La finanziarizzazione dei servizi pubblici: il caso A2A

Condividi:

Loading

di Duccio Facchini (rivista Altreconomia)

Il “caso A2A” è emblematico di come funziona la finanziarizzazione dei servizi pubblici, chi ne beneficia e perché. I tempi sono maturi per un bilancio: sono infatti trascorsi 15 anni tondi dalla sua nascita, frutto della fusione tra le due ex società municipalizzate Aem, della città di Milano, e Asm, di Brescia, sancita il primo gennaio 2008, e della conseguente quotazione in Borsa.

I due principali azionisti della società sono pubblici, cioè il Comune di Milano e quello di Brescia, con il 25% a testa delle quote. Il restante 50% del capitale è in mano al mercato e tra i soci privati spiccano anche grandi fondi esteri come BlackRock, Vanguard, M&G o propaggini di banche commerciali come JPMorgan o BNP Paribas.

Come abbiamo raccontato sul numero di gennaio 2023 di Altreconomia, A2A non è più una vicenda “solo” lombarda: è infatti il primo operatore in Italia per tonnellate di rifiuti urbani trattati e inceneriti (da Brescia ad Acerra, da Bergamo a Milano, fino ad arrivare al forno di Corteolona, in provincia di Pavia), per volumetria di acqua riscaldata nelle reti urbane di teleriscaldamento (Milano, Sesto San Giovanni, Novate, Cassano d’Adda, Brescia, Bovezzo, Concesio, Bergamo e Varese), ma anche come secondo operatore per energia elettrica distribuita e per capacità installata da fonti di energia rinnovabili. È al nono posto per quota di popolazione servita nel ciclo idrico integrato e al quarto per energia elettrica venduta. Alla guida di A2A ci sono Marco Patuano, presidente (già ad di Telecom Italia, Edizione Holding della famiglia Benetton, nel cda dell’Ac Milan fino al 2022), e Renato Mazzoncini, amministratore delegato e direttore generale (già ad del Gruppo Ferrovie dello Stato).

Nella prima metà del 2022 la società ha registrato a livello consolidato ricavi per circa 9,8 miliardi di euro. Erano 4,1 miliardi nello stesso periodo del 2021. L’esplosione dei fatturati rispetto al 2021 (+140%) è dovuta principalmente al “generalizzato incremento dello scenario energetico”, per usare le parole della multiutility. Tradotto: all’aumento speculativo dei prezzi sui mercati energetici all’ingrosso e su quelli retail di elettricità, gas e calore. Gli “extra-profitti”.

Non è questa la sede per analizzare nel dettaglio il “modello” industriale di A2A, che si propone come “Life company”, e misurare il concreto “cambio di prospettiva” verso la transizione energetica e l’economia circolare pubblicizzato in ogni dove -per questo si rimanda all’inchiesta di Altreconomia-. Ci si limita qui solo a sottolineare che basta la semplice lettura dei bilanci e delle relazioni finanziarie della stessa società per osservare quanto sia ancora saldamente fossile il modo di fare impresa di A2A. Ne è l’esempio la sua produzione netta di energia elettrica, il principale business della società, che per l’80% deriva ancora nel 2022 da centrali termoelettriche, soprattutto a gas. Per non parlare del primato di A2A in Italia in termini di generazione da prodotti petroliferi.

Torniamo però al bilancio dell’operazione finanziaria di A2A e della sua “vita” in Borsa, per provare a rispondere alla domanda “Chi ci ha guadagnato?”. Una documentata risposta la fornisce Remo Valsecchi, che per oltre quarant’anni ha svolto l’attività di commercialista, revisore legale e consulente del lavoro. Per seguire il suo ragionamento è necessario fare un salto indietro alla fine degli anni Novanta. “È in quell’epoca che venne infatti incentivata la trasformazione delle vecchie municipalizzate in società per azioni, anche con consistenti agevolazioni fiscali -ci ha spiegato Valsecchi-. Nacquero così tutte le società pubbliche di gestione dei servizi e tra queste anche Asm di Brescia, Aem di Milano e Amsa holding, che nel 2007 avviarono come detto una fusione per incorporazione in Aem che si perfezionò il primo gennaio 2008, assumendo la ragione sociale di A2A Spa”.

