di Raphael Pepe
Lo scorso novembre, Attac France lanciava una campagna per l’instaurazione di una tassa globale sulle multinazionali, una campagna che avrebbe poi portato al processo di Apple contro Attac, e alla storica sentenza a favore dell’associazione per avere “agito nell’interesse generale”.
Attac France ha sottolineato quanto fosse importante ripensare le regole del gioco, considerando che molte multinazionali, come appunto Apple, non pagano nessuna tassa in Francia così come in molti altri paesi. La soluzione proposta non poteva essere altro che una tassa globale sulle multinazionali. Una tassa che consiste in una ripartizione dei benefici imponibili sulla base di indicatori obiettivi delle loro attività in ogni paese: numero di dipendenti, fabbriche, punti vendita.
Concretamente, come si può leggere dal sito di Attac France, se una società realizza il 10% delle sue vendite in un paese, si può pensare che il 10% delle sue tasse possano essere da pagare in quel paese. Una tassa del genere sarebbe uno strumento utile contro i paradisi fiscali.
Dai calcoli di Attac, in Francia Apple doveva restituire alla collettività ben 13 miliardi di euro. Con l’hashtag “#ApplePayeTesImpôts ” (Apple paga le tue tasse!), l’associazione dava alla multinazionale una data di scadenza, il primo dicembre, per restituire quanto evaso.
Come ovviamente ci si poteva aspettare, nessuna risposta da parte di Apple, e così il 2 dicembre, delle azioni di protesta si sono svolte in più di 30 città francesi – ma anche in Germania e in Austria in segno di solidarietà – davanti ai cosiddetti Apple Store.
A Parigi, si é svolta una vera e propria occupazione del più grande Apple Store della città, con la presenza di un centinaio di attivisti e una diretta live seguita da decine di migliaia di persone. É stato messo in scena una sorta di quiz televisivo, in cui si interrogava la multinazionale sulle sue pratiche commerciali, sul diritto al lavoro, sull’ambiente.
In seguito a questa mobilitazione, la multinazionale ha trascinato Attac in tribunale, chiedendo alla giustizia non solo un risarcimento per il danno all’immagine e l’occupazione dei suoi negozi, ma soprattutto chiedendo il divieto di avvicinarsi agli Apple Store per tutti gli attivisti di Attac France.
Il 12 febbraio, Attac era convocata in tribunale, e non sono mancate le prese di posizione dei movimenti della sinistra francese. Sindacati, partiti e associazioni si sono schierati a difesa dell’associazione, e la mobilitazione ha portato alla creazione di una rete per la giustizia fiscale. Intanto nel paese, è cresciuta la sensibilità e la presa di posizione di molti cittadini: è emerso chiaramente che sul banco degli imputati sarebbero dovuti essere i dirigenti di Apple e non qualche attivista.
Finalmente, il 23 febbraio, è arrivata una sentenza inaspettata, non solo nessuna delle richieste della multinazionale è stata presa in considerazione dal tribunale, in quanto Attac France ha agito “nell’interesse generale”, ma è stata la multinazionale ad essere condannata a versare 2000€ all’associazione.
Per concludere ci sembra interessante riportare un pezzo della sentenza:
“Il semplice ingresso di militanti all’interno del negozio Apple Store Opera, o in qualsiasi altro negozio situato in Francia, senza violenza né degradazione e senza blocco all’accesso della clientela, non può caratterizzare un danno imminente giustificando di limitare il diritto alla libertà di espressione e alla libertà di manifestazione dei militanti dell’associazione Attac, che agivano conformemente agli statuti dell’associazione e nel quadro di una campagna di interesse generale sul pagamento delle tasse e l’evasione fiscale.”
Certo, si tratta solo di una sentenza, e la strada è ancora lunga per cambiare la rotta in materia di politiche fiscali, ma di sicuro Attac France ha dato un bell’esempio e portato al centro dell’attenzione un tema di cui si parla ancora troppo poco in Europa.