L’impatto dell’inflazione sui salari

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Foto CC: Marsel Minga

di Marco Bertorello e Danilo Corradi, Cadtm Italia*

*articolo pubblicato su il manifesto del 4 febbraio 2023 

L’ inflazione morde in particolare in Italia: +8,1% nel 2022, a gen- naio +0,2% sul mese precedente, pur in rallentamento su base annua segna un + 10,1% (era 11,6% a dicembre). Eppure i prezzi di petrolio e gas sono tornati ai livelli di gennaio 2022, ovvero precedenti la guerra. E’ chiaro che la trasmissione di questo calo dei prezzi energetici al mercato non è istantaneo e le conseguenze le misureremo meglio nei prossimi mesi, ma se è lecito aspettarsi una frenata della crescita dei prezzi, difficilmente si tornerà indietro ai livelli del 2021. Il motivo è semplice: l’inflazione del 2022 era un fenomeno che il conflitto ha accelerato, ma non è certamente stato l’unica causa.

La crescita dei prezzi, al netto dei beni energetici, nel 2022 è stata superiore al 4% in Italia e ha riguardato anche paesi colpiti relativamente dagli effetti della guerra europea, a partire dagli Stati uniti. È anche evidente che la dinamica inflazionistica alle varie latitudini è caratterizzata da componenti in parte differenti, ma la tendenza ha da tempo assunto carattere strutturale, trovando parziale spiegazione nel fenomeno della deglobalizzazione selettiva di cui abbiamo parlato in queste pagine.

La risposta del Governo Draghi è stata, invece, di tipo emergenziale, considerando l’inflazione una parentesi che andava arginata con misure temporanee. Bonus e accise, ma ciò che doveva essere evitato come la peste era la cresci- ta dei salari, per evitare una spirale con i prezzi.

Il governo Meloni ha sostanzialmente proseguito su questo orientamento, pur eliminando la detassazione dei beni petroliferi. Il risultato è un crollo dei salari reali a tutto vantaggio delle aziende che, nel peggiore dei casi, scaricano l’aumento dei costi di produzione sul mondo del lavoro e, nel migliore (per loro), aumentano la quota di profitti. Il dato macroscopico è che in presenza di una crescita significativa dei prezzi e in assenza di recuperi automatici del potere d’acquisto, i salari reali tenderanno a diminuire. In altre parole, pur registrando aumenti nominali (si pensi al comparto scuola e agli statali più in generale), i salari vedono ridursi il loro valore reale.

Questa tendenza è stata fotografata, in tutta la sua radicalità, dall’ILO (International Labour Organization) nel Global Wage Report 2022 2023. A livello mondiale (esclusa la Cina) i salari reali sono in calo dell’1,4% nel solo 2022. Nonostante la crisi iniziata nel 2007, il dato è il peggiore degli ultimi 15 anni. Le differenze geografiche sono marcate.

In Africa siamo all’ottavo an- no di tendenza negativa, l’Asia rimane in territorio positivo anche se con una crescita rallentata, va peggio in Nord America e nell’Unione europea che fanno segnare rispettivamente un -3,2% e -2,4%. Impressionante il dato italiano, il peggiore tra i paesi maggiormente sviluppati: fatto 100 il salario reale nel 2008 nel 2019 raggiunge il livello di 95 e nel 2022 scende addirittura sotto quota 90.

Sotto quota 100 troviamo anche Giappone e Regno Unito, sopra Francia, Usa, Canada e Germania. Questa tendenza si somma alla parabola salariale degli ultimi trent’anni che vede l’Italia fanalino di coda in Europa, con una riduzione dei salari reali. In questo quadro è assolutamente fuorviante agitare lo spauracchio di una spirale infinita salari-prezzi, perché in realtà siamo di fronte a una spirale inflazione-profitti, o se preferite, inflazione povertà. Il minore livello di debito privato, rispetto alle principali economie mondiali, sta permettendo a molte famiglie di reggere, ma quanto durerà questa dinamica? E’ socialmente sostenibile? L’enorme quantità di dimissioni registrate negli ultimi anni sembra parlarci anche di questa emergenza salari. Non solo. Livelli salariali così bassi spingeranno le aziende italiane a innovare di meno, a galleggiare, contribuendo a posizionare il paese ancora di più verso produzioni a basso valore aggiunto. E’ sempre più urgente aprire la questione salariale.

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