di Vittorio Lovera
Oramai lo stile avanspettacolo si è impadronito della mente dei Conducator del Pianeta: se in Italia il nuovo Bagaglino si è trasferito alla stazione della Leopolda di Firenze (location molto trendy, come piace al Premier), lo show più maestoso si è tenuto in una blindata Parigi passata in pochi giorni dal dramma alla farsa (il “controllo securitario preventivo planetario”, stile Orwell, sarà un altro aspetto che dovremo mettere nel conto da qui all’eternità?). Se il tema unico posto a Cop21 era come combattere il catastrofico surriscaldamento del Pianeta, la ricetta ratificata e lanciata mediaticamente come planetario successo, è che la frittura universale può avere dei risvolti gradevoli, basta stare attenti al punto di fumo. Mai come in questa occasione la Scienza si era schierata compatta: anche gli scienziati dell’IPCC (Agenzia Onu per i cambiamenti climatici, tutti scienziati scelti dai governi!) affermano senza tema di smentita che, se il Sistema continuerà a utilizzare petrolio e carbone al ritmo attuale, a fine secolo avremo un ulteriore surriscaldamento ambientale, se ci andrà bene, pari a 3,5 gradi centigradi, ma se ci andrà male, risulterà di ben 5,4 gradi centigradi. Gli esperti ricordano che già 2 gradi centigradi costituiscono un dramma per il nostro Pianeta.
E purtroppo, come afferma Fatih Birol dell’IEA (Agenzia Internazionale dell’Energia): “La porta dei due gradi si sta per chiudere. Nel 2017, si chiuderà per sempre”. Per restare in tema avanspettacolo prendiamo spunto da Antonio De Curtis, in arte Toto’: “La vita è fatta di cose reali e di cose supposte: se le reali le mettiamo da una parte, le supposte dove le mettiamo?”. Allora messa da parte l’unica cosa apparentemente reale, il successo dell’accordo, passiamo ad analizzare le molte supposte contenute nelle 31 pagine dell’accordo (la bozza di partenza era di 55 pagine: già una riduzione di quasi il 50% del testo base lascia comprendere veti ed interessi contrapposti). La prima grossa supposta (un bel Buscopan) è che il fulcro della strategia di riduzione è contenuto negli “impegni specifici dei singoli Paesi” (Indc) e mancano nell’accordo concreti strumenti di controllo e di sanzione. Volendo comunque fare gli ottimisti e calcolando la possibile riduzione complessiva, come se tutti i Paesi facessero la parte loro assegnata – cosa ovviamente per nulla scontata, la temperatura salirebbe comunque di 3°, esattamente il doppio dell’obiettivo sbandierato nel testo e ripreso senza alcuna valutazione critica da tutti i media mainstream e solo mezzo grado sotto la soglia prevista in assenza di intervento alcuno. Vista l’urgenza di intervento segnalata dagli scienziati di tutto il mondo, l’entrata in vigore dell’accordo è stata fissata (brillante nonsense) per il 2020, la revisione degli accordi si terrà ogni 5 anni, e la prima verifica è fissata solo nel 2023, quando saremo, per dirla alla Chief Rubio, non solo fritti ma “Unti&Bisunti”. Altre supposte spicce: si ribadisce, a livello di finanziamento, l’impegno per 100 miliardi l’anno da qui al 2020, cui i paesi in via di sviluppo potranno contribuire su base volontaria (comprese Cina e India, due degli emergenti Brics. La Cina inizierà la riduzione delle emissioni inquinanti, 30 volte oltre la soglia limite fissata dall’ OMS, solo a partire dal 2030, mentre l’India non rinuncerà alle sue centrali a carbone), ben sapendo che il Fondo istituito nel 2010 (Fondo Verde per il Clima) ha avuto meno del 10% delle poste che erano state garantite fin da Copenaghen 2009. Nessun rigo è stato dedicato al taglio degli oltre 5.300 miliardi di dollari di sussidi erogati ai combustibili fossili (una delle proposte contenute nelle 24 pagine cassate della bozza iniziale: potere delle lobbies dei barili). La censura è stata così netta che nelle 31 pagine di accordo non vengono mai citati i termini “petrolio”, “combustibile fossile”, “carbone” considerati appunto tra i responsabili primari del surriscaldamento planetario. Sempre rispetto ai finanziamenti: il meccanismo previsto per sostenere le popolazioni più danneggiate e più vulnerabili dal cambiamento climatico (Loss&Damage) non è stato definito nei sistemi di indennizzo mentre per converso il mantenimento del Meccanismo dei Redd+, inficia l’obiettivo di deforestazione 0 entro il 2020. L’altra grande ferita (o l’ennesima supposta) è stata la cancellazione di qualunque misura (prevista inizialmente nella bozza) che mitigasse l’impatto di aviazione civile e trasporto marittimo, responsabile di oltre il 10% delle emissioni complessive. Nessun accenno infine (uno degli aspetti più inquietanti) ai previsti 250 milioni di “profughi climatici “ previsti entro il 2050.
