Presidiare il Mediterraneo oggi, perché?

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di Corrado Mandreoli (vice Presidente di ResQ People Saving People)

Recentemente gli equipaggi di Open Arms hanno raggiunto un barcone sovraffollato alla deriva. Sono intervenuti distribuendo giubbotti salvagente, ma purtroppo da tempo l’imbarcazione aveva imbarcato acqua provocando il ribaltamento della stessa. Il conto dei superstiti e dei dispersi è stato lungo e drammatico, quello che è certo è che tutte le autorità marittime erano state avvisate da ore della presenza di questa imbarcazione sovraffollata alla deriva in condizioni precarie. Nessuno ha risposto al Mayday.

Queste vittime si aggiungono alle 650 morti accertate dall’inizio dell’anno: si tratta di quelle accertate, perché spesso chi pattuglia il mare incontra relitti di imbarcazioni vuote domandandosi se sono stati catturati dalla Guardia costiera Libica oppure se sono naufragati mentre, nei casi di persone tratte in salvo dalle ONG, sull’imbarcazione viene scritto con la vernice chi e quando ha effettuato il salvataggio.

Il mare Mediterraneo continua quindi ad essere teatro di morti e di respingimenti senza che nessuna autorità si senta in obbligo di rispondere alle continue richieste di soccorso. Siamo di fronte ad una propria e colpevole omissione di soccorso.

Tutto questo è contrario alla legge del mare, alle Convenzioni internazionali, alla nostra Costituzione, ma soprattutto è contrario al senso di umanità che dovrebbe caratterizzarci.

Il tutto è aggravato dal silenzio che la nostra stampa e quella in generale dedica a questi eventi, in particolare in un periodo come quello attuale in cui tutte le guerre, tutti i profughi scompaiono di fronte al monopolio comunicativo della pur drammatica guerra in Ucraina.

Noi di ResQ People abbiamo ripreso il mare in questi giorni dal porto di Siracusa per tornare alla nostra attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, perché questa è la ragione per cui siamo nati e perché c’è continuamente bisogno della presenza delle ONG proprio per supplire ad una colpevole assenza istituzionale.

La nostra vocazione è quella di prestare soccorso ai naufraghi che rischiano di morire nel tentativo di ricostruirsi un futuro, ma c’è una ragione in più per cui vogliamo essere in mare ed è quella di accendere una luce nel buio che su questo pezzo di mare viene calato.

Vogliamo essere gli occhi della società civile che vuole sapere e vedere cosa realmente accade in questo nostro mare, vogliamo raccontare le storie che raccogliamo, vogliamo riprendere le nefandezze della Guardia Costiera Libica che, con mezzi potentissimi pagati con le nostre tasse, sorpassa le nostre vecchie navi per sottrarci davanti agli occhi le persone che stavamo per soccorrere.

Nella nostra crew di salvataggio due o tre posizioni sono lasciate a documentaristi e giornalisti, perché diamo molta importanza a questa funzione.

L’importanza è legata ad un aspetto molto preciso che ResQ People si è data: noi siamo in mare per salvare vite umane, siamo in mare perché il nostro paese e l’Europa si sono dichiaratamente sottratte a questo obbligo sancito dalle Convenzioni internazionali, ma noi sogniamo un tempo in cui non ci sarà più bisogno di noi, un tempo in cui le ONG tornino ad essere complementari e non sostitutive del mancato impegno istituzionale e pubblico.

Per fare questo però occorre un grande lavoro di informazione e di controinformazione. In questa attività, affinché sia efficace, il ruolo della testimonianza è fondamentale.

Sono importanti le storie delle persone, sono molto efficaci le immagini, sono preziose le testimonianze dei soccorritori: ecco perché dobbiamo pattugliare il nostro mare, poiché – se non ci fossimo – non resterebbero che le omissioni e i silenzi di chi non vuole si sappia o si vergogna di quanto accade davanti alle nostre coste e l’ipocrisia delle scelte istituzionali sul tema dei migranti. Tranne poi, di fronte alle bare dei naufraghi, esprimere cordoglio ai famigliari e gridare ipocritamente “mai più le stragi nel mare!”.

E se è importante esserci per fotografare la realtà in tutte le sue dimensioni, è altrettanto importante che queste immagini e queste storie raggiungano la sensibilità delle persone, sappiano toccare le corde delle emozioni, sappiano vincere l’indifferenza prodotta dalla cattiva informazione, sappiano condizionare la politica a partire dai nostri territori, dalle nostre comunità.

Ecco perché ResQ ha anche organizzato una struttura territoriale della propria organizzazione, gli “equipaggi di terra”: mentre sosteniamo la nostra nave, cerchiamo di costruire dal basso –  attraverso il coinvolgimento e la partecipazione – un’idea di società coesa e accogliente, rispettosa delle diversità e dei diritti, senza odio e indifferenza, perché vivere in una società così è bello per tutti.

Foto: ResQ – People saving people

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 50 di Giugno-Luglio 2022: “Guerra e migranti, guerra ai migranti

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