Estratto della ricerca Gendering Asylum Protection System
Realizzata con il supporto di Feminist review – trust
di Ilaria Boiano, Sabrina Frasca, Migena Lahi
Associazione Differenza Donna – Casa Internazionale delle donne
Differenza Donna (di qui in seguito DD) è un’associazione di donne femministe fondata a Roma il 6 Marzo 1989, con l’obiettivo di combattere la violenza contro le donne. Attualmente DD gestisce centri per donne vittime di violenza in Roma e diversi sportelli antiviolenza, tra cui uno presso il Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria. Dal 1992, data in cui è stato aperto a Roma vittime di violenza di genere, ovvero il Centro Antiviolenza della Provincia di Roma, DD ha dato supporto a più di 18.000 donne, di cui il 50% sono migranti.
Lo status di straniera, così come costruito dalle leggi e dalle politiche, costituisce un fattore che espone le donne migranti a varie forme di discriminazione e violenza di genere, inclusa la violenza istituzionale, espressione con la quale intendiamo i vincoli e gli ostacoli provocati da politiche, leggi e pratiche che non tengono conto delle differenze di genere. Il dibattito sull’immigrazione è sempre più caratterizzato da derive securitarie e criminalizzanti, allineando gli obiettivi delle leggi in materia di immigrazione sempre più allineati con quelli del sistema di giustizia criminale, tanto che i giuristi si riferiscono ai recenti corpus normativi con il termine “crimmigration” (Stumpf, 2006).
L’immagine dell’uomo avventuroso alla ricerca di nuove opportunità all’estero ha lasciato il posto all’immagine dello straniero pericoloso ed avido, ma l’assunto che si tratti di un flusso di migrazione maschile rimane radicato ed indiscusso (Forbes Martin, 2003; Piper, 2005).
Questa immagine prevale nelle agende legislative e politiche europee, nonostante il numero di donne migranti in Europa è andato rapidamente aumentando nelle ultime due decadi confermando la generale tendenza alla femminilizzazione dei movimenti transnazionali (Castles & Miller, 1993, pp. 8-9). Oltretutto, il dibattito sull’immigrazione non prende in considerazione l’evoluzione di questo flusso: infatti se nei primi stadi della migrazione di massa delle donne sono stati predominanti flussi basati sulla riunificazione familiare (Zlotnik, 1995), oggi è aumentata la presenza delle donne come soggetti indipendenti (Sorensen, 2004).
L’esperienza dell’attivismo nel campo della discriminazione di genere e della violenza contro le donne, incluse le donne migranti, conferma che l’eterogeneità dei flussi di donne migranti sono ignorati quando sperimentano protagonismo e trasformazione delle relazioni di genere, mettendo in campo strategie individuali di autodeterminazione e partecipazione all’attività decisionale (ILO, 2008), (Gallotti, 2009; Bimbi, 2013). Sono anche ignorate quando necessitano supporto e misure di protezione in quanto persone profughe e richiedenti asilo, come le persone trafficate, delle quali rappresentano l’80% (EUROSTAT, Trafficking in human beings, 2013), o in quanto vittime di discriminazione di genere e violenza(COE, 2009; 2011).
Ad oggi ciò è drammaticamente confermato rispetto alle donne che fuggono da zone di conflitto: nel 2015 più di un milione di individui fuggendo dai conflitti in Siria, Afghanistan, Iraq e altre nazioni del sud asiatico e dell’Africa sub-sahariana, sono arrivate in Europa. I e le rifugiati/e, viaggiando velocemente attraverso l’Europa meridionale, orientale e centrale, stanno lottando per raggiungere le loro destinazioni, dove sperano di trovare salvezza e asilo prima che le frontiere vengano chiuse. Dal gennaio 2016 più del 55% di coloro che stanno viaggiando sono donne e bambini, mentre a giugno 2015 erano solo il 27% (Women’s refugee commission, 2016).
Tra le principali lacune del contesto europeo e nazionale, il più evidente è la mancanza di professionisti con competenze linguistiche specifiche e un’informazione accessibile sui diritti, i servizi, inclusi i centri d’accoglienza, e le procedure, come è stato sottolineato dalla Commissione Cedaw nel caso Jallow v. Bulgaria, 2012, e sottolineato dalle organizzazione della società civile (PICUM, 2012) (WAVE, 2013) e confermato dagli studi condotti dal Parlamento Europeo (EU, 2013).
L’impatto di tali criticità sullo stato delle donne migranti peggiora la situazione a causa degli svantaggi prodotti dalla regolazione e controllo dell’immigrazione, che rinforza la dipendenza delle donne, le tradizionali relazioni di genere e l’ineguaglianza di genere (EWL, 2012).
Il diritto delle donne a vivere libere dalla violenza diventa, nel contesto della messa in sicurezza delle frontiere e criminalizzazione della migrazione irregolare, un’eccezione umanitaria, che può dare il diritto al rilascio temporaneo di residenza emanato di volta in volta secondo le leggi e le abitudini degli Stati Membri, ma rimane ancora ignorato come diritto umano fondamentale che necessita di una forte e durevole difesa, anche all’interno del sistema di protezione dell’asilo.
Sulla base dell’esperienza di DD nel lavorare con donne richiedenti asilo, nel momento della ricezione delle richieste di asilo e durante tutto il processo di determinazione dello status di rifugiata, DD ha proposto alla Feminist Review Trust di sostenere il progetto “Gendering Asylum Protection System” (di qui in seguito G.A.P.S.), una ricerca orientata alle politiche che mira a colmare i gaps del sistema di asilo italiano nei casi di domande da parte di donne.
