di Marco Schiaffino
Dopo 82 giorni di stallo, il presidente della repubblica (tutti i minuscoli e maiuscoli in questo articolo sono voluti) Sergio Mattarella ha ufficialmente optato per l’eutanasia nei confronti della XVIII legislatura della repubblica italiana, affidando l’esecuzione a un governo “tecnico” affidato a Carlo Cottarelli. Lo ha fatto aprendo uno scontro istituzionale senza precedenti, che avrà almeno due conseguenze pesantissime.
La prima riguarda la (definitiva) perdita di credibilità di un’istituzione, la presidenza della repubblica, che in questa occasione ha decisamente esercitato le sue cosiddette “prerogative” ben oltre i confini della Costituzione. Il rifiuto di nominare un ministro (Paolo Savona) sulla base della linea politica che potrebbe esprimere, infatti, non ha precedenti e apre scenari piuttosto inquietanti. Soprattutto se si considerano le parole di Mattarella, che ha espressamente giustificato il suo niet sulla base del rischio di ripercussioni economiche e finanziarie.
“L’incertezza sulla nostra posizione nell’euro ha posto in allarme gli investitori e i risparmiatori, italiani e stranieri, che hanno investito nei nostri titoli di Stato e nelle nostre aziende. L’impennata dello spread, giorno dopo giorno, aumenta il nostro debito pubblico e riduce le possibilità di spesa dello Stato per nuovi interventi sociali. Le perdite in borsa, giorno dopo giorno, bruciano risorse e risparmi delle nostre aziende e di chi vi ha investito. E configurano rischi concreti per i risparmi dei nostri concittadini e per le famiglie italiane. Occorre fare attenzione anche al pericolo di forti aumenti degli interessi per i mutui, e per i finanziamenti alle aziende. In tanti ricordiamo quando – prima dell’Unione Monetaria Europea – gli interessi bancari sfioravano il 20 per cento. È mio dovere, nello svolgere il compito di nomina dei ministri – che mi affida la Costituzione – essere attento alla tutela dei risparmi degli italiani”.
Insomma: con la sua forzatura Mattarella fissa nero su bianco il principio per cui il volere dei mercati viene prima della volontà politica degli uomini e delle donne che vivono in questo paese. Qualcosa che difficilmente poteva avere cittadinanza nelle menti dei membri della costituente quando hanno fissato le prerogative del capo dello stato all’interno della Carta e che trasforma il nostro paese in una repubblica a democrazia ridotta. Il messaggio, in pratica, è “fate quello che volete ma non mettete in discussione il mercato”. Una metamorfosi niente male per una Costituzione che è sempre stata considerata come un modello di riferimento in Europa e nel mondo.
La seconda conseguenza della sciagurata azione del quirinale è che, da oggi, Lega e M5S rischiano di ottenere ciò che desiderano da sempre: passare agli occhi dell’opinione pubblica come i veri oppositori alle politiche di austerity. E questo nonostante il loro programma nasconda (ma nemmeno tanto) una ulteriore accelerazione sulla via dell’applicazione delle stesse politiche liberiste che hanno condotto all’attuale crisi. Confondere il sovranismo con l’anti-liberismo è un errore (o una malizia) che può costare caro. E se il giochetto non ha senso quando si parla di Donald Trump, ne ha ancor meno guardando all’ipotetico governo giallo-verde.
Tutte le proposte all’interno del famigerato “contratto”, infatti, non si discostano poi molto dalle linee ultra-liberiste suggerite dai fan del libero mercato che Di Maio e Salvini sostengono di avversare. Partendo dalla flat tax, terribilmente simile alla riforma fiscale promossa da Trump, per passare al cosiddetto “reddito di cittadinanza” (in realtà un sussidio di disoccupazione identico a quelli usati da Regno Unito e altri paesi nordeuropei) non c’è niente che modifichi strutturalmente la politica economica del paese. Anche i simulacri di reintroduzione di una qualche forma di protezione sociale (come la promessa di abolire la riforma Fornero) nascondono dietro l’appeal populista il tranello di una copertura che il contestato Paolo Savona avrebbe individuato nella privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, vecchio cavallo di battaglia di tutti i governi che si sono susseguiti negli ultimi 30 anni.
La prospettiva che ci regalano Mattarella e i suoi fan, quindi, è quella di vivere un’estate in balìa di un governo gradito ai mercati (Cottarelli è un prodotto del Fondo Monetario Internazionale) per arrivare a un autunno in cui le elezioni non potranno dare altro risultato che l’avanzamento dei nuovi liberisti in salsa sovranista, che una volta al governo continueranno imperterriti nell’opera di smantellamento dei diritti in nome del mercato. Con l’aggiunta, magari, di qualche “perla” a sfondo razzista per rassicurare i loro elettori sul fatto che per loro vengono “prima gli italiani”. Ottimo lavoro, presidente.
Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 34 di Maggio – Giugno 2018: “L’epoca del rancore. Nuove destre e nuovi razzismi“