Le mani della finanza sulla città? FICO!

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di Marco Bersani

Viviamo nell’epoca in cui il capitalismo finanziario ha posato le mani sulla città, rimodellando lo spazio urbano nel suo complesso e ben oltre lo stretto settore abitativo, al fine di ridisegnare tutti gli spazi pubblici e privati destinati a scopi ricreativi, commerciali e sociali.

Secondo questa logica, la città non è più il luogo dove le persone abitano, lavorano, si incontrano, ma diventa uno spazio dell’immaginario collettivo, artificialmente costruito per essere messo al servizio degli interessi finanziari.

Quale miglior esempio dell’ascesa e caduta di FICO (Fabbrica Italiana Contadina), realizzata da Eataly World e dal suo mentore Oscar Farinetti nella città di Bologna?

Ha colto tutti di sorpresa l’annuncio della prossima chiusura di quella che era la più grande area espositiva mondiale dell’agro-alimentare, la “Disneyland del cibo”, come amava definirla Farinetti: oltre 100mila metri quadrati del valore di 55 milioni di euro alla periferia nord-est di Bologna, ceduti dal Comune di Bologna in comodato gratuito e senza gara per 40 anni al “visionario” del cibo, sponsorizzato dall’allora premier Matteo Renzi (peraltro prontamente scaricato una volta caduto in disgrazia).

Ora scorre a fiumi l’indignazione delle istituzioni locali, dei sindacati, della Coop che lo ha abbondantemente finanziato; pochi hanno il coraggio di ricordare come non solo ne hanno accolto a braccia aperte la “visione”, ma hanno messo a disposizione territorio, infrastrutture e risorse economiche per un progetto che li ha folgorati seduta stante.

Fico sarà la porta d’ingresso di Bologna e sarà il trampolino per un salto in avanti nel turismo non solo della città, ma di tutta l’Emilia Romagna e del sistema Paese in generale” così pontificava l’allora Sindaco Pd di Bologna, Virginio Merola.

“Fico non sarà né un centro commerciale, né una Disneyworld, mi piace pensare a una nuova bottega rinascimentale” così chiosava Tiziana Primori del colosso Coop Adriatica.

Sono passati sei anni e la bolla è puntualmente scoppiata.

A partire dall’immaginario: perché mai le persone di un paese come l’Italia avrebbero dovuto sobbarcarsi un viaggio per andare nella periferia di Bologna a gustare piatti costosi che possono tranquillamente trovare se non a casa propria, andando a trovare la nonna o accomodandosi nella trattoria del quartiere? Secondo Farinetti -e secondo il Comune di Bologna che ha dato per assodate tutte le sue cifre- avrebbero dovuto farlo tra i 5 e 10 milioni di persone, ovvero tra il 10 e il 20% dell’intera popolazione italiana! Senza contare altri milioni di turisti stranieri che tra una visita a Venezia e una a Firenze avrebbero senz’altro incluso una tappa a FICO per rifocillarsi…

Con buona pace dei visionari, nulla di tutto questo è successo e ora FICO chiude.

Anzi no, rilancia…è già pronto la nuova narrazione, dalle parole dell’incantatore di serpenti: “Si chiamerà Grand Tour Italia e rappresenterà il viaggio nell’Italia e nelle regioni: si entrerà in Val d’Aosta, si uscirà dalla Sicilia e dalla Sardegna passando in mezzo a tutte le regioni italiane. Racconteremo la biodiversità italiana, con le osterie provenienti dal mondo Slow Food che cambieranno tutti i mesi, grandi aree didattiche, regioni che porteranno lì le loro feste locali e folkloristiche… sarà una cosa strepitosa, bellissima”.

Farinetti naturalmente fa il suo mestiere e suona il piffero in piazza Maggiore a Bologna. E’ troppo chiedere agli amministratori locali, ai sindacati e alla Coop di uscire dall’ipnosi e iniziare a ragionare sul senso profondo dell’abitare una città e vivere dentro una comunità territoriale?

Immagine: Wikimedia Commons

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