KAFALA: i mondiali d’ipocrisia

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8 Mondiali calcio

 

Fonte: www.cartoonmovement.com

di Jacopo Paponi

L’operazione condotta all’Hotel Baur au Lac di Zurigo dalla polizia svizzera lo scorso 27 maggio ha sconvolto i vertici della FIFA, portando all’arresto di sette dirigenti corrotti della Federazione Calcistica Internazionale. Un caso di corruzione “dilagante, sistemica e profondamente radicata sia negli Stati Uniti che all’estero”, così il Procuratore Generale Loretta Lynch, a capo dell’indagine federale statunitense che ha come ultimo capitolo i fatti del 27 maggio, definisce lo scenario che si è delineato fino a questo momento. Uno scandaloso sistema di tangenti, che i paesi in corsa pagavano per assicurarsi l’assegnazione degli eventi organizzati dalla FIFA.

In pochi giorni le indagini hanno assunto dimensioni inimmaginabili, ricoprendo di vergogna praticamente tutte le competizioni calcistiche assegnate dalla FIFA nell’arco degli ultimi vent’anni.
L’azione giudiziaria in corso, permette di valutare attentamente l’operato dell’oligarchia che da vent’anni è a capo di una delle più potenti e controverse federazioni sportive al mondo, una nicchia di potere che usa tutta la sua influenza mediatica per proporre un’immagine distorta della realtà politica che la riguarda. La FIFA, che si dichiara un’organizzazione costituzionalmente no-profit, senza scrupoli nasconde al grande pubblico il miliardo di dollari che costituisce l’ammontare del suo capitale. Investe milioni nella propria fanatica immagine pubblicitaria, fregiandosi del ruolo di garante della diversità etnica e culturale e di strumento per vincere l’emarginazione sociale dettata dalla miseria, e contemporaneamente incoraggia lavori faraonici per la costruzione di superflue cattedrali del calcio e residenze di lusso che non portano altro che sfruttamento e povertà alle classi sociali più vulnerabili di ambiziosi e corrotti paesi che, pur di ospitare gli eventi che la FIFA organizza, pagano tangenti milionarie. Dietro questa grottesca retorica, contro la quale è necessario farsi gli anticorpi, si cela un universo in cui ad essere salvaguardati e garantiti sono soltanto gli interessi privati e la speculazione.

Questo è il preoccupante scenario in cui si inserisce la nomina del Qatar come paese ospitante i mondiali di calcio del 2022. Già da tempo sotto i riflettori delle organizzazioni umanitarie internazionali a causa della scarsa preoccupazione per i diritti fondamentali dell’ uomo dimostrata dal governo dello sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, figlio ed erede dell’emiro Hamad bin Khalifa al-Thani che nel giugno 2013 ha abdicato in suo favore, il Qatar, che conta circa 2 milioni di abitanti di cui l’85% non possiede lo status di cittadino, alimenta la sua tetra fama di paese schiavista per via delle condizioni disumane in cui sono costretti a vivere i numerosi lavoratori migranti che, allo squillante richiamo della FIFA, sono accorsi nel paese negli ultimi cinque anni.
In un articolo pubblicato su “The Guardian”, i giornalisti R.Booth e P.Pattisson denunciano il trattamento criminale che le imprese qatariote impiegate nella costruzione degli impianti che nel 2022 ospiteranno il primo mega-evento sportivo del Golfo, riservano ai lavoratori del settore edile, categoria che conta circa un milione e mezzo di operai ed è costituita quasi esclusivamente da immigrati provenienti dal sud est asiatico. Le interviste raccolte a Doha dai due giornalisti testimoniano come gli operai edili vengano costantemente vessati dai loro datori di lavoro, protetti questi ultimi dalle conniventi autorità locali e dalle retrograde leggi dello stato. Dopo massacranti turni di lavoro, sopraffatti dalla fatica e dal torrido clima desertico, gli operai tornano in caldissime camere, affollate da decine di colleghi costretti a subire lo stesso tipo di angherie. Per la maggior parte di loro il misero stipendio di 6 dollari al giorno, promesso dalle agenzie di reclutamento, tra le quali la più importante è la nepalese Capital Manpower, rimane un lontano miraggio e i pochi che lo ricevono lamentano decurtazioni arbitrarie che trasformano il duro lavoro di un milione e mezzo di persone, in uno spregevole inganno.

Il numero delle vittime di questo mostruoso sciacallaggio è sconvolgente: i due giornalisti britannici parlano di dozzine di operai che a causa di arresti cardiaci dovuti al caldo e alla fatica, muoiono durante il sonno, davanti agli occhi impotenti dei compagni terrorizzati. Nel 2012, a causa di incidenti verificatisi nei cantieri del mondiale, hanno perso la vita 214 lavoratori provenienti dall’India e dal Nepal. 56 loro connazionali hanno scelto invece di togliersi la vita nello stesso anno, terrorizzati all’idea di non poter più evadere dall’incubo che stavano vivendo in Qatar. Secondo l’analisi dell’International Trade Union Confederation, il conto delle vittime salirà a più di 4000 entro la fine dei lavori. Una così alta mortalità è dovuta non soltanto alle inadeguate misure di sicurezza previste nei cantieri, ma a un gran numero di suicidi causati dalla forte pressione psicologica che i datori di lavoro possono esercitare sugli operai grazie al sistema della Kafala.

Parte integrante di una più ampia riforma del lavoro approvata con la legge N° 4 del 2009, che regola il soggiorno e l’impiego dei lavoratori migranti, la Kafala prevede che il migrante debba essere in possesso della sponsorizzazione del suo datore di lavoro non soltanto per rimanere e lavorare nel paese, ma anche per poterlo lasciare. Soltanto su previa autorizzazione del datore di lavoro, infatti, lo stato rilascia il visto di uscita necessario al lavoratore per tornare nel proprio paese. I numerosi suicidi e i gravi problemi psicologici di cui gli operai sono vittime incolpevoli, sono causati da una legge così sconsideratamente a favore dell’autorità locale, da esporre il lavoratore migrante a ogni tipo di ricatto.

Gli elementi che descrivono il lavoro forzato secondo l’International Labour Organization sono la decurtazione punitiva degli stipendi e l’impossibilità di lasciare il proprio posto di lavoro. Sono esattamente queste le condizioni che si stanno verificando in Qatar in questo momento.

Nel 2014 le ripetute azioni guidate da Amnesty International e Human Right Watch, hanno spinto il governo qatariota a promettere una serie di riforme volte a sostituire l’attuale legge sul lavoro e a garantire un conseguente miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori migranti in Qatar. Purtroppo le poche promesse strappate attraverso l’attento e faticoso impegno delle organizzazioni umanitarie internazionali, sono state presto dimenticate dal governo e non hanno portato nell’ultimo anno a dei sensibili cambiamenti. Sarà dunque cruciale, nei 7 anni che ci dividono dalla competizione, la posizione che la FIFA deciderà di assumere in merito alle problematiche sociali emerse in Qatar. Il rispetto della dignità dell’uomo, la tutela dei diritti dei lavoratori e dei migranti e la creazione di un sistema giudiziario equo e moderno, lontano dalle attuali accuse di corruzione, sono i traguardi di cui la FIFA deve farsi garante, dimostrando così la sua estraneità materiale e morale agli abusi cui ancora oggi sono soggetti i lavoratori migranti impiegati in Qatar.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 21 di Settembre-Ottobre 2015 “Finanza & Grandi Opere 2.0”, scaricabile qui.

 

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