di Vincenzo Miliucci
Per l’acqua bene comune siamo al “momento della verità”.
Il paradigma “si scrive acqua, si legge democrazia”, in chiave istituzionale sta facendo emergere in sede legiferante le contraddizioni del M5S che l’ha sostenuta e sul piano sociale quelle di Cgil, Fiom, Arci che pure vi avevano aderito.
Sotto il fuoco incrociato di banche-finanza-corporazioni, nonché dell’alleata Lega, il M5S sembra smarrirsi, non reggere la “prima stella e le altre del loro vessillo”. Prevale la “ragion di governo”, che va modificando nettamente i loro principi ispiratori, la trasparenza e la democrazia nelle decisioni.
Si saziano di “accordicchi contrattuali” pur di rimanere al governo, ed andrà sempre peggio stante l’uso che di questo operare ne fa la Lega.
Stiano bene a sentire gli M5S, “se la legge sull’acqua in discussione alla Camera, al voto non sarà conforme alla nostra di Iniziativa Popolare, IL FORUM LA RIPUDIERA’, sconfessando l’ipocrisia e il vassallaggio degli M5S”.
Peraltro, è vergognoso che la Cgil non abbia preso parola, lasciando fare lo “sciopero delle categorie acqua-luce-gas-petrolchimici contro la Legge per l’acqua pubblica, perché danneggia le aziende e l’occupazione”. Un falso spudorato, “mentendo sapendo di mentire”, ben conoscendo l’aumento di occupazione con l’avvento dell’Azienda Pubblica ABC a Napoli, e viceversa le difficoltà occupazionali e il precariato diffuso nelle aziende divenute “miste, private, multiutility” dopo l’egregio servizio svolto dalle ex Municipalizzate.
Complicità corporative tra OO.SS e padronato che si sono riviste in piazza, per ultimo lo sciopero degli edili il 15 marzo, e ribadite ai tavoli governativi da Landini, Furlan, Barbagallo, “sull’urgenza di sbloccare i cantieri Tav, Tav 3°Valico, Pedemontana, Trivellazioni … cementificazioni e giravolte”. Opere per lo più dannose e inutili, contro cui lottano le popolari resistenze territoriali e la cittadinanza attiva, nonché i giovanissimi/e della “leva 15 marzo”, che si sono mobilitati/e per la ” marcia sul clima e contro le grandi opere” del 23 marzo a Roma.
La sfida legislativa non è l’ultima risorsa-frontiera del Forum Acqua Bene Comune.
Stiamo continuando ad operare, pur in difficoltà rispetto all’epica vittoria del referendum 2011, affinchè sui territori non si deroghi dal conquistare la “ripubblicizzazione dell’acqua”- vedi le vertenze aperte a Padova, Arezzo, Terni, Brescia, Lamezia Terme, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia – incalzando le realtà sociali, sindacali, ambientali, politiche, a tener fede alla volontà popolare degli oltre 27 milioni che si sono espressi “per l’acqua pubblica”. Disattendere quel mandato, significa prendere a calci la Costituzione!
Tanto da permettere ai sovranisti salviniani e fascisti di aggredire la Carta fondatrice della Repubblica, vista la belluinità insignificante e inadempiente, se non complice, della presunta opposizione di centrosinistra. Ne fa testo il diktat del ” regionalismo differenziato”, ovvero la strada camuffata della Padania per separarsi dalla solidarietà repubblicana, “la secessione dei ricchi”, che intanto pretende l’attribuzione alle Regioni “Padane” lo status di Regioni Speciali (con più poteri delle 5 regioni storiche) rendendo così incolmabile il divario tra Nord e Sud, ed in più impedendo l’emigrazione interna, vedi concorsi e occupazione validi solo per “lombardi, veneti, alto atesini …”.
Per quanto riguarda l’acqua, significa “lasciar decidere ai territori la forma di gestione (privata, mista, in-house, pubblica)”, come pretendono la Lega e la multinazionale Veolia.
Un disastro, che andrebbe ad aggiungersi ai disastri cui hanno contribuito le varie multinazionali e multiutility in Italia, dal Pontino all’Agro Sarnese, in Toscana come nel Vicentino.
Il cambiamento climatico, dovuto soprattutto alle attività profit del sistema capitalistico, l’accentuata siccità che desertifica quote crescenti di terreno agricolo e distrugge la biodiversità (il top già nel 2018, e il 2019 sarà peggio), il permanente dissesto idrogeologico su cui insistono alluvioni, incendi (spesso dolosi), terremoti impediscono la normale ricarica delle acque superficiali e di falda, provocando la scarsità e il razionamento dell’acqua potabile.
A ciò si aggiungono le perdite di acquedotto e condutture (media 42%) dovute sì alla vetustà delle reti, ma anche alla volontà del gestore (privato, misto, in house) di non prevedere-programmare con risorse adeguate il progressivo rinnovamento. L’attività prevalente di costoro è la redistribuzione dei dividendi ai soci, mentre il servizio e gli utenti possono attendere!
Solo una gestione pubblico-partecipata può assicurare l’esclusività del bene comune sostenuta dal contributo della fiscalità generale (nazionale, regionale, CdP, Fondo ad hoc e altro) che, invece, tutto fa e sperpera (vedi ultimo scandalo Blutec, ex Fiat Termini Imerese), tranne risanare acquedotti, garantire acqua salubre, ospedali, case, scuole, tranne rinfrastrutturare l’Appennino e le Isole.
Alzati cielo! Una levata di scudi contro la gestione pubblica dell’acqua.
Passi per Utilitalia, per multinazionali, multiutility, banche, finanziarie… che fanno il loro mestiere. Ma che c’entrano i sindacati, le associazioni dei consumatori e i media non omologati ?! Tutti in coro nello sparare balle sui costi: 22, 20, minimo 18 miliardi di euro, il costo della ripubblicizzazione! Notizie false e tendenziose, solo per imbrogliare l’opinione pubblica, quando il costo previsto è intorno a 2 miliardi!
Notizie buttate lì solo per impedire che si faccia dell’acqua un bene umano fondamentale, sottratto al mercato, così come hanno già fatto in Europa le grandi città (Parigi, Berlino, Barcellona) e vari Stati, tra cui Uruguay e Bolivia, che hanno inserito in Costituzione il bene primario e universale dell’acqua.
Falsità distribuite a piene mani, quando si racconta che “l’Acqua è già pubblica, perchè acquedotti-tubi-sorgenti, sono già in mano pubblica… la gestione è altra cosa e più efficiente se in mano privata…”.
Invece è vero il contrario, la gestione è decisiva, visto che sfrutta l’infrastruttura per imporre disegni speculativi e geopolitici, come accadde in Bolivia, con la rivolta dell’acqua a Cochabamba contro la multinazionale statunitense Bechtel.
Il 22 marzo, giornata mondiale dell’Acqua, ha visto l’impegno degli acquaioli in vari territori, che si sono poi ritrovati “in piazza grande” a Roma il 23 marzo per condividere la rivolta popolare-globale contro la distruzione del pianeta, con l’ambizione di contribuire alla sua salvaguardia agendo uniti/e dal basso per cambiare il sistema, per un nuovo mondo possibile.
Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 39 di Marzo – Aprile 2019. “Si scrive acqua, si legge democrazia“