Ventimiglia sulla via negata dei migranti

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Pubblichiamo da oggi una rassegna di articoli inviati dalle tante realtà di movimento per una Società della Cura. Iniziamo da Attac, con un intervento di Mauro Giampaoli da Ventimiglia.

di Mauro Giampaoli (Attac Imperia)

A Ventimiglia, che è da sempre terra di frontiera, dalla preistoria  – come testimoniano i siti archeologici dei Balzi Rossi – fino ai giorni nostri, su quegli stessi scogli della protesta del 2015, continua a venire negato il diritto di passaggio. Con la “benedizione” delle istituzioni europee, ormai da sette anni la Francia mantiene i controlli ai confini interni per dichiarate “ragioni di sicurezza”, nonostante il periodo massimo consentito da Schengen sia di 24 mesi. La militarizzazione della frontiera rende più complesso il transito delle persone: nel 2021 i respingimenti sono stati 24 mila e in aumento rispetto il 2020 (v. reportage di Altreconomia).

In treno, in camion o a piedi sono le diverse possibilità per attraversare il confine, percorrendo strade alternative, soprattutto quando i controlli vengono distolti, per il mercato di Ventimiglia o per la partita di calcio del Nizza. E allora i passeur restano l’ultima speranza per i migranti, ma un passaggio in macchina per pochi chilometri arriva a costare anche 300 euro. Oppure per un sentiero che si inerpica sul crinale di Grimaldi, tristemente ribattezzato il “passo della morte”.

Purtroppo i drammi umani, che avvengano in autostrada, sul pantografo di un treno o in una scarpata, si susseguono a fasi alterne, quasi fosse la normalità. La città di Ventimiglia non si è mai adattata a quello che è il transito delle persone, considerando la migrazione sempre come fenomeno emergenziale. Si pensa che l’unico modo per affrontare la situazione sia incrementare la presenza delle forze dell’ordine. Ai respingimenti e alle difficoltà di vita quotidiana si somma il mancato rispetto degli standard minimi igienici e sanitari, come testimonia il dossier dell’Osservatorio sui Diritti Umani sui dimenticati della pandemia.  Si riparla allora di riaprire un centro lontano dalla città, un campo o poco più di prima necessità, il più possibile nascosto agli occhi degli abitanti o dei turisti.

Ma Ventimiglia è anche il luogo dove trovano spazio pratiche di umanità e mutualismo da parte di cittadin*, solidali, associazioni, come il Progetto 20K o Popoli in Arte, che quotidianamente perseguono un lavoro efficace, silenzioso e capillare.

Non sorprende, anche se forse dovrebbe, la bella risposta di accoglienza riservata invece ai profugh* ucraini, anche dal ponente. Evidentemente il trattamento dei rifugiat*, che dovrebbe essere garantito per chiunque fugga da una situazione di pericolo, a prescindere delle proprie origini, viene sottoposto a una valutazione selettiva, per interessi, grado di istruzione e colore della carnagione.

Foto: “4/10_09_2017 Refugiados atrapados en Ventimiglia_Bru Aguiló (17)” di Fotomovimiento (CC BY-NC-ND 2.0).

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 50 di Giugno-Luglio 2022: “Guerra e migranti, guerra ai migranti

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