Riprendiamoci il Comune: l’esperienza genovese

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a cura di Pino Cosentino

Il contesto

Sabato 6 febbraio, con un’assemblea pubblica, è partita ufficialmente la campagna per raccogliere le duemila firme necessarie alla presentazione di delibere di iniziativa popolare, così come previsto dallo Statuto del Comune di Genova. Ne proponiamo tre (il massimo consentito dallo Statuto comunale), aventi come oggetto una Carta dei diritti civici genovesi, la proibizione di privatizzare aziende che erogano servizi essenziali, l’avvio di un percorso per la ripubblicizzazione del servizio idrico. 

Attualmente i soggetti proponenti sono nove: Attac – Genova, Associazione Comitato Acquasola, Comitato Acqua Bene Comune – Genova, Comitato per la protezione del Bosco Pelato, Comitato contro la cementificazione di Terralba, Comitato Gestione Corretta Rifiuti – Genova, Gruppo per la riqualificazione dell’ex mercato di Corso Sardegna, Associazione Amici di Ponte Carrega, Medici per l’Ambiente Liguria. Le associazioni e i comitati legati a un quartiere e/o un obiettivo specifico sono sei; di queste, quattro sono ubicate in una delle due principali vallate che fanno di Genova una stretta striscia costiera con due corna. E’ la vallata del torrente Bisagno, il responsabile delle mortifere alluvioni che anche recentemente hanno funestato questa città. 

 

Le formalità per questo tipo di iniziativa sono minime: i promotori delle delibere devono essere 2.000 residenti (anche stranieri) che abbiano compiuto almeno 16 anni. Non ci sono scadenze, i moduli con le firme dei promotori non vanno vidimati e non occorre autenticazione.

Le prossime elezioni comunali si svolgeranno nel maggio dell’anno prossimo, perciò bisogna prestare attenzione ai tempi, se si vuole che le delibere di iniziativa popolare siano discusse in questo Consiglio Comunale.

Per ora prevediamo banchetti in val Bisagno, Centro e val Polcevera, che comprendono 287.000 abitanti, poco meno della metà dei genovesi.

I Contenuti
La prima delibera riguarda la trasparenza del bilancio comunale e la determinazione condivisa dei livelli minimi dei servizi cui i cittadini hanno diritto (quando possibile, con quantificazione pro capite dei livelli minimi, ad es. quanti mq di verde pubblico a testa, quanti metri lineari di spiaggia libera attrezzata, quanti km di linee di trasporto pubblico… ecc). Questo a livello di ciascuno dei 9 Municipi in cui è divisa la città. L’intenzione è di rendere effettivo il concetto di trasparenza, che non è solo pubblicità e semplificazione dei dati, ma anche spostamento del punto di vista dall’amministrazione al cittadino, o la comunità di riferimento, in modo che ciascuno possa tradurre una cifra (lo standard) in effetto nella vita reale.

E qui inserisco una nota personale: le comunità di riferimento potrebbero essere, nel caso genovese, non i 9 Municipi, troppo grandi (mediamente 67.000 abitanti), e neppure le 25 ex Circoscrizioni, ancora troppo grandi (24.000 ab. in media), ma le 71 unità urbanistiche (8.000 ab. in media), censite e delimitate.

La seconda delibera proibisce al Comune di vendere azioni di società proprie che erogano servizi essenziali (secondo la definizione di “servizi essenziali” che si trova nella legge 146 del 1990), impone la trasformazione di quelle interamente di proprietà comunale in aziende speciali, prescrive l’uso gratuito dei mezzi pubblici e altro ancora.

La terza delibera riguarda il Servizio Idrico. Non potendo realizzare un’immediata pubblicizzazione, si impone al Comune di sostenere, in sede di Assemblea dei sindaci dell’ATO, il consolidamento dei prospetti contabili dei sei gestori operativi dell’ATO genovese, spacchettati (unbundling) dalle altre attività secondo le direttive da poco approvate da AEEGSI, e di rendere pubblico il risultato, in modo da disporre di un quadro completo e totalmente pertinente della gestione del SII e dei suoi risultati economici. Si dispone quindi che il Comune, sempre in sede di ATO, sostenga una serie di misure intese a un controllo rigoroso degli obblighi dei gestori.

Considerazioni finali
Siamo alla metà del percorso, ora vedremo la risposta dei cittadini. Faremo banchetti stradali, ma, poiché non occorre l’autenticazione delle firme, anche riunioni familiari, amicali, cene, merende, circolazione di moduli in ambienti lavorativi ecc. Saranno importanti i riscontri che riceveremo dalle persone contattate, che saranno tenuti, tutti, in seria considerazione. Potremmo abbinare la raccolta di firme con il questionario che faremo come Memorie del Bisagno, un’altra iniziativa che vede impegnata attac Genova con altri movimenti della vallata.

Oltre allo scopo dichiarato (portare le delibere all’approvazione del Consiglio Comunale), riteniamo fondamentale fare tessuto sociale. Permettere alle persone di uscire dall’isolamento, rafforzare i movimenti, allargare l’organizzazione, stabilire nuovi rapporti permanenti.

Genova, 9 febbraio 2016

P. S. Ho evitato di usare espressioni in inglese, che ho sempre tradotto in italiano. Debbo ringraziare per questo gli attacchini di Grosseto.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 23 di Gennaio-Febbraio 2016 “Verso una Nuova Finanza Pubblica e Sociale: Comune per Comune, riprendiamo quel che ci appartiene!.