Per la ripubblicizzazione dell’acqua. Per una nuova alleanza sociale, per la giustizia ambientale e i beni comuni

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di Corrado Oddi – Forum italiano Movimenti per l’Acqua

Nell’arco degli ultimi mesi, per la seconda volta, viene annunciato che la proposta di legge per la ripubblicizzazione del servizio idrico andrà in discussione in Aula alla Camera dei Deputati il prossimo 29 aprile, dopo il rinvio della prima data, fissata per il 25 marzo (n.d.r. La discussione in Aula è stata ulteriormente rinviata). Sono passati 12 anni da quando, nel 2007, il Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua promosse la proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione del servizio idrico, su cui raccogliemmo più di 400.000 firme. Da quel momento siamo passati attraverso la straordinaria vittoria referendaria del 2011, volutamente disattesa, e dalla riproposizione di quel testo, nelle passate legislature assunto dall’Inter-gruppo parlamentare dell’acqua pubblica e, in questa legislatura, dall’On. Daga del M5S.

In realtà, è più che legittimo nutrire fondati dubbi sul fatto che si voglia procedere seriamente all’approvazione di questo testo. Infatti, si è subito aperta una dinamica volta ad osteggiarlo, in particolare da parte dell’Associazione delle imprese Utilitalia e della stessa Lega. Utilitalia, spalleggiata da significativi centri di ricerca, interviene con una campagna per cui la ripubblicizzazione del servizio idrico comporterebbe costi abnormi: si parla di circa 23 miliardi di euro, tra costi una tantum e costi permanenti. Queste stime, da una parte conteggiano voci inesistenti o gonfiate, e, dall’altra, ignorano volutamente la necessità di mettere in campo risorse pubbliche essenziali se si vogliono affrontare questioni strutturali, come quella relativa agli interventi per ridurre le forti perdite della rete idrica, che la gestione privatistica non intende e può affrontare.

Per fare un esempio, REF Ricerche, “autorevole” centro studi sostenuto da Utilitatis-Utilitalia, sostiene che la ripubblicizzazione comporterà, come uno dei costi una-tantum, l’esborso di circa 10 mld. di euro per ripagare lo stock di debito contratto dagli attuali gestori nei confronti del sistema bancario e degli investitori terzi, facendo finta di non sapere che le trasformazioni societarie, come da noi previste, da SpA miste o pubbliche ad Aziende speciali, non modificano la posizione debitoria dei gestori e, dunque, non implicano il fatto di dover rientrare dal debito in termini immediati. In realtà l’unico costo, che, peraltro ha un carattere una-tantum secondo la logica di natura politica e costituzionale che ci ispira e che muove dall’applicazione dell’art. 43 della Costituzione, è quello legato alla riacquisizione delle quote societarie possedute da soggetti privati, che può essere stimato, in termini approssimativi, in circa 2 mld. di euro. Un esborso assolutamente affrontabile, soprattutto nel caso, da noi ipotizzato, di intervento della Cassa Depositi e Prestiti che, per dare un’idea, ha distribuito dividendi nel 2018 per circa1,34 mld. di euro (dopo che nel 2017 essi sono ammontati a circa 1 mld e nel 2016 a 850 mil) e che recentemente ha presentato un piano industriale pari a circa 200 mld. di euro, di cui 25 a favore degli Enti locali, per finanziare investimenti in infrastrutture.Oppure se si considera che il servizio idrico produce profitti annui per circa 700 milioni di euro, e che, nel momento in cui la ripubblicizzazione fosse realmente realizzata, il suo “costo” sarebbe recuperato nell’arco di un triennio.  

La Lega di Salvini, dal canto suo ha presentato una serie di emendamenti che  vanno verso un pesante stravolgimento della proposta di legge: si ripropone infatti la possibilità di diverse forme di gestione, anche quelle private o miste pubblico-private, e si fissa che le attuali concessioni possano giungere a scadenza naturale, rinviando a tempi storici l’eventuale processo di ripubblicizzazione (basta pensare, ad esempio, che la scadenza della concessione ad ACEA a Roma arriva al 2032!).