Certo questo accordo, rispetto a quello di Copenaghen 2009 (cui per molti versi si richiama) viene considerato “vincolante”, ma vista la gravità della patologia e la drammaticità dei tempi necessari per salvare il paziente, pare essere giusto un “brodino” sbianchito. Se pensiamo che è un “ brodino” figlio del lavoro di ben 150 Capi di Stato, è palese che affidarsi a loro è un po’ come scegliere il pavido Schettino come il comandante per doppiare Capo Horn, o il sanguinario Mengele come il nostro chirurgo di fiducia. Dai palazzi vaticani (molti problemi anche sotto il Cupolone… sarà il Clima romano!) trapela che, in privato, anche il Santo Padre, Francesco “Guevara”, che con l’enciclica ambientale “Laudato sì”, si era speso per ottenere reale inversione di rotta, sia rimasto esterrefatto dal nulla emerso dal summit.
In questo numero del Granello, interamente dedicato a Cop21, potete farvi il quadro di quali fossero le aspettative in campo e trarre le vostre valutazioni sui risultati emersi .Un dato è certo: non c’è modo di invertire l’atteggiamento dei Conducator Planetari in alcun modo, totalmente assuefatti e dipendenti dalla volontà dei Poteri Finanziari. Pochi giorni fa si sono riuniti i Ministri Economici Europei (EcoFin) per affrontare ancora una volta il tema delle tassazione delle transazioni finanziarie (FTT): nuovo slittamento dell’accordo e richiesta di rivedere nuovamente, ovviamente al ribasso, il testo proposto dalla Commissione Europea. Siccome non hanno detto di no (anche se, dagli undici paesi che avevano sottoscritto la lettera di Cooperazione rafforzata, si è sfilata l’Estonia, aspetto non vincolante per la realizzazione della procedura ma politicamente significativa del gioco delle tre tavolette in atto) si può anche leggere come un sostanziale passo avanti. Peccato che da quando Attac presentò la proposta di Tobin Tax (ora trasformata in FTT) siano trascorsi più di 15 anni. Anche sul versante finanziario siamo proprio fritti. Le banche internazionali hanno apertamente scelto la strategia di violare costantemente trattati e accordi nazionali ed internazionali quantificando scientificamente come i ricavi delle operazioni illegittimamente eseguite siano sempre maggiori rispetto al rischio delle sanzioni: ritorna alla mente l’aforisma brechtiano “cos’è rapinare una banca rispetto a fondare una banca?”. Non passa giorno che non emerga una nuova Banca, tra quelle di primissimo rango, che incappi in sanzioni miliardarie: da pochissimo l’ennesima perla di Deutsche Bank Suisse che dovrà pagare 31 milioni di dollari al fisco americano per aver favorito l’evasione fiscale di clienti americani. Solo ad aprile la “virtuosa” banca tedesca era stata sanzionata per 2,5 miliardi per lo scandalo del “cartello” sui tassi Libor-Euribor e Tibor. Sempre per avere favorito l’evasione fiscale negli Usa, nel periodo 2000-2011, erano già state sanzionate altre due banche svizzere (altro bel paese virtuoso): Credit Suisse per 2,6 miliardi di dollari e UBS per 780 milioni, mentre la piccola banca privata israeliana Lumia fu sanzionata per “soli” 400 milioni. Potrei proseguire all’infinito: prima o poi con Andrea Baranes dovremo scrivere una semplice guida con le sanzioni comminate nel tempo a livello mondiale alle solite 8-10 maxi banche, per far comprendere (forse!) di quale pericolosissimo fenomeno stiamo parlando. Non vi tedio con la ricaduta italiana, lo scandalo del Salva-Banche renziano, se non con alcune piccole didascaliche segnalazioni e qualche domanda.
