di Antonis Ntavanellos (Comitato per l’abolizione dei debiti illegittimi – CADTM)
Traduzione a cura di Fiorella Bomé dell’articolo in lingua francese http://www.cadtm.org/Grece-Tsipras-dans-le-champ-de-mines-de-la-crise-prolongee (Traduzione dal greco a cura di Manolis Kosadinos, articolo apparso nel periodico di DEA, Ergatiki Aristera).
In condizioni normali, queste settimane dovrebbero essere un periodo politico marcato dal trionfo per il governo Tsipras – che pretende di aver portato il paese verso “l’uscita dai memorandum” – e, per il partito SYRIZA, una tappa nella ricostruzione e nella controffensiva politica volte a recuperare la propria influenza sociale ed elettorale.
Quello che succede in realtà, è che questo governo sembra perdere, una dopo l’altra, il controllo politico sulle questioni importanti, mentre all’interno di SYRIZA in quanto organismo politico regna uno stato di morto-vivente. E questo stato si aggrava. Le polemiche ormai di dominio pubblico sono sempre più acute, e si è creata una situazione che incita a riflettere sul futuro e sulla questione dei rapporti di forza all’interno del partito di fronte alla pesante sconfitta politica ed elettorale che si preannuncia.
Questo succede anche perché le condizioni in Grecia non sono per niente normali. Malgrado le affermazioni di Tsipras, il capitalismo greco è sempre sommerso nella crisi e i riferimenti continui a uno scenario “argentino” rivelano perfettamente i pensieri e i sentimenti in seno all’establishment greco.
Un’altra ragione sta nel fatto che, come dice un proverbio greco, le bugie hanno sempre le gambe corte. Le dichiarazioni di Tsipras alla Fiera Internazionale di Salonicco (settembre 2018) erano totalmente false: infatti l’impegno deciso del governo greco sul carattere perenne e immodificabile di tutte le leggi e di tutti i dispositivi derivanti dai memorandum e l’accettazione di una “sorveglianza rafforzata” da parte delle istanze creditrici, fino al 2060 secondo lo spirito e la lettera dei memorandum, non possono essere in nessun caso presentate come “un’uscita dai memorandum”. La sorveglianza sulla Grecia, quasi quotidiana, si mantiene.
Questa dura realtà si manifesta tutti i giorni e in ogni momento politico, annullando gli effetti della politica di comunicazione del governo, facendo emergere dei nuovi fronti di conflitto e portando il governo e il partito SYRIZA verso una situazione politica disperata.
Che cosa succede con le banche greche?
Nel momento in cui Tsipras assicurava che “l’economia stava bene”, il 3 ottobre si è rivelato essere un “mercoledì nero” per le quattro banche dette sistemiche e la Borsa è il luogo dove sono emesse le obbligazioni e le azioni. Un’obbligazione è un titolo di prestito (chi lo emette lo vende a chi lo acquista che deve rimborsarlo a un tasso e a una scadenza determinati) mentre un’azione è un titolo di proprietà di un’impresa. Le azioni e le obbligazioni possono essere rivendute e riacquistate a piacere sul mercato secondario della Borsa (il mercato primario è il luogo dove i nuovi titoli sono emessi per la prima volta).
La caduta incontrollata delle loro azioni, continuata nei giorni che sono seguiti, ha provocato una caduta della loro capitalizzazione in Borsa che attualmente è a meno di 5 miliardi di euro, contro il 26,9 miliardi nel 2013 e gli 11,6 miliardi a fine 2015.
Questo crollo non può essere interpretato attraverso dei fattori congiunturali (per es. le conseguenze del “conflitto” italiano con la UE rispetto al deficit di bilancio).
É noto che una gran parte dei prestiti fatti dalle banche – stimati in più di 88 miliardi di euro – sono ormai classificati nella categoria “rossa” cioè la categoria dei prestiti non affidabili.
Il “mercoledì nero” è stato preceduto dalla pubblicazione delle stime secondo cui i test di resistenza erano troppo “flessibili” vista la situazione reale delle banche greche, troppo “favorevoli” per il governo Tsipras. Questo crollo è stato anche anticipato dalla pubblicazione delle stime che le banche greche non riescono a ridurre, le «Non performing exposures» (NPE), al ritmo e nei termini fissati nell’accordo con la Troika: FMI, Commissione UE e Banca Centrale Europea che, insieme, impongono attraverso i prestiti delle misure di austerità ai paesi in difficoltà (che esige un % a una sola cifra di prestiti sospetti da ora fino al 2021, attualmente valutati al 50% degli attivi). Questi risultati hanno scatenato la caduta delle azioni.