Secondo UNHCR (2002, p2) le richieste legate al genere vengono solitamente limitate, sebbene non ci sia ragione per limitarle, ad atti di violenza sessuale, violenza domestica/familiare, pianificazione familiare coercitiva, mutilazioni genitali femminili, punizione per la trasgressione di regole sociali e discriminazione contro omosessuali.
Le persecuzioni a cui le donne soggette sono spesse basate sul genere.
Nonostante questo, è stata fatta molto poca ricerca in Italia sulle richieste di asilo basate sul genere. Infatti, le richieste di asilo legate alla violenza di genere spesso non vengono prese in considerazione e spesso sono valutate senza adeguata attenzione. Inoltre, nelle procedure di richiesta di asilo, risulta spesso una conoscenza insufficiente e una mancanza di sensibilità di genere.
Abbiamo focalizzato la ricerca sulla ricezione delle donne richiedenti asilo e il processo di esame dello status di rifugiata, a causa dell’impatto cruciale che può avere una prospettiva sensibile al genere applicata a questi stadi di richiesta, per un effettivo accesso delle donne richiedenti asilo alla protezione internazionale.
Abbiamo cercato di rispondere alle seguenti domande, privilegiando come fonte di informazione direttamente le donne richiedenti asilo:
1. Chi sono le donne richiedenti asilo e rifugiate e cosa sappiamo di loro?
Il sistema di asilo italiano non ha sviluppato un sistema statistico completo sulle richieste di asilo. Non è facile recuperare i dati e manca una rilevazione sistematica delle informazioni da parte di tutte le agenzie coinvolte, gli enti di gestione e le organizzazioni della società civile. I dati in possesso delle autorità non sono facilmente accessibili né le autorità rispondono alla richiesta di informazioni. In Italia poca ricerca è dedicata alle donne richiedenti asilo. I rapporti e studi più recenti non adottano una prospettiva di genere e ignorano il dibattito femminista internazionale sul tema.
2. Perché sono in fuga dai loro paesi di origine?
Abbiamo chiesto alle donne richiedenti asilo le principali ragioni per le quali sono fuggite dai loro paesi di origine e per cui hanno richiesto asilo: hanno menzionato matrimoni precoci e forzati, mutilazioni genitali e persecuzione per motivi religiosi. Quando però hanno l’opportunità di un contesto di ascolto a loro dedicato, le donne ricostruiscono in modo più approfondito la loro esperienza, raccontando di aver vissuto situazioni qualificabili come tratta di esseri umani, discriminazione basata sul genere, emarginazione sociale, negazione dell’accesso all’istruzione “in quanto donne”, violenza domestica. La maggior parte di loro non sa che tali situazioni sono ritenute meritevoli di valutazione nel quadro della protezione internazionale. Oltre l’80% delle donne che si sono rivolte allo sportello di DD nel CIE di Ponte Galeria (Roma), hanno subito tratta o traffico, violenza sessuale, servitù, sfruttamento sessuale.
3. L’attuale quadro giuridico in materia di asilo risponde adeguatamente alle richieste delle donne di protezione dalle persecuzioni basate sul genere?
Ancora prevale una visione neutra dell’accesso al diritto di asilo, che marginalizza il vissuto delle donne e le motivazioni della loro richiesta di protezione internazionale. Pur trovandosi maggiore attenzione alle questioni di genere nelle recenti direttive europee e negli atti di recepimento, il genere rileva ancora come fattore di vulnerabilità. Si continua a non valorizzare la dimensione politica delle scelte delle richiedenti asilo che fuggono per ribellarsi alle norme sociali e tradizionali dei paesi di origine.
4. Come sono valutate le richieste di asilo delle donne e quali sono i principali ostacoli ad una piena emersione delle loro persecuzioni?
Il risultato prevalente di richieste di asilo delle donne resta la protezione umanitaria. Il tasso di riconoscimento dello status di rifugiata è ancora molto basso e di solito viene riconosciuto sulla base dell’appartenenza delle donne ad un particolare gruppo sociale. I principali ostacoli a un efficace accesso al sistema di asilo sono i seguenti: mancanza di informazioni complete e dettagliate, mancanza di assistenza legale durante tutto l’iter, mancanza di specializzazione, anche degli interpreti, e diffusione di stereotipi sessisti nel processo di determinazione dello status.
5. Qual è la loro esperienza del sistema di asilo italiano e come vivono la procedura in cui sono coinvolte?
Le donne richiedenti asilo in generale hanno espresso una generale sensazione di frustrazione e stanchezza. I loro sforzi per riprendersi la loro vita vengono continuamente ignorati. La ricostruzione della loro storia di vita è sempre difficile e i pregiudizi sessisti e culturali aggravano tale difficoltà. Non si sentono né comprese né credute da coloro che incontrano nel percorso. Molte hanno riferito episodi di discriminazione ed emarginazione, anche all’interno della comunità di appartenenza.
6. Cosa offre l’Italia in termini di diritto al lavoro, alla casa, alla salute?
Le donne richiedenti asilo, rifugiate, titolari di protezione sussidiaria o umanitaria non ricevono adeguate informazioni relative al diritto di avere accesso all’assistenza sanitaria di base gratuita e per un lungo periodo rimangono senza avere accesso alle cure mediche di cui hanno bisogno. Non hanno accesso al lavoro né all’istruzione. Molto difficile rimane acquisire autonomia abitativa.
Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 24 di Maggio-Giugno 2016 “Il Grande Esodo“