Parlano i dati. “Fino almeno al 2016 i dividendi staccati da A2A sono quasi sempre stati superiori al risultato dell’esercizio, che in varie occasioni è stato anche negativo. Eppure i dividendi sono stati distribuiti comunque e hanno assorbito le risorse finanziarie prodotte e parte delle riserve”. Sommando i dividendi che A2A ha pagato ai propri azionisti dal momento della fusione alla fine del 2021 si ottiene la cifra di 2,9 miliardi di euro. “Le società di gestione dei servizi pubblici hanno subìto un processo di privatizzazione motivato dalla necessità di maggiori investimenti, migliori servizi e minori costi per gli utenti -ancora Valsecchi-. Eppure la consistente distribuzione di dividendi talvolta anche superiore agli utili realizzati dimostra l’esatto contrario”.

A che cosa servono allora i finanziamenti, anche consistenti, che A2A contrae ogni anno? Per rispondere alla domanda Valsecchi si è riferito all’ultimo rendiconto finanziario relativo al 2021. Quell’anno la società ha contratto nuovi finanziamenti per 1,1 miliardi di euro. “Oltre 530,5 milioni sono serviti a rimborsare le rate dei finanziamenti in corso, 108,7 milioni per l’acquisto di azioni proprie, quasi 250 milioni per pagare i dividendi e nemmeno 46 milioni di euro, le briciole, per finanziare nuovi investimenti, quelli cioè non finanziati dai costi dell’utenza in bolletta”. Eccola qui quella che Valsecchi chiama la “logica delle multiutility quotate in Borsa”. A2A, che ha risposto al nostro articolo su Altreconomia, non ha smentito questa lettura, limitandosi ad affermare che “nel 2021 il Gruppo ha registrato investimenti record di oltre 1 miliardo di euro (1,7 miliardi di euro se si considerano anche le operazioni M&A, non proprio “briciole”)”. M&A significa nuove fusioni e acquisizioni, evidentemente ritenute al pari degli investimenti.

“Si è pensato in questo modo di finanziare le attività dei Comuni azionisti attraverso la cessione di parte delle azioni al mercato e ai privati, oltre alla partecipazione per circa il 50% dei dividendi distribuiti negli anni -è la riflessione di Valsecchi-. C’è però un piccolo particolare: tutte queste entrate per i Comuni, che non hanno prodotto a mio parere alcun beneficio per la società, sono state prelevate dalle tasche degli utenti, cioè dei cittadini degli stessi Comuni soci. Perché non si è scelto di promuovere il benessere delle persone e dei territori con servizi qualificati e meno onerosi in bolletta, magari eliminando i dividendi e le fantasiose operazioni finanziarie che ho osservato e descritto?”.

La “logica delle multiutility quotate in Borsa” si incrocia con il taglio dei trasferimenti da parte dello Stato agli enti locali negli ultimi dieci anni. Lo sa bene Corrado Conti, esperto di finanza pubblica, già dirigente al Bilancio della Provincia di Lecco, membro di Attac Italia (attac-italia.org) e tra i promotori della campagna “Riprendiamoci il Comune” al centro di questo numero di Granello di Sabbia. “I dividendi delle società partecipate non possono condizionare in alcun modo l’equilibrio finanziario dei Comuni. È assurdo pagare tariffe sempre più alte per garantire dividendi che servono ai Comuni per far fronte all’insufficienza dei trasferimenti erariali e che paradossalmente vanno a privati che speculano sul mercato finanziario”. Anche per questo motivo Conti auspica una “riforma radicale” della finanza locale basata su nuovi principi. E in questo senso va proprio la campagna “Riprendiamoci il Comune”. “Perché gli enti locali devono fare affidamento su risorse certe al di fuori dei mercati finanziari, fermando così la privatizzazione dei beni comuni naturali e di quelli sociali”.

Foto: Manifestazione davanti alla sede A2A di Milano organizzata dal centro sociale Cantiere e dallo spazio di mutuo soccorso  il 31 gennaio 2023. Fonte: pagina fb di Cantiere Milano

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 51 di Gennaio-Marzo 2023: “Riprendiamoci il Comune

Se sei arrivato fin qui, vuol dire che ti interessa ciò che Attac Italia propone. La nostra associazione è totalmente autofinanziata e si basa sulle energie volontarie delle attiviste e degli attivisti. Puoi sostenerci aderendo online e cliccando qui . Un tuo click ci permetterà di continuare la nostra attività. Grazie"