E’ evidente che non solo questi stravolgimenti sarebbero inaccettabili, ma anche che lo stesso testo conclusivo della legge non può sostanzialmente distaccarsi dalla proposta di legge presentata inizialmente. Da questo punto di vista, non si avverte da parte del M5S la necessaria determinazione a tener ferma quest’impostazione, stretto com’è in una progressiva subalternità alla trazione leghista del governo.

Ma, al di là della questione fondamentale dei costi e dei benefici della ripubblicizzazione, non si può non sottolineare che la decisione che l’acqua è bene comune e che il servizio idrico deve essere pubblico è stata già presa con il pronunciamento referendario della maggioranza dei cittadini/e nel giugno 2011. Continuare a non rispettarne l’esito non solo significa evidenziare l’esistenza di una grande questione democratica aperta nel Paese, ma pone un serio interrogativo a quelle forze che insistono nel dire che governano “in nome del popolo”. Dal canto nostro, continueremo con le iniziative di pressione e mobilitazione, a livello nazionale e territoriale, affinchè la proposta di legge venga approvata rispettando la sostanza del testo presentato.

Vale peraltro la pena di alzare un po’ lo sguardo, anche al di là dell’esito di questa fase di discussione relativa alla legge sulla ripubblicizzazione, provando a fissare almeno due punti fermi per il nostro lavoro e la nostra collocazione come movimento per l’acqua pubblica.

Il primo riguarda una riflessione sul ruolo e la “natura” del M5S. Anche le vicende sulla nostra proposta di legge e, più in generale, le scelte compiute nell’esperienza di governo, penso ci devono far trarre un giudizio pressochè definitivo sul fatto che il M5S è sempre più inadeguato a rappresentare un’alternativa rispetto alle politiche di “neoliberismo sovranista”, che sono la vera cifra dell’attuale compagine di governo. E che questo sempre meno può essere visto, da parte nostra, come interlocutore credibile.

Il dato di fondo è che la parola d’ordine “onestà e parziale redistribuzione del reddito” non possono supplire ad un pensiero, inesistente all’interno del M5S, sulla profondità della crisi economica e sociale del Paese e sulla necessità di mettere in campo un paradigma alternativo del modello produttivo e sociale per fronteggiarla, finendo così per lasciare spazi ad una destra regressiva e neofascista che, a sua volta, non ha ricette convincenti rispetto alla crisi, ma riesce a sfruttare le paure e le insicurezze che questa genera.

La seconda riflessione riguarda noi, il movimento per l’acqua. Qui intendo proporre solo il titolo della riflessione che, per certi aspetti, abbiamo già compiuto, ma che va ulteriormente approfondita e sviluppata. Il movimento per l’acqua oggi non ha certamente più il ruolo propulsivo e di aggregazione attorno a sé di tante forze che abbiamo conosciuto nella vicenda referendaria del 2010-2011, ma mantiene ancora una persistenza e, soprattutto, continua ad essere portatore di senso rispetto alla tematica fondamentale dei beni comuni. Nello stesso tempo, è sempre più evidente che la questione del cambiamento climatico, della giustizia ambientale, della salvaguardia della vita sul pianeta – come testimoniato dalla straordinaria manifestazione nazionale del 23 marzo –  costituiscono, da una parte, un tema su cui è possibile far convergere un vasto arco di movimenti sociali, territoriali e nazionali e, dall’altra, una base forte per dar vita ad un pensiero e ad un’iniziativa di largo respiro, potenzialmente alternativa all’attuale modello produttivo, sociale e culturale.

Detto in altri termini, mi pare che si possa iscrivere all’ordine del giorno l’impegno per costruire una grande “alleanza sociale per la giustizia climatica e per i beni comuni”. Può dunque essere utile ragionare collettivamente e in modo ampio in proposito.

 Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 39 di Marzo – Aprile 2019. “Si scrive acqua, si legge democrazia

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