Per fare fronte a questo, il governo propone la creazione di un fondo comune di prestiti, o meglio di più fondi specializzati per settori di attività, per sbarazzare le banche dei prestiti rischiosi, detti “rossi”, un piano che sembra zoppo per molteplici ragioni:
1° La creazione di questi Fondi comuni di crediti (SPV) è stata concepita per aggirare la restrizione dell’”intervento dello Stato” imposta dalla Direzione generale della concorrenza della Commissione Europea (DG COMP). Questi congegni devono includere degli “investitori privati”. L’invito fatto ai fondi speculativi internazionali di acquistare dei “prestiti rossi” greci (con lo scopo di rivenderli in seguito con dei profitti), per trovare una corrispondenza nelle condizioni attuali ha bisogno di garanzie e di finanziamenti pubblici. Queste garanzie non possono essere assicurate se non sfruttando gli ammortizzatori previsti dall’accordo fra Tsipras e l’Eurogruppo. Lo scopo dell’esistenza di questo ammortizzatore sarebbe di garantire il rimborso dei debiti futuri della Grecia.
2° L’uso della totalità o di una parte importante di questi “cuscinetti” per salvare le banche (stimati a più di 10 miliardi di euro), farà emergere una nuova “trappola” quando si dovranno pagare i versamenti scaglionati a partire dal 2020. E questo significherebbe un obbligo reale per il capitalismo greco a contrattare dei prestiti “sui mercati”. Al momento in cui scriviamo, il tasso d’interesse dell’obbligazione greca ha raggiunto un tasso proibitivo del 4,65% (con una punta a 4,667% il mercoledì 10 ottobre 2018; mentre il tasso delle obbligazioni a 10 anni dello Stato tedesco, il riferimento europeo, si situava a 0,464%). Queste stime convalidano lo scenario del fallimento, lo scenario “dell’Argentina”, al culmine di un lungo periodo di controriforme neo-liberali e di violenta austerità per i lavoratori e le classi popolari in Grecia.
3° La strada intrapresa porterà a delle conseguenze politiche serie. Ciò significa che le vendite all’asta di case popolari si moltiplicheranno in modo spettacolare per sgravare le banche dei prestiti ipotecari “rossi” (i crediti ipotecari incerti che costituiscono una parte importante del traballante attivo delle banche). Si tratta anche di convincere i fondi speculativi internazionali che la loro implicazione in questo saccheggio non dovrà far fronte alla resistenza popolare organizzata. Ecco perché Tsipras e i suoi amici nel governo, sfacciatamente non hanno esitato a sporgere denunce contro Panayiots Lafazanis con lo scopo di colpire non solo Unità Popolare (LaE) ma anche l’insieme delle forze militanti che resistono alla loro politica.
In realtà, si tratta di un trasferimento colossale di titoli di proprietà di beni immobiliari urbani, trasferimento dai proprietari verso le banche e da queste ultime verso i professionisti della speculazione. Il fatto che un buon numero di questi beni siano gli unici alloggi delle famiglie popolari (“residenza principale e unica”) non sminuisce minimamente l’avidità di coloro che stanno in cima alla piramide delle ricchezze e del potere. Per di più, il fatto che la Banca del Pireo, che negli anni precedenti aveva fagocitato la Banca Agricola si ritrova anch’essa nell’occhio del ciclone della crisi bancaria, indica che la prossima tappa del saccheggio saranno le terre agricole.
La crisi delle imprese greche
Poco a poco, Tsipras e i suoi amici scopriranno altre forme di complicazioni politiche. É noto che una grande parte dei prestiti bancari non sicuri sono quelli alle grandi piccole e medie imprese . La vendita di questi prestiti sul “mercato” è associata all’eventualità di cambi di proprietà in molte imprese, modificando così radicalmente la mappa del “mondo degli affari” nel paese. Una simile operazione non potrà in ogni caso svolgersi pacificamente, in base a pretese regole del mercato. Essa sarà associata a dei conflitti, a dei colpi bassi, a dei cambiamenti violenti nei rapporti politici interni alla classe capitalista, ecc.. La luna di miele del governo con le grandi famiglie del capitale greco e i gruppi di imprese può rapidamente trasformarsi in un paesaggio fatto di sabbie mobili.
Questo scenario rischioso non si limita al settore bancario. La pubblicazione dei dati finanziari della Compagnia Pubblica di Elettricità (DEI/DEH) dimostra che lo smantellamento neoliberale che Syriza ha accettato firmando il 3° memorandum ha letteralmente portato la Compagnia pubblica dell’elettricità alla soglia della sua sopravvivenza. Bisogna sottolineare che DEI non è un qualunque strumento di borsa, come lo era, per esempio, l’impresa Folli-Follie. Continuando a vendere ai privati pezzi di DEI/DEH, favorendo l’entrata di “fornitori” privati in tutti i settori della sua attività, garantendo degli accordi di finanziamento scandalosi alle grandi imprese fornendo l’elettricità a prezzi molto favorevoli, il governo Tsipras rischia di diventare un governo che, nel XXI secolo, non potrà più garantire la fornitura pubblica dell’elettricità nel proprio paese.
