Sapienza for Palestine

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di Alessandra Quintigliano (Coordinamento Collettivi Sapienza)

Mentre la protesta delle tende infiamma i campus universitari negli Stati Uniti e nel mondo, l3 student3 dell’università Sapienza di Roma entrano nell’ottavo mese di proteste intensive contro l’occupazione della Palestina da parte di Israele. Chiedono a gran voce la cessazione degli accordi con le università israeliane e con l’industria bellica, alla testa di una mobilitazione che si estende all3 docenti, all3 ricercator3 e all3 lavorator3 di Sapienza. Dal 6 maggio, sono accampat3 in università fino a quando non riceveranno risposte.

“Vogliamo agire innanzitutto sul piano della narrazione, perché si continui a sentire la voce del popolo palestinese contro le mistificazioni ipocrite che ci arrivano dall’alto” dice Giacomo Liverani, studente di Sapienza e membro del Coordinamento dei Collettivi Universitari. “n quest’ottica, ci siamo rivolt3 verso quello che, nel nostro piccolo, è un tassello della complicità occidentale con Israele, vale a dire le cooperazioni siglate dal nostro ateneo. La nostra pressione ha reso evidente che, a difesa di interessi economici e di potere, le autorità non hanno remore a stare a guardare di fronte all’eliminazione sistematica di un popolo, marginalizzando e reprimendo con la violenza chi si oppone. I nodi vengono al pettine, in modo quanto mai esplicito e inequivocabile”.

“La prima richiesta delle nostre piazze è presto diventata quella di un incontro pubblico con la Rettrice” racconta Giacomo. “Speriamo così di ottenere un dialogo, a fronte di istituzioni opache che continuano a non dare risposta ai nostri appelli e a non rappresentare le nostre istanze. L’abbiamo chiesto a gran voce, inutilmente, durante numerosi cortei e manifestazioni dove ci siamo vist3 invece reprimere con ampio uso della forza, come è stato documentato ampiamente anche dai media nazionali”.

I momenti di piazza degli ultimi mesi si sono infatti svolti all’insegna della più diretta repressione. Il gruppo Sapienza for Palestine, alla guida delle manifestazioni, si è costituito dal basso con il coinvolgimento del Coordinamento dei Collettivi, Cambiare Rotta, il Fronte della Gioventù Comunista e Zaum (Zone Autonome – Università e Metropoli) e, dopo numerose manifestazioni che non hanno sortito alcun effetto, ha presto guardato ai Senati Accademici come momenti in cui fare pressione sulla Rettrice. In vista della seduta del 26 marzo 2024, il gruppo ha convocato un Controsenato pubblico dove invitare la Rettrice, che si sarebbe poi tenuto all’interno dell’aula magna del Rettorato, appositamente occupato il 25 sera.

In tutta risposta, la seduta del Senato Accademico è stata spostata nel complesso Regina Elena e un dispiegamento importante di Digos ha piantonato l’ingresso per impedire all3 student3 di entrare a prendere parte al Controsenato, generando momenti di fortissima tensione. Le tattiche utilizzate per respingere l3 student3 sono state delle più pittoresche: un ragazzo ha recato un morso sul braccio.

In avvicinamento al Senato Accademico successivo, del 17 aprile, si succedono eventi di costruzione e supporto quali il presidio alla Farnesina alla scadenza del bando MAECI, che riguardava anche le collaborazioni con le università israeliane, e lo sciopero del personale amministrativo Sapienza, principalmente delle biblioteche, convocato dall’USB. L3 student3 montano inoltre delle tende, ante litteram su quello che sarebbe diventato il simbolo delle proteste universitarie nel mondo, ed alcun3 di loro si incatenano sotto al rettorato ed avviano uno sciopero della fame, cose che non sortiranno comunque l’effetto di ottenere un incontro pubblico con la Rettrice.

Si costituisce allora, su propria iniziativa, il Comitato Sapienza per la Palestina, formato da docenti, ricercator3 e dottorand3. Il Comitato, in stretto dialogo con la componente studentesca, avrebbe lavorato alla scrittura di una petizione, inviata per la discussione in Senato Accademico ma mai realmente discussa. La petizione riepilogava le richieste del movimento: sospensione immediata degli accordi con le università israeliane (boicottaggio accademico), interruzione immediata degli accordi con le aziende belliche e gli enti e fondazioni che le sostengono (alludendo anche alla partecipazione della Rettrice al Comitato Scientifico della Fondazione Leonardo Med-Or), e un’esposizione di Sapienza sul massacro dei Palestinesi, con l’impegno ad assumere misure cautelari nell’ambito del processo dell’International Court of Justice dove lo stato di Israele è accusato di genocidio.

Il Senato Accademico del 17 aprile voterà invece un punto dall’ambiguo titolo “Sapienza per la pace e per la libertà della ricerca”, in cui si ribadisce ipocritamente una condanna della guerra e si allude velatamente alle proteste studentesche come “prevaricatorie”; il tutto, mentre fuori dalle mura, in città universitaria, si consumava l’episodio-simbolo della repressione di questo periodo. In un corteo immediatamente ostacolato dalle forze dell’ordine, vengono arrestat3 due student3, Mohammed e Stella, e una carica della celere si abbatte sull3 manifestanti che cercavano di raggiungere il commissariato per chiederne il rilascio. Verranno rivolti capi d’imputazione quali violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento; nelle settimane successive, sarebbero iniziate ad arrivare denunce per motivi simili a molt3 altr3 partecipanti ai vari momenti di piazza di quei mesi.

