Dalla battaglia di Seattle ad un movimento globale per “Una buona vita per tutti”

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di Alexandra Strickner (ATTAC Austria)

Alla narrazione che il libero scambio crei un’ampia prosperità per tutti, oggi non crede quasi nessuno, se si escludono coloro che la raccontano. Noti economisti come Jospeh Stiglitz o Dani Rodrik o anche l’UNCTAD – l’Organizzazione delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo – scrivono criticamente sugli effetti dell’attuale regime commerciale, sull’enorme concentrazione di potere economico in mani private che esso ha determinato e sulle conseguenze negative per le condizioni di lavoro, per l’ambiente, per il clima e per la democrazia. La globalizzazione neoliberale e le sue istituzioni e strumenti – come l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e gli accordi commerciali e di investimento – sono oggi, come è giusto, ampiamente delegittimati. Questa delegittimazione è un successo di tutti quei movimenti sociali, sindacati e organizzazioni della società civile che hanno lottato contro le politiche neoliberiste per decenni e che hanno lavorato per costruire alternative economiche. I gruppi di ATTAC nei vari paesi dell’UE hanno giocato un ruolo centrale in questi movimenti.

Dalla resistenza locale alle reti globali dei movimenti

Tutti questi attori hanno contribuito alla nascita e all’ascesa di un movimento vibrante e diversificato che è diventato sempre più interconnesso. Le critiche alla crescente influenza dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, il peso del debito sui paesi del “Sud globale” e il potere delle multinazionali erano preoccupazioni condivise. In Europa, sono stati soprattutto i gruppi di ATTAC ad essere in grado, già all’inizio degli anni 2000 con le campagne Stop-GATS, di sviluppare una critica e una consapevolezza più ampia nell’opinione pubblica rispetto alla OMC.

Successi dei movimenti critici della globalizzazione alla fine degli anni ’90

Oltre ai successi della resistenza a livello locale, la fine degli anni ’90 ha visto anche i primi successi a livello globale. Una rete transnazionale di movimenti, di sindacati e di organizzazioni della società civile ha fatto cadere l'”Accordo multilaterale sulla protezione degli investimenti” progettato dai paesi dell’OCSE, che avrebbe introdotto una giustizia parallela e speciali diritti/privilegi in favore delle grandi imprese nei paesi dell’OCSE. Alla fine del 1999, alla conferenza ministeriale della OMC a Seattle (USA), decine di migliaia di attivisti hanno bloccato l’inizio di un nuovo round di negoziati, che si proponeva una ulteriore liberalizzazione del commercio mondiale. Il successo di questa protesta ha avuto anche un grande significato simbolico: ha mostrato come anche “i/le cittadini/e comuni” possano avere influenza al più alto livello del processo decisionale internazionale. Attraverso queste lotte, sono emerse reti globali – come la rete Our World is Not for Sale (OWINFS) o la sua aggregazione europea, la rete Seattle to Brussels.

La battaglia di Seattle, dopo la fondazione di ATTAC France nel 1998, è stata uno dei fattori decisivi nel motivare gli/le attivisti/e critici della globalizzazione in altri paesi europei, a fondare un gruppo di ATTAC anche nel loro paese. Assieme alla critica delle politiche di deregolamentazione dei mercati finanziari e alla richiesta di una tassa sulle transazioni finanziarie (a quel tempo ancora chiamata Tobin tax – dal nome dell’economista che sviluppò questa idea), la critica alla OMC e ai suoi accordi è stato un altro campo d’azione centrale per i gruppi di ATTAC.

I gruppi di ATTAC: un attore centrale per la nascita di ampie reti e campagne contro la globalizzazione neoliberale in Europa

All’inizio degli anni 2000, su iniziativa dei gruppi di ATTAC, allora appena fondati, sono emerse reti Stop-GATS in diversi paesi europei, dentro e fuori l’UE, con l’obiettivo di impedire l’ulteriore liberalizzazione dei servizi prevista negli accordi della OMC. Queste reti erano ampie alleanze di sindacati, organizzazioni ambientaliste, organizzazioni che si occupavano delle politiche di sviluppo. Queste reti sono state basilari per un continuo dibattito sulle conseguenze negative della globalizzazione neoliberale in tutti questi paesi e per lo sviluppo di alternative. Sono state basilari anche per rendere visibile il ruolo dell’UE come uno dei motori centrali della globalizzazione neoliberale, che pone il profitto delle corporazioni europee al centro della politica commerciale, a spese delle persone, a spese dei diritti umani, dei lavoratori e delle lavoratrici, dell’ambiente.