Che cosa ci sarebbe alla fine di questa strada? Quale sarebbe la prospettiva della politica comunemente accettata dai creditori e da Tsipras nell’Eurogruppo del giugno scorso? Alekos Papadopoulos, ex-ministro delle Finanze dei governi del PASOK e social-liberale convinto, analizzando i dati del bilancio presentati al Parlamento greco, ha concluso in luglio 2018 che la Grecia va verso un secondo fallimento e un secondo appello alla “protezione” del FMI dalle conseguenze ancora più dolorose di quelle del primo “memorandum” nel 2010. Alekos Papadopoulos intitola il suo articolo: “Il paese scivola in direzione dell’Argentina”.
Il conflitto politico
Si è sempre verificato che quelli che applicano nel campo dell’economia delle politiche neo-liberali reazionarie, inesorabilmente cadono verso delle politiche ugualmente reazionarie e liberticide nell’ambito dei diritti civili e dei rapporti sociali.
Il rifiuto da parte del popolo della Repubblica di Macedonia – indipendentemente dai motivi e dalla “spiegazione” sull’astensione nel recente referendum – dell’accordo di Prespa (regione divisa fra Albania, Grecia e Repubblica di Macedonia) è uno schiaffo per la demagogia di Tsipras. Mette a nudo tutti i suoi sedicenti argomenti “internazionalisti” e pacifisti e lo lascia scoperto di fronte a delle accuse politiche davvero gravi: con i suoi omologhi del governo macedone di Zaev hanno senza esitazione privilegiato il piano di espansione della NATO nei Balcani occidentali, tralasciando completamente le sensibilità nazionali dei popoli della regione e il loro diritto all’autodeterminazione. Oggigiorno è ormai verificato che questa politica non può essere attuata che attraverso metodi autoritari profondamente antidemocratici.
Stesso problema per quanto riguarda la questione bruciante dei rifugiati/e. La situazione a Moria – un campo di detenzione di emigranti, il più importante e super-popolato nell’isola di Lesbo – e in altri campi di concentramento, rappresenta un grave insulto alla storia della Sinistra di questo paese, una provocazione per i sentimenti di ogni persona democratica.
Il fatto che gli atti e le omissioni di SYRIZA permettano al partito della Nuova Democrazia di Kyriakos Mitsotakis di chiedere un’inchiesta sull’uso dei fondi europei destinati agli aiuti specifici per i rifugiati/e rappresenta un vero misfatto politico.
In questo scenario, c’è una convergenza fondamentale fra Alexis Tsipras et Kyriakos Mitsotakis. Ambedue convengono che nei prossimi mesi la priorità sarà data al rafforzamento dello “spirito d’impresa”, e questo sempre in nome della “crescita”. Ambedue convengono sul ridurre la tassa sui profitti delle imprese e sui contributi dei datori di lavoro e di apportare modifiche al diritto del lavoro ancora più favorevoli al capitale.
Kyriakos Mitsotakis è cinicamente onesto: promette di mettere in atto questa politica attraverso un “assalto” politico neo-liberale massiccio con lo scopo di trasformare la disfatta di SYRIZA in una disfatta strategica delle idee e delle politiche a cui fanno riferimento parti di ciò che resta del movimento operaio e della Sinistra. E non nasconde la sua simpatia per il “modello” Thatcher.
Alexis Tsipras afferma che sosterrà queste stesse politiche ma con un certo “volto umano”. Dopo l’esperienza degli anni 2015-2018, sappiamo che mente. Una nota a margine: gli unici vantaggi concreti e sostanziali, in termini di salario e di bilancio, che Tsipras ha annunciato alla Fiera Internazionale di Salonicco riguardano i giudici, gli ufficiali di polizia e il personale militare. Questo significa che la direzione di SYRIZA sa che la continuità della sua politica si appoggerà sempre di più su questi settori specifici, sul nocciolo duro dello Stato e i meccanismi di repressione.
La Sinistra anticapitalista radicale non ha più tempo da perdere. Il dilemma ripugnante “Tsipras o Mitsotakis” si avvicina rapidamente. Fra qualche mese noi saremo obbligati a formulare delle possibili risposte. La questione riguarda principalmente l’Unità Popolare (LaE) così come le altre forze della Sinistra radicale escluse da SYRYZA nell’estate 2015 e ANTARSYA. Ogni analisi, qualunque linea politica che tralasci ed eviti le responsabilità politiche risultanti da questa constatazione, indipendentemente dalle intenzioni e dagli argomenti, rischiano di essere percepite come un’incomprensione della lotta politica frontale, con tutte le conseguenze per il mondo del lavoro e le forze della Sinistra radicale che si troveranno sul campo di battaglia l’indomani della sfida elettorale.
Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 37 di Novembre – Dicembre 2018. “Europa: la deriva di un Continente?“