Crociere a Venezia

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di Silvio Testa, Comitato No Grandi Navi Venezia

In primavera è ripartita la stagione delle crociere e per Venezia, nonostante quattro anni di lotte da parte di cittadini e associazioni ambientaliste, non è cambiato nulla: le grandi navi, fuori scala con la città e con la laguna, continuano come sempre a transitare per il Bacino di San Marco: circa 500 gli attracchi previsti nel 2015, con due passaggi per ogni nave davanti a Palazzo Ducale.

Ma sono navi più piccole”, diranno gli armatori e il presidente dell’Autorità Portuale di Venezia, Paolo Costa, riferendosi al fatto che in Bacino non passeranno navi di stazza lorda superiore alle 96 mila tonnellate. “Una scelta volontaria”, aggiungeranno, dimenticando di ricordare che il limite è stato imposto da un decreto del Governo che, è vero, è stato cancellato da una sentenza del TAR, ma emessa dopo che le compagnie da crociera avevano già definito i loro programmi per il 2015. In ogni caso, le navi da 96 mila tonnellate non saranno dei mostri da 135 mila tonnellate di stazza lorda, come la Msc Divina che l’anno scorso veniva tranquillamente ogni settimana in laguna, ma sono pur sempre navi enormi, lunghe anche 300 metri: il Titanic, tanto per dare un termine di paragone, stazzava 46 mila tonnellate.

Queste navi dislocano, ossia muovono, tanta acqua quanto pesano, e si può solo immaginare, dato che nel merito non c’è alcuna indagine, quali effetti queste masse in pressione provochino su rive e fondazioni antiche, medioevali. In laguna, invece, smuovono il fondale e la marea si porta in mare le sospensioni: ogni anno a causa dei traffici portuali si perdono un milione di metri cubi di sedimenti e la profondità media della laguna, che cent’anni fa era di 40 cm., è oggi di 1,50 m. e tra cinquant’anni (studi dell’Istituto di Idraulica dell’Università di Padova) sarà di 2,50 m! Cioè non ci sarà più una laguna.

Ma la dimensione delle navi non è l’unico problema: nel conto vanno poi messi il rischio di incidenti o di attentati (le navi sono considerate obiettivi sensibili), i rumori e le vibrazioni, l’elevatissimo inquinamento, il tutto a ridosso delle case dato che la Marittima, dove le navi ormeggiano, è praticamente nel cuore della città. Ogni nave produce emissioni come 14 mila automobili, e all’attracco restano coi motori sempre accesi per alimentare gli impianti elettrici; ogni fine settimana ce ne sono anche sei contemporaneamente.

Per Governo e Autorità Portuale, invece, sembra che il problema sia solo estetico e che, tolte le navi da San Marco, l’emergenza “crocierismo” a Venezia sarà risolta, mentre da quanto si è detto dovrebbe risultare chiaro che queste navi sono incompatibili con la sicurezza della città, con la salute dei cittadini, con la salvaguardia della laguna. Dunque, dovrebbero attraccare fuori dalla laguna, ammesso che una vera analisi costi-benefici (fin qui mai fatta) dimostri che esse portano un qualche beneficio economico alla città. Studi indipendenti dimostrano piuttosto il contrario.

Sul tappeto ci sono diverse proposte per risolvere in problema ma, tranne due, tutte – quelle finora più sostenute dalle autorità – mirano a mantenere le navi in laguna se non addirittura in Marittima. Esse presuppongono l’accesso in laguna attraverso la bocca di porto di Malamocco anziché di Lido, come avviene ora, e una parte di percorso lungo il Canale dei Petroli, scavato alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso a servizio del porto commerciale, differenziandosi poi nel tratto conclusivo. Un progetto mira a trasformare in terminal crocieristico alcune aree industriali di Porto Marghera, altre due proposte condurrebbero le navi alla Marittima attraverso nuovi canali di navigazione artificiali: o lo scavo del cosiddetto Contorta Sant’Angelo, proposto dall’Autorità Portuale, ma bocciato dal TAR a fine luglio su ricorso degli ambientalisti, o lo scavo del canale Vittorio Emanuele con un bypass lungo l’isola delle Trezze, sostenuto dal nuovo sindaco, Luigi Brugnaro.

Tutte queste proposte hanno, per dir così, un piccolo difetto: presuppongono lo scavo di fanghi inquinatissimi e il raddoppio del Canale dei Petroli, che l’intera comunità scientifica addita come il killer della laguna. Già oggi, infatti, il canale è costipato di traffici e incapace di accogliere anche uno spillo in più, e se voglio aggiungere circa mille passaggi di mega-navi all’anno esso non può che essere allargato e approfondito, con la realizzazione di un argine in pietrame lungo tutto il suo percorso per sterilizzare i treni d’onda prodotti dal traffico (l’Autorità Portuale ha già cercato due volte di avviare il progetto): ciò significa la divisione della laguna in due bacini separati.

Nel prossimo futuro il MOSE alle bocche di porto (ammesso che funzioni) e l’innalzamento del livello del mare, che le più prestigiose istituzioni scientifiche stimano tra i 50 e i 140 cm. al 2100, metteranno in crisi ogni attività portuale all’interno della laguna: infatti con un sovralzo di soli 30 cm al 2050, i dati delle maree rilevati nel 2010 comporterebbero 203 acque alte sopra i 110 cm e dunque (comprensive delle false chiusure e dei falsi allarmi) 325 chiusure delle paratoie: praticamente una al giorno.

La conca di navigazione a Malamocco per garantire l’accesso a paratoie del MOSE alzate è progettata solo per navi fino a 250 metri: vale la pena distruggere la laguna per tenervi all’interno una portualità che ha il tempo contato? Non è meglio ipotizzare fin d’ora degli scali fuori dalle bocche di porto?

Al riguardo esistono due progetti che ipotizzano un nuovo terminal crocieristico nella bocca di porto di Lido, oltre le barriere del MOSE, ma le autorità e gli operatori le osteggiano: uno con banchine fisse proposto dall’ex vicesindaco della città, Cesare De Piccoli; l’altro galleggiante, avanzato da tre professori dello IUAV (Boato, Giacomini, Vittadini).

In ogni caso, di tutte le opzioni descritte, tre sono attualmente sottoposte al giudizio della Commissione nazionale di Valutazione ambientale, con diversi gradi di avanzamento: i due alla bocca di Lido e lo scavo del Contorta, che però dopo il TAR deve fermarsi. Paolo Costa, con una piroetta su cui forse la Corte dei Conti dovrebbe mettere il naso visti i costi milionari sostenuti per sviluppare il progetto bocciato, ha subito sposato il piano del sindaco presentandolo come una variante del Contorta. Chi vivrà, vedrà: la battaglia continua.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 21 di Settembre-Ottobre 2015 “Finanza & Grandi Opere 2.0”, scaricabile qui.

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