Le reti globali permettono il trasferimento di conoscenze e il coordinamento tra gli attori a tutti i livelli di resistenza

Queste reti sono state centrali per il coordinamento della resistenza contro l’ulteriore liberalizzazione del commercio mondiale e l’espansione di una giustizia parallela al servizio delle grandi corporation. Non si trattava più solo di organizzare proteste in occasione di riunioni ufficiali, come le riunioni ministeriali dell’OMC, ma anche di accompagnare criticamente il processo di negoziazione tra una riunione e l’altra, di rendere pubblicamente accessibili le informazioni sui contenuti dei negoziati, di costringere i decisori politici a livello locale e nazionale, così come a livello globale, in un dibattito pubblico e quindi di intervenire nel processo di negoziazione dei trattati.

Questo coordinamento mondiale della resistenza contro l’ulteriore liberalizzazione del commercio mondiale nel quadro dell’OMC è stato in grado di ottenere che i negoziati sull’espansione del commercio mondiale, iniziati a Doha nel 2001, fino ad oggi non siano stati conclusi. La conseguenza di questo successo è stata un cambio di strategia: l’UE e gli USA, ma anche altri paesi con interessi legati alla esportazione delle multinazionali con sede nelle loro regioni, hanno iniziato a negoziare accordi commerciali bilaterali e regionali. CETA, TTIP, JEFTA (UE-Giappone), gli accordi commerciali e d’investimento con Singapore o Vietnam, ecc…  Dal 2008 l’UE ha avviato negoziati con un gran numero di paesi per consolidare ulteriormente la liberalizzazione e la deregolamentazione dell’economia a livello internazionale.

Le reti e le campagne che si erano sviluppate intorno alla resistenza all’OMC nell’UE sono servite per continuare a mettere i bastoni fra le ruote a questa agenda, ottenendo anche dei successi. Già alla fine degli anni 2000, ci sono state campagne Stop EPA, che hanno portato al fatto che ancora oggi molti di quegli accordi della UE non siano stati ratificati. Pochi mesi dopo l’inizio dei negoziati TTIP nel 2013, su iniziativa della rete Seattle to Brussels sono nate molte reti Stop-TTIP negli stati membri della UE e un coordinamento a livello europeo. Di nuovo, i gruppi di ATTAC di molti paesi hanno assunto il ruolo di promotori delle iniziative. Il TTIP per il momento è stato bloccato e anche la ratifica dell’accordo CETA da parte di tutti gli stati membri non è ancora completata.

La resistenza agli accordi commerciali e di investimento neoliberali è sempre stata legata alla discussione e allo sviluppo di alternative. Via Campesina ha introdotto per la prima volta il concetto di sovranità alimentare come alternativa al mercato agricolo globale nel 1996. Molti gruppi di ATTAC in Europa, insieme ai gruppi di Via Campesina nei loro paesi, hanno ampliato questo approccio e hanno contribuito alla nascita di un ampio movimento di base per la sovranità alimentare e alla creazione della rete europea Nyeleni. In Europa, un’ampia alleanza di più di 50 organizzazioni ha sviluppato un Mandato Commerciale Alternativo per la UE nel 2014. Il processo di elaborazione di questo mandato è stato avviato all’interno della rete Seattle to Brussels. Dal movimento e dalle piattaforme contro il TTIP e il CETA, sono emerse in molti paesi nuove campagne e reti, che mettono al centro la visione di una politica commerciale alternativa, allo scopo di distinguersi in modo chiaro da tutti quegli attori che criticano la globalizzazione neoliberale da una prospettiva nazionalista basata sulla logica del “prima il mio paese”.

Tutte queste reti, in cui i gruppi di ATTAC sono attori centrali, continuano a lavorare criticamente sulla globalizzazione neoliberale e a sostenere una diversa globalizzazione e un diverso sistema commerciale a livello mondiale. L’utopia che ci guida è quella della “Buona vita per tutti”. Le regole del commercio mondiale devono essere organizzate in modo che le persone e l’ambiente vengano prima del profitto, per rendere possibile un buon lavoro per tutti/e ovunque, un buon cibo e un buon clima per tutti/e, e servizi pubblici di qualità, organizzati democraticamente per tutti/e.

Photo credits “20 anni di Attac in immagini” di Attac Austria

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 47 di luglio-agosto 2021:  “20 anni di lotta e di speranza

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