolo] reazione”).  Continua: “abbiamo un problema enorme… da quando la politica ha rinunciato al suo primato, da quando si è sottomessa alla società civile, ai suoi piagnistei, alla sua rabbia, al suo rancore, alla sua irresponsabilità”. Evidentemente il cittadino Cancellato non fa parte di questa “società civile”, bestia selvaggia, irragionevole, che “la politica” deve addomesticare a suon di frustate. Il cittadino Cancellato si autocolloca in una sfera superiore, nella sfera della “politica”, a cui il popolo è estraneo. Cancellato ci offre la visione premoderna (o postmoderna: hobbesiana o nazifascista, ma anche del “socialismo reale”) di un mondo umano scisso in due: da una parte i dominatori, l’élite cui ovviamente Cancellato si fregia di appartenere, dall’altra la plebe per definizione inferiore e indegna, come l’omerico Tersite.

La “politica” in questa visione è l’arte del dominio, niente a che fare con la politica (da polis = città) dei cittadini. Dovendo scegliere tra Atene e l’Impero persiano Cancellato, se avesse un minimo di consapevolezza storica, non avrebbe dubbi, e maledirebbe Maratona come l’origine di ogni nostro guaio, dato che ad Atene la “politica” era troppo spesso in balia del popolo, come è dimostrato dall’uso frequente dell’ostracismo. Altro che Mani Pulite! Cancellato è davvero troppo riduttivo. Stiamo rischiando di mandare in malora cinquemila e più anni di buona e responsabile politica, dai Faraoni al cesarismo imperiale romano, fino alla Santa Alleanza e oltre, tutta una sequela di politici responsabili che hanno tenuto a bada quel verminaio di parassiti miserabili che, come dice Briatore, non hanno mai creato un posto di lavoro (ma qui lo si può contraddire facilmente: la necessità di tenere a bada il popolo ha sempre creato moltissimi ottimi o almeno passabili posti di lavoro).

Cancellato, che si ritiene così superiore al comune volgo, tuttavia non vede (o non vuol vedere) la società civile, la sua articolazione, i suoi indissolubili legami con la “politica”. Prende il paradigma populista (la contrapposizione netta tra popolo ed élite) e lo capovolge. Ciò che nel populismo è buono (il popolo) diventa cattivo, e viceversa.

Accade che anche noi, data l’attuale situazione, si possa facilmente cadere in questa forma di pseudopensiero, la cui versione popolare, frequentissima,  è segnalata dall’uso del termine “gente”, che sono sempre gli altri, a cui di volta in volta si attribuiscono tutte le colpe di questo mondo, da cui naturalmente chi parla si ritiene del tutto immune. C’è il mondo, c’è la gente, e da qualche altra parte ci sono io, candido come un giglio, che osservo, giudico, inorridisco. Il meccanismo psicologico è lo stesso.

Ma anche nel formulare proposte politiche dobbiamo sempre pensare al soggetto che dovrebbe realizzarle. Perché questo è il problema politico: non il contenuto della proposta, ma come una proposta, o un progetto, possa diffondersi, maturare, unire, creare organizzazione. Ed è per questa via che il contenuto ridiventa significativo, in quanto la qualità del contento è uno dei fattori che contribuiscono alla formazione del soggetto che può portare quella proposta al successo, e, nel percorso, creare comunità.

Il nostro impegno, anche per la nostra visione non politicista, ma sociale e protesa all’autorealizzazione di ognuno, è di essere popolo, non élite. Il che non significa appiattimento dei valori. Il contributo che ciascuno dà è differente, e chi ha più qualità è giustamente riconosciuto e gratificato; ma questo non instaura un rapporto di dominio, di superiore-inferiore.

 

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