Crocierismo e città

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di Giuseppe Tattara (Università Ca’ Foscari di Venezia)

La città di Venezia e le crociere

Le crociere hanno avuto una rapida crescita, poi c’è stato un arresto (i limiti posti al passaggio delle navi con ton stazza lorda > 96.000 dal Min. Franceschini) e un recupero (si usano più navi più piccole)

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Alcune considerazioni. Dalle due figure si vede come il flusso dei turisti in città sia crescente nel tempo, così come il flusso dei croceristi trasportati. Nel weekend del 20-21 sett 2019 (in base al calendario programmato) conteremo 30.000 persone come croceristi e equipaggi tra imbarchi e sbarchi. Si tratta di crociere “abituali” (sono 53 navi che fanno 542 toccate, una nave in media viene 10 volte in un anno). Le navi sono relativamente poche, e potrebbero essere controllate in relazione all’inquinamento dell’aria e si potrebbe chiedere agli armatori di montare dei filtri (particolato) oppure di attrezzarle per prendere l’energia elettrica da terra. I croceristi sono meno di 1/10 dei flussi turistici, che sono molto maggiori (figura sottostante), quindi incidono poco sul totale, anche se il tasso di crescita del crocierismo è stato maggiore di quello dei turisti.

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Perché porre la nostra attenzione sul crocierismo, che può apparire di importanza limitata?

Perché:

  • è emblematico di come la città viva il turismo;
  • il crocerista è un turista “giornaliero”. La nave si ferma in città in media 14 ore, carica e scarica. In genere, si fermano di meno le navi più grandi;
  • il crocierismo genera forti costi e pochi vantaggi per i residenti nella città: i “costi esterni” sono molto alti, anche se non vengono quasi mai considerati nei calcoli di convenienza economica. Arrivare in nave significa arrivare con il mezzo in assoluto più inquinante (in termini pro capite);
  • mantenere le crociere alla Stazione Marittima comporta la devastazione della Laguna ed è un altro esempio di come la speculazione a vantaggio di pochi segni ormai la vita quotidiana di Venezia

Gran parte del problema è riconducibile alla struttura del porto crociere a Venezia, un unicum nel panorama dei porti. Le navi crociera per attraccare alle banchine della Stazione Marittima di Venezia devono attraversare il centro della città storica, il porto è “dopo” la città, non è verso il mare, ma in direzione opposta. Ovviamente attraversare il centro della città comporta dei rischi, sia per il transito delle navi nei canali cittadini, dove sorgono le case, sia per l’inquinamento.

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Questa localizzazione e i pericoli che comporta spiega la inclusione di Venezia nel Decreto Clini Passera (2 marzo 2012), Misure generali per limitare o vietare il transito delle navi mercantili finalizzate alla protezione di aree sensibili nel mare territoriale: “è vietato il transito nel Canale di San Marco e nel Canale della Giudecca delle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori a 40.000 tonnellate di stazza lorda”. Il divieto si applica a partire dalla disponibilità di vie di navigazione praticabili alternative a quelle vietate, come individuate dall’Autorità marittima con proprio provvedimento.

Come ha risposto l’Autorità Portuale a questo decreto?

  1. proponendo una via alternativa: entrare dalla bocca di porto di Malamocco e raggiungere la Marittima attraverso il Canale Contorta S. Angelo (2014). Nella figura precedente significa arrivare alla Marittima da sinistra (la via indicata con i puntini gialli);
  2. rivendicando l’impatto del porto crocieristico rispetto all’economia della città, facendo “pesare” il valore dell’attività portuale sia in termini di PIL che di occupati. Questa operazione è stata fatta commissionando uno studio “L’impatto economico delle crociere” (2013), a quattro professori universitari. La valutazione, basata su elementi di fatto, a queste due risposte inquadra il tema Le crociere e la città, quindi l’oggetto di questo intervento.

L’individuazione della via alternativa si è dimostrata un fallimento e un inutile spreco di denaro pubblico.

L’Autorità Portuale nel 2015 ha proposto il progetto dello scavo del Canale Contorta, (e si potrebbe discutere se fare un progetto di questo tipo rientrasse tra i compiti della Autorità Portuale) che avrebbe consentito di raggiungere la città provenendo da Malamocco, ma è stato bocciato dalla commissione di Valutazione di Impatto Ambientale. Questo progetto è stato sostituito con la idea di scavare un canale parallelo più a Nord, il canale Tresse. Questo secondo progetto non è mai stato adeguatamente formalizzato perché rischiava di fare la stessa fine del progetto Contorta.