20 gennaio 2015: con blitz ministeriale le 10 principali banche popolari, con attivo superiore a 8 miliardi, sono obbligate trasformarsi in Spa entro 18 mesi. Quando venne approvato questo intervento renziano in tema di banche (sul terreno delle banche il Premier Boy-Scout pare aver ereditato la stessa sfiga che accompagnò un altro precedente Segretario Pd, Piero Fassino) una Popolare in difficoltà come Etruria ebbe una performance che riuscì a farle incrementare il proprio valore fino al 47% , con picchi fino al 62,5%. La banca verrà commissariata il 14 febbraio 2015: buco di 3 miliardi, 6 volte il patrimoni netto. Possibile che in quelle condizioni riuscì a fare simili exploit borsistici senza suscitare l’interesse di Bankitalia e Consob? Non tanto per le accuse di insider trading alla Ministra Boschi, né per le voci che riguardarono il ruolo di Davide Serra (Fondo Algebris), una delle “eminenze” finanziarie vicine al Premier, in tutta la vicenda riguardante la trasformazione delle Popolari, ma bensì per evitare incauti acquisti di azioni di una banca in via di commissariamento?
Ci raccontano da sempre che il sistema italiano è a prova di bomba, che abbiamo superato Basilea 1, Basilea 2, i crash-test: ma è possibile che Giovanni Vegas dorma sereno (è ancora Presidente Consob) dopo che sono saltate 4 piccole banche, che di Monte dei Paschi è successo quello che è successo e che per sanare le voragini Unicredit (che fine ha fatto il super manager Profumo?) sia in atto da tempo una sorta di supplizio di Tantalo, con drastici tagli al personale?
Perché si continuano a costituire “bad bank” per poi consentire che si piazzino sul mercato i crediti pericolosi di cui queste strutture sono state rimpinzate? E’ vero che in Italia sono almeno 60 miliardi le obbligazioni subordinate e che una parte rilevante riguarda proprio emissioni di altri istituti bancari con alto livello di crediti deteriorati (con almeno 5 istituti in cui i crediti deteriorati rappresentano oltre il 10% nel rapporto con l’attivo: la vetta spetta alla Banca Carige con il 28%, mentre il monte dei crediti deteriorati lordi spetta proprio ad Unicredit, con ben 80,7 miliardi)?Altre sorprese in vista? Gli Npl (Non Performing Loans), i crediti di difficile recupero, sono stimati in 198 miliardi. Un Mario Draghi molto preoccupato delle “sofferenze” ha rilanciato l’allarme e predisposto verifiche in tutti i paesi europei. Dopo la bolla cinese, dobbiamo attenderci un nuovo uragano europeo?
