La lotta No Muos

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di Giorgia Italia e Pippo Gurrieri (Movimento No Muos)

È della metà degli anni Dieci la notizia dell’installazione in Sicilia, a Niscemi (in provincia di Caltanissetta), di una delle quattro basi terrestri del Mobile user objective system (Muos), un sistema militare satellitare per la gestione, da parte del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti, delle forze armate Usa sparse per il pianeta.

Le quattro stazioni di terra – Hawaii, Virginia, Australia e Sicilia – sono collegate a cinque satelliti geostazionari, di cui uno è di riserva. Quella di Niscemi è la stazione di trasmissione radio navale numero 8 del sistema di comunicazione Naval radio transmitter facility (Nrtf). Una struttura di comunicazioni militari dei Marines, con 46 antenne di svariate potenze attive dal 1991, che copre lo spazio che va dall’oceano Atlantico all’oceano Indiano e tutta l’area mediterranea e Nord-centro africana. La stazione di trasmissione è ubicata all’interno dell’area protetta della sughereta di Niscemi, appena qualche chilometro fuori dal centro abitato, e dipende dalla mega base di Sigonella.

La controinformazione stimola le prime proteste sin dal 2008: scioperi studenteschi, cortei nei paesi del circondario, costituzione del Comitato No Muos. La lotta si diffonde rapida con la nascita di decine di Comitati e il coinvolgimento di fette consistenti di popolazione, dando vita a una mobilitazione senza precedenti.

Il Coordinamento regionale dei Comitati si dota di una Carta d’intenti e pratica l’azione diretta: tenta di bloccare le gru che trasferiscono in base i pezzi delle parabole; effettua per mesi blocchi stradali, per impedire l’accesso al cantiere nella base; stimola e sostiene la nascita del Comitato Mamme No Muos, che apporta nuova linfa alla battaglia avvicinando ancora di più la popolazione. E non solo. Tagli continui delle recinzioni poste a difesa della base; arrampicate sui tralicci delle antenne (gesto il cui reato è “interruzione di comunicazioni militari internazionali”, sanzionato con multe milionarie); sconfinamento dentro la base, con gesti individuali, con picnic popolari o con vere e proprie irruzioni in occasione di manifestazioni pubbliche (nel 2013 e 2014 il 9 agosto; nel 2014 il 25 aprile del 2014). A corredo di tutto ciò sono state organizzate occupazioni di Municipi (a Niscemi per un mese), lancio di vernice ai mezzi militari, barricate, cortei, due scioperi generali. Il presidio permanente sul terreno acquistato dai Comitati diviene la fucina di ogni iniziativa. Centinaia gli attivisti, i curiosi, i simpatizzanti e gli abitanti di Niscemi e dei comuni limitrofi che lo frequentano.

Un pool di avvocati attivi nella difesa delle decine di militanti denunciati, multati, allontanati con fogli di via o arrestati, si impegna a ostacolare legalmente la costruzione del Muos attraverso una serie di ricorsi incentrati sull’abusivismo edilizio, sulla violazione delle norme di salvaguardia della sughereta, o sulla mendacità della documentazione fornita dai marines. Ciò provoca più volte il sequestro del cantiere del Muos e importanti vittorie, anche al Tribunale amministrativo regionale (Tar) siciliano, stroncate solo da una truffa messa in atto dal ministero dell’Interno (governo Letta), complice l’Istituto superiore di sanità (Iss) e