DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA, il granello di sabbia n. 16, novembre-dicembre 2014

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di Pino Cosentino, dal granello di sabbia n. 16, novembre-dicembre 2014
Con questo quinto articolo dedicato alla democrazia partecipativa proverei ad abbozzare un punto sul percorso compiuto sin qui. Invece di riorganizzare i ragionamenti sviluppati nei quattro articoli precedenti, compito che lascio volentieri all’avveduto/a lettore/ lettrice, proverei a metterli alla prova, utilizzandoli per un’analisi non convenzionale di questa fase politica.

La RAPPRESENTANZA: mai come ora ha funzionato palesemente come il meccanismo perverso attraverso cui i sentimenti, i pensieri, le scelte, gli interessi del popolo diventano fonte di legittimità e strumento efficace di imposizione di interessi…opposti? o invece un male minore? Da Monti in poi è divenuta dottrina ufficiale e culmine di saggezza politica riconoscere che la sovranità appartiene ai mercati, che la esercitano con le buone o con le cattive. I mercati sarebbero la voce dell’Economia stessa, i listini delle quotazioni di borsa essendo i battiti di un cuore globale, pompa governata da un metronomo sensibilissimo che, senza mai fermarsi, in ogni istante irrora tutto il pianeta, dando con spensierata generosità o togliendo spietatamente, secondo la fedeltà ai suoi voleri. Se questa è la realtà, ribellarsi appare folle. L’accettazione del dato di fatto può sembrare in definitiva il comportamento più razionale nel quadro di una feroce competizione globale per attirare i favori dell’entità impersonale da cui dipendono ricchezza o miseria, abbondanza illimitata o abissale penuria. Così la democrazia senza aggettivi appare un’utopia che è stato bello coltivare, ma che ora deve accontentarsi di essere il principio che regola le relazioni interne ai mondi subalterni. 

La RAPPRESENTANZA non è più autorità di un organismo statale superiorem non recognoscens, bensì la forma di autogoverno di una colonia. In questo quadro essa gode di poteri limitati, a malapena sufficienti a perseguire lo scopo assegnatole: quello di imporre al popolo, rassegnato o perplesso o addirittura riottoso, la legge dei padroni presentata come fatalità. Padroni non meglio identificati, senza volto. La mano invisibile che governa il mercato? Questa la possiamo mettere insieme all’uomo nero e al babau. Il potere, come il sole, non può essere visto guardandolo. Esso si cela dietro il suo stesso splendore, indizio certo della sua presenza e al tempo stesso barriera insuperabile per la vista di gran parte delle persone. 

Si sa che qualcuno colleziona auto da milioni di euro, dorme in alberghi da 2.000 euro a notte, i porti pullulano di yacht lunghi da 40 metri in su, ora vendono anche telefonini da 60.000 euro. Ci sono le statistiche, meno pittoresche, ma più probanti, che tutti conosciamo, sull’aumento del numero e della consistenza economica di ricchi, nonostante o forse grazie alla cosiddetta “crisi”, altra paroletta magica. La vista (e la mente) è confusa da società, fondazioni e simili riconducibili a soggetti collettivi, partiti che controllano immensi, crescenti patrimoni formati grazie al controllo del potere politico, dove si realizza la saldatura tra politica e affari. Mondi ormai tanto intrecciati, che non si può dire quale dei due sia il manovratore dell’altro: entrambi sono così indeboliti da reggersi solo con l’appoggio dell’altro. Nella realtà, solo un velo sottile li protegge da una società civile più strutturata, colta, matura di quanto appaia, sempre più insofferente di un dominio che si regge su “narrazioni” sempre meno credibili. La credibilità infatti, anche da parte dei più creduloni, abbisogna ogni tanto di un qualche riscontro. 

L’osservatore esterno che abbiamo già visto all’opera nel primo articolo di questa rubrica immaginerebbe allora di trovare le persone e i gruppi che hanno mantenuto un grado di lucidità mentale e di volontà indipendente, intenti a costruire l’unica alternativa ef cace: la partecipazione-movimento, ossia l’organizzazione popolare che non chiede di partecipare al potere, ma si attrezza per esercitarlo in prima persona e fare della RAPPRESENTANZA un proprio strumento. Come? 

Con ogni evidenza, ciò richiede un protagonismo popolare, attualmente inesistente, che può formarsi solo attraverso percorsi di esperienze dirette, vissute personalmente e così coinvolgenti da forgiare un tipo umano differente dalle sue attuali manifestazioni. L’incredulità che questo possa accadere è dovuta essenzialmente a una mancanza di cultura “storica” (anche di storie personali), perché la duttilità dell’essere umano, la sua capacità di sfoderare risorse inaspettate con una velocità sorprendente, è una caratteristica della nostra specie. 

L’alieno che ragiona sulla base dei fatti osservati, con mente sgombra, resterebbe forse stupito dal constatare che gli oppositori sistemici dello stato di cose esistente, pure a conoscenza dei principi della democrazia partecipativa, rivolgano in grande maggioranza i propri sforzi a inseguire le scadenze elettorali. Chiamo questo fenomeno “effetto funicolare”. Avete presente come funzionano le funicolari e in genere gli impianti a fune? Mentre una vettura sale, l’altra, scendendo, fa da contrappeso, sicché è sufficiente per mantenere il movimento una spinta di poco superiore alla differenza tra i due pesi. Basta una spinta piccola, al confronto di quella necessaria per trascinare in salita una sola delle due vetture. 

Che c’entra questo con il governo Renzi? Anzi, con il governo Renzi – Berlusconi – Napolitano? Finché è andata avanti la cosiddetta “alternanza” (1994-2011) forze politiche minoritarie dell’area definibile di estrema sinistra o della sinistra radicale, hanno potuto coltivare l’illusione di essere il settore “pensante” di un largo schieramento sociale rappresentato da partiti, sindacati, cooperative, associazioni… complessivamente denominato “centrosinistra”. E, pur essendo minoritari, nel paese e nell’alleanza di centrosinistra, di poter essere quella spinta in più, soprattutto in senso qualitativo, che poteva permettere al centrosinistra di affermarsi contro il centrodestra. Una strategia giocata su diversi piani, e da diversi attori.

Si è radicata così una pratica, divenuta abitudine, di considerare l’azione per linee interne al ceto politico la forma più alta di politica. I movimenti stessi sono considerati utili ma, in definitiva, forme inferiori e di supporto alla politica “vera”. Così il mondo alternativo è divenuto incapace di comunicare con il popolo e men che meno di essere un fattore di organizzazione e di crescita culturale. La funicolare è scomparsa, ma sono in molti a non essersene ancora accorti. Ancora una volta si tratta di mettere sui suoi piedi un mondo capovolto.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 30 di Settembre-Ottobre 2017: “Democrazia Partecipativa” 

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