Un ultimo dato mi ha colpito. Per quanto non si possa affermare che sia un campione statisticamente rilevante, i dati pubblicati che riguardano i crediti deteriorati delle 4 Banche (Nuova Carife, CariChieti, Banca Marche e Banca Etruria) oggetto del decreto SalvaBanche, mi hanno impressionato. Il Controvalore in Euro delle obbligazioni subordinate delle 4 banche ammontava a 431 milioni di euro ed era posseduto da circa 12.500 risparmiatori privati. Di questi 431 milioni solo 27,4 erano riconducibili a quei 1010 investitori che hanno perso più del 50% del proprio investimento. Si arriva a 120 milioni sommando le quote di altri 1484 investitori che avevano risparmi bancari oltre i 100.000 euro e quota bond per oltre il 30%, rischio considerato medio. Altri 6536 investitori avevano in portafoglio (si dice così) un controvalore complessivo pari a 152,6 milioni, con meno del 30% del loro patrimonio presso quell’istituto posizionato nei bond subordinati (circa 25.000 euro a testa) e i restanti 158,6 milioni in possesso di 2450 persone con patrimonio presso l’istituto oltre i 250.000 euro e bond per circa 65.000 a testa. Se proiettiamo questi dati su scala macro, tenendo conto che sono oltre 360 emissioni di obbligazioni subordinate (e che banche, San Paolo-Intesa, BCC, Unicredit ) per oltre 60 miliardi di euro (contro i 431 milioni emessi delle banche “saltate”) mi pare si debba prendere atto di una tendenza spinta verso la “finanziarizzazione” del risparmio degli italiani (prendendo a campione 12.500 esempi che arrivano dalla provincia pura – Ferrara, Chieti, Arezzo – e non nei centri classici del capitale finanziario, come possono essere Milano, Como, Torino, Roma, Bologna, Trento, Trieste). Tanto risparmio (l’altro dato che mi sembra emergere) e il desiderio di forti rendimenti da un lato, l’aggressività deontologicamente scorretta delle Banche e l’ignoranza dei sottoscrittori dall’altro, creano un mix altamente pericoloso, in cui spicca l’assenza di interventi preventivi ed autonomi sia di Bankaditalia sia di Consob. Come per il Clima, bisognerebbe correre ai ripari. Solo con la mobilitazione dal basso è possibile incidere concretamente (almeno temporaneamente) sui problemi in campo: l’ultimo esempio viene dall’eccezionale risultato ottenuto dai Movimenti NO Ombrina che sono riusciti a stoppare gli articoli contenuti nel decreto Sblocca Italia e che prevedevano trivellazioni per ricerca di petrolio entro le 12 miglia marittime. Un gran bel risultato delle vertenzialità territoriali, che alleggerisce solo parzialmente i nostri stressati fegati dalle scorie tossiche delle tante supposte di Buscopan che siamo stati costretti a sopportare nel corso dell’anno.
Chissà per quale strano contrappasso astrale è di queste ore la notizia della dipartita del “Venerabile” Licio Gelli (Loggia P2). Per una coincidenza che avrebbe intrippato il buon vecchio Qfwfq delle Cosmocomiche di Calvino, la sua base era Arezzo, sede pure della Banca dell’Etruria. Solo una coincidenza, certo. Ma mentre il “Burattinaio” ci lascia, l’impressione sempre più netta è che il Nuovo Antico (molto ben rappresentato alla kermesse della stazione fiorentina) stia muovendosi, consciamente o inconsciamente, lungo rotte che anche il Venerabile Maestro aveva ipotizzato. E non è per niente una bella sensazione. Gli auguri di Attac Italia e della redazione del Granello di Sabbia a tutti Voi: godiamoci serenamente questi giorni di Feste, consci che poi per raffreddare, su tutti gli innumerevoli fronti, il Pianeta occorrerà un anno di instancabile attivismo. Speriamo più fortunato di quello che ci lasciamo alle spalle.
Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 22 di Novembre-Dicembre 2015 “System Change NOT Climate Change”, scaricabile qui.