“Abbiamo espresso la massima solidarietà alle persone oggetto di questo accanimento”, riporta Giacomo. “Siamo sconcertat3 dal travisamento dei fatti che è stato riportato in molti media nazionali, dove per esempio è circolata la notizia di 27 ferit3 tra le forze dell’ordine che ci lascia molto perpless3. Si è inoltre parlato di infiltrazioni da parte di adulti anarchici che avrebbero sobillato la folla, il che è un palese tentativo di delegittimare un movimento chiaramente studentesco e orizzontale, che riceve anche il sostegno delle varie componenti della comunità di Sapienza quali docenti e lavorator3. Siamo stat3 dipint3 come facinoros3 e violent3, colpevoli di aver picchiato dell3 agenti indifes3. Il canale mediatico, di fatto, è stato utilizzato come un ennesimo canale repressivo, cercando di screditarci agli occhi dell’opinione pubblica. Per fortuna, almeno in università, l’effetto è stato opposto: la partecipazione della comunità studentesca si è ampliata, portandoci oggi ad assemblee pubbliche molto partecipate. L’esposizione mediatica si è infine rivelata utile per ancorare la Rettrice alle proprie responsabilità”.

Durante il corteo del 16 aprile, molt3 lavorator3 in appalto di Sapienza hanno aderito ad uno sciopero di sostegno alle manifestazioni. “Siamo in contatto con l3 lavorator3 in appalto già da vari mesi”, racconta Giacomo, “per supportare le loro vertenze sindacali. Abbiamo riconosciuto nelle varie battaglie lo stesso clima oppressivo ed omertoso, dove la governance Sapienza guarda solo a dare all’esterno l’impressione di un luogo pacificato, dove esiste solo lo studio, sperando così di incrementare i numeri di nuove matricole, in un’ottica aziendalistica”.

Il 19 aprile Sapienza For Palestine è intervenuta al Global Strike for Climate di Fridays for Future, in una prospettiva di convergenza tra la lotta contro la crisi climatica e quella per la libertà dei popoli dal colonialismo. Altre affinità tra le due lotte erano già state esplorate anche nell’occupazione della facoltà di Fisica di novembre scorso per la campagna internazionale End Fossil, contro le collaborazioni di Sapienza con industrie ecocide ed estrattiviste e quelle del comparto bellico, quali Eni e Leonardo.

Dal 6 maggio, l3 student3 tornano sul suolo della città universitaria installando le tende, seguendo l’esempio della Columbia University e di altre università americane, già seguito dalla Sciences Po e, tra le altre, l’università americana di Roma. “La voce dell3 student3 a sostegno della Palestina si è sempre più levata. Abbiamo proclamato agitazione permanente fino a un incontro pubblico con la Rettrice, verso il prossimo Senato Accademico del 14 maggio e la giornata della Nakba del 15 maggio; non abbiamo ancora ottenuto nulla, ma ci rincuora il fatto che la facoltà di Scienze abbia convocato un’assemblea straordinaria per discutere la possibilità del boicottaggio accademico. Siamo in contatto con altre università in Italia e nel mondo, nella speranza che le nostre azioni coordinate ci permettano di avere un maggiore potere di pressione. Siamo felici di vedere il movimento universitario unirsi con il collante della questione palestinese. Intanto continueremo ad insistere a partire dalle singole facoltà, insieme al comitato docenti, per aprire il dialogo istituzionale. Dobbiamo però ammettere che la direzione dell’ateneo tutta, anche a livello delle facoltà, sembra fare orecchie da mercante. Noi, d’altra parte, sappiamo di essere dalla parte giusta della storia”.

“Colpisce la mistificazione che usa due pesi e due misure per diversi conflitti internazionali (il boicottaggio accademico, ad esempio, è stato prontamente attuato per la Russia); colpisce il perfetto allineamento tra le posizioni politiche degli atenei e quelle nazionali e, più in generale, la disonestà intellettuale. Tutto ciò è tutt’altro che velato: le contraddizioni sono evidenti. Continueremo a combattere per l’autodeterminazione dei popoli, il diritto del popolo palestinese a spezzare un giogo coloniale e liberarsi dall’oppressione e a vivere in pace e libertà nel proprio paese. Ciò sorge innanzitutto dal fare in modo da rovesciare la narrazione e continuare a mantenere viva la voce palestinese, continuando poi a fare pressione, nel nostro piccolo, per incidere nella pratica”, conclude Giacomo.

Foto1: account Instagram di collettivo_villamirafiori e collettivomedicina.sapienza

Foto2: corteo del 17 aprile 2024 – account Instagram di collettivo_fisica_sapienza e collettivo.psicologia.sapienza

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 53 di Maggio – Giugno 2024: “Chi fa la guerra non va lasciato in pace

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