
di Marco Bersani (Attac Italia)
Il 19 marzo 2025, la Commissione europea e l’Alta rappresentante per gli Affari esteri hanno presentato il White Paper for European Defence – Readiness 2030, accompagnato dal piano operativo ReArm Europe.
Quest’ultimo prevede risorse finanziarie pari a 800 miliardi di euro: 650 derivanti dalla flessibilità fiscale concessa agli Stati membri e ulteriori 150 provenienti da prestiti agevolati.
Questa strategia si fonda su tre pilastri finanziari e operativi:
- flessibilità fiscale per la difesa – L’Ue ha introdotto una deroga temporanea al Patto di stabilità e crescita, consentendo agli Stati membri di mobilitare fino a 650 miliardi di euro aggiuntivi nei prossimi quattro anni.
- Fondo europeo Safe (Security and Action For Europe) – Dotato inizialmente di 150 miliardi di euro, Safe fornirà prestiti agevolati per incentivare progetti industriali congiunti tra Paesi Ue, focalizzati su tecnologie emergenti con applicazioni dual-use (civili e militari).
- Riallineamento strategico del bilancio europeo – Il terzo asse prevede la riorganizzazione dei fondi esistenti (coesione, ricerca, sviluppo industriale) verso specifici progetti militari e industriali, introducendo una ’preferenza europea‘ fino al 40% degli appalti militari entro il 2030.
Sono sette gli ambiti prioritari di investimento identificati: difesa aerea e antimissilistica integrata; sistemi avanzati di artiglieria; droni avanzati e tecnologie anti-drone; mobilità militare avanzata; cyber-sicurezza avanzata e guerra elettronica; infrastrutture strategiche resilienti e digitali; capacità avanzate di Intelligence, Sorveglianza e Ricognizione (Isr).
Uno scenario di guerra ben evidenziato sin dalla premessa del Piano di riarmo, nella quale si identificano Russia, Cina e Iran come nemici pronti e prossimi a invadere l’Europa e a mettere a repentaglio la sicurezza del Continente; scenario che tuttavia non deve essere così chiaro e netto neppure agli estensori del Piano, visto che sono costretti (par. 164) a scrivere: «(..) è necessaria una comprensione più ampia, tra i cittadini dell’UE, delle minacce e dei rischi per la sicurezza al fine di sviluppare una comprensione condivisa e un allineamento delle percezioni delle minacce in tutta Europa», nonché «(..) mettere a punto programmi educativi e di sensibilizzazione, in particolare per i giovani, volti a migliorare le conoscenze e a facilitare i dibattiti sulla sicurezza, la difesa e l’importanza delle forze armate».
Che il futuro dell’Europa debba essere immaginato dentro la dimensione della guerra la dice lunga sull’ottusità delle classi dominanti del Continente e sulla loro pervicacia nel mantenere intatte le scelte politiche a favore dei grandi interessi finanziari.
Solo così si può spiegare la consapevole rimozione della realtà di un Continente, nel quale quattro decenni di politiche liberiste hanno fatto precipitare 96,4 milioni di persone nel rischio povertà ed esclusione sociale. Si tratta del 21,4% dell’intera popolazione europea (dati Eurostat 2024)
Solo così si può spiegare il repentino abbandono di ogni transizione ecologica, persino nella sua versione light, in un Continente nel quale il riscaldamento globale ha doppia velocità rispetto al resto del pianeta: nel 2024 la temperatura europea è stata di +2,4 °C rispetto al periodo preindustriale, mentre nelle altre aree non ha superato l’1,3 °C. (dati 2024 Organizzazione mondiale della meteorologia).
Ma tant’è: meglio investire (a debito) nella guerra, permettendo coi soldi pubblici la costruzione di una nuova bolla a favore dei grandi fondi finanziari, che indirizzare le risorse collettive al superamento della disuguaglianza sociale e alla trasformazione ecologica della società.
Anche concentrandoci per un momento sullo specifico settore delle armi emergono con evidenza l’artificiosità del piano di riarmo e l’ipocrisia di chi lo promuove. A partire dal titolo.
ReArm Europe vorrebbe far credere in un’Europa disarmata da decenni e che oggi si trova improvvisamente nella necessità di dover colmare il divario accumulato.
Non sembra essere questa la realtà, almeno stando ai recentissimi dati Sipri (Stockholm International Peace Research Institute), che rilevano un pianeta sempre più armato, con una spesa militare globale che, nel 2024, ha raggiunto 2.718 miliardi di dollari, in aumento del 9,4% rispetto all’anno precedente e del 20% rispetto a soli tre anni prima.
Di questo balzo in avanti della spesa militare, l’Europa rappresenta una delle punte di diamante (+17%) e ancor più l’Europa occidentale, che ha messo in campo un +24%. La spesa militare aggregata dei membri dell’Ue è oggi pari a 370 miliardi ed è la seconda più alta nel pianeta dopo quella degli Stati Uniti.
Da dove arriva dunque la necessità di altri 800 miliardi per la difesa e la sicurezza europea, essendo già oggi l’Europa il continente più armato del mondo?
E soprattutto quante altre e diverse cose si potrebbero fare con gli attuali 370 miliardi dissipati in armi e con gli 800 miliardi messi in cantiere allo stesso scopo? Basti un unico esempio: il costo di un cacciabombardiere consentirebbe di aprire 143 asili nido impiegando oltre duemila tra educatrici e assistenti. Non sembra ci sia la necessità di bombardare qualcuno, mentre sulla necessità di asili nido non ci sono dubbi di sorta.
Da ultimo, ma non per importanza: in un’Europa imprigionata da oltre tre decenni dentro il Patto di stabilità, ovvero quella formula artefatta che chiede a tutti i Paesi membri di avere un rapporto debito/Pil non superiore al 60% e un rapporto deficit/Pil non superiore al 3% e che ha provocato infiniti tagli alla spesa sociale, la privatizzazione dei beni comuni e dei servizi pubblici e la compressione di redditi, salari e diritti, è moralmente accettabile che si deroghi al Patto di stabilità per le spese finalizzate alla produzione e all’acquisto di armi?
È possibile continuare a tollerare la narcisistica sfilata dei potenti silenziosamente in fila a salutare papa Francesco facendo finta di non aver sentito le sue ultime parole: «Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo! L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo»?
Non è possibile. Di conseguenza, chi fa la guerra non va lasciato in pace e occorre costruire nel tempo un grande Movimento di massa per fermare questa follia. Ma dev’essere un Movimento capace di andare alla radice del problema: disarmare i mercati.
Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 54 di Aprile- Maggio 2025: “L’Europa che non c’è”