L’ultima soluzione, tuttora in auge, consiste nel fermare le navi maggiori a Marghera e usare il Canale Vittorio Emanuele III per giungere alla Stazione Marittima. Un canale che corre parallelo al Ponte della Libertà (nella figura il ponte è in rosso scuro). Si userebbe il letto di un precedente canale, appunto il canale Vittorio Emanuele scavato nel 1925, e secondo la Autorità Portuale si potrebbe così evitare di dover sottoporre il progetto a VIA, essendo considerato come manutenzione di un canale esistente e non un nuovo canale, dribblando un possibile, scontato, parere negativo della Commissione VIA anche per quest’ultimo progetto.

Quali sono i problemi connessi alla individuazione della via alternative?

  • l’ammontare dello scavo;
  • l’erosione delle rive: la laguna è profonda 50cm-150cm in media e il canale deve essere profondo 10 metri almeno. Il passaggio delle grandi navi da crociera richiede canali profondi scavati nel letto della laguna e arginati.

L’ammontare dello scavo

La navigazione del Vittorio Emanuele III comporta scavi ingenti, circa 3 milioni di m3 di sedimenti, in larga parte inquinati perché vicini a Marghera. Si tratta infatti di un canale oggi parzialmente interrato, stretto e poco profondo che deve essere scavato. Le figure che seguono (prese da Una città allo sbando, Fabbri Ed. e dal dossier Unesco) sovrappongono alla sezione dell’attuale canale Vittorio Emanuele III, la sezione individuata come congrua dall’Autorità Portuale nell’elaborazione del progetto Contorta – S. Angelo per far transitare una nave da crociera, e fanno vedere la necessità e l’importanza degli interventi richiesti per adeguare il canale Vittorio Emanuele. Non si può certo parlare di manutenzione di un canale esistente, ma di un nuovo canale, a tutti gli effetti.

Image4 L‘erosione

Il processo erosivo in atto al passaggio di una grande nave in un canale stretto è illustrato nella figura sottostante a destra dove il prof. D’Alpaos ha disegnato una nave che transita per un canale arginato e genera delle onde a causa dell’acqua che viene spostata dalla nave e che si frange sulle rive. Il frangente erode le rive e la corrente trascina a mare I sedimenti. La fotografia rappresenta l’altezza dell’onda generate dalla nave che si frange sulle rive del canale al passaggio di una nave per il canale Malamocco-Marghera (che conduce dal mare a Marghera e che le navi dovranno transitare per raggiungere il canale Vittorio Emanuele).

L’erosione delle rive è documentata da uno studio del CNR, vedi le fotografie che seguono, che indicano l’erosione sul lato ovest del Canale Malamocco-Marghera, in diversi punti, a seconda della natura delle rive.

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L’impatto economico delle crociere: anche la risposta basata sull’importanza delle crociere per l’economia cittadina è discutibile.

Sono crociere che arrivano e partono da Venezia, “home port”: le navi si riforniscono a Venezia e ciò si associa all’idea di ricchezza per il territorio che godrebbe di una domanda di beni e servizi elevata. Ma:

  • si tratta di una idea ottocentesca, basata sulla catena di fornitura locale. In altre parole le industrie e l’agricoltura attorno alla città portuale fioriscono rifornendo le navi che attraccano al porto. Era così nel passato ma oggi lo è in misura molto modesta;
  • la moderna catena logistica (che regola i rifornimenti) è a ampio raggio (europeo, i centri logistici delle compagnie sono continentali) e le ricadute sul territorio attorno al porto sono molto basse. I rifornimenti sono standardizzati, arrivano in larga parte dall’estero, con camion, e vengono a Venezia caricati sulle navi;
  • le compagnie di crociera internalizzano attività che un tempo appartenevano a imprese del territorio (agenzie viaggi ecc.) ora svolte all’interno della nave o dalle Compagnie di crociera (alcune possiedono villaggi turistici, resort ecc., in cui il soggiorno è abbinato alla crociera);
  • le crociere sono gestite da Venice Terminal Passeggeri, che ha una forte presenza delle compagnie di crociera (48% a Venezia Investimenti, quindi ai privati, con la maggioranza di 4 compagnie internazionali);
  • gli immobili usati per le attività portuali (alle banchine) non sono soggetti alla tassazione comunale sugli immobili e il Comune non riceve alcun reddito diretto da questa attività;
  • il porto croceristico è una “enclave”, un territorio chiuso entro i confini di uno stato diverso: non paga tasse locali, gli utili sono in larga parte privati.

Si può notare che nel 2018 VTP ha conseguito un utile, prima delle imposte e degli ammortamenti, di 11 milioni di €, VTP all’atto della vendita ai privati, due anni fa, era valutata attorno ai 50 milioni di €. Gli investimenti fatti negli ultimi dieci anni si possono valutare attorno ai 90/100 milioni, in gran parte ammortizzati. L’assemblea del 2019 ha deciso di distribuire 4,3 milioni di €, 5,0 sono stati devoluti a ammortamento e 1,5 sono stati pagati per imposte. 

I ricavi: le spese fatte a Venezia

L’analisi dell’Autorità Portuale dell’impatto economico delle crociere in realtà considera solo i ricavi, senza considerare i costi. Teniamo presente che:

  • nessuno ha proposto di “chiudere” il porto passeggeri di Venezia, ma i progetti alternativi a quello dell’Autorità Portale ipotizzano solo di “spostarlo” di alcuni km. Spostarlo equivale ad azzerare i ricavi che fanno capo alle crociere? No di certo. La ventilata perdita di 5000 posti di lavoro (di fatto sono molti di meno) si avrebbe solo nel caso in cui le crociere “scomparissero” in toto da Venezia;
  • da questa analisi risulta che l’80% dei ricavi provenienti dal crocerismo sono dovuti alle spese dei croceristi in città in quanto turisti, così i maggiori riflessi sull’occupazione sono dovuti alle spese che i croceristi fanno a terra in quanto turisti (vedi sotto: 237 milioni sono dovuti alle spese di croceristi ed equipaggi a terra e 46,6 milioni a servizi portuali pagati dalle compagnie (vigilanza, attracco, rimorchio, carico, scarico, parcheggio, ecc.);
  • questa analisi, che ha per titolo L’impatto economico della croceristica, in realtà si limita ai ricavi che derivano dalla croceristica, senza alcun cenno ai costi. Non si parla di costi ambientali, anche se questo elemento è molto importante;
  • I ricavi (2012) fanno capo alle:
    • compagnie di crociera 46,60 milioni di €
    • passeggeri ed equipaggi 237,08 milioni di €.

 

Ci sono indubbi costi ambientali e sono elevati

In una città come Venezia, anche se per ipotesi si dovesse chiudere il porto, la perdita sarebbe circoscritta perché altri turisti sostituirebbero i croceristi (gli economisti dicono che i croceristi sono una risorsa fungibile, cioè una risorsa che può essere facilmente sostituita) e quindi la spesa di 237,08 milioni di € non si annullerebbe, ma farebbe capo a una diversa classe di turisti. Resterebbe la perdita più strettamente legata alle navi, 46,60 milioni di €, ma questi sono controbilanciati dai costi dell’inquinamento che li equivalgono come si vede dalle cifre sottostanti.

Inquinamento dell’aria da parte delle navi da crociera nel 2012, transito in laguna e stazionamento.

NOX               2.785.000

NM/VOC             13.000

SOX                1.258.000

PM10              2.556.000

PM2,5             5.967.000

Totale           12.580.000

Inquinamento dell’acqua (rifiuti solidi, acque nere, grigie, di sentina, ecc.) 13 milioni di €.

Effetto serra: stimato in 10 milioni di €.

Quindi i costi riguardano:

  • Sicurezza: è infinito ed è alla radice della inclusione di Venezia nel decreto Clini Passera.
  • Inquinamento dell’aria: molto alto. La nave ferma in porto inquina perché ha bisogno di elettricità, che genera direttamente con i suoi motori diesel (ausiliari), inquinamento dell’acqua (i passeggeri ecc. usano molta acqua che, sporca, viene scaricata in mare, anche se osservando certe norme comunque di inquinamento si tratta). La fotografia sotto mostra i fumaioli fumanti di due navi in stazionamento alla banchina di Venezia.
  • Spostamento di masse liquide quando la nave attraversa un canale fanno pressione sulle rive.
  • Congestione dei flussi dei turisti in città. Le crociere si concentrano nei weekend primaverili ed estivi, quando la città è comunque presa d’assalto.

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Prima di concludere vorrei sottolineare che un’analisi economica seria deve considerare anche il cambiamento climatico. Se di questo problema ci dobbiamo e ci dovremo occupare sempre di più, che senso ha scavare milioni di m3 in Laguna per portare le navi alla Stazione Marittima di Venezia, quando presto la cosa più urgente diventerà chiudere molto spesso le bocche che collegano il mare alla Laguna? Questo è il verdetto unanime degli studi sul livello dell’alto Adriatico nei prossimi decenni, con la ventilata frequentissima chiusura delle paratoie del Mose. Non sarebbe allora più sensato nell’immediato fare attraccare le navi al di fuori della Laguna? I canali che verrebbero scavati (se verranno scavati) per portare le navi alla Stazione Marittima andranno abbandonati dopo pochi anni. Una localizzazione moderna, “fuori della Laguna”, tempera, non elimina, i principali elementi negativi del crocierismo. 

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 40 di Maggio – Giugno 2019. “Una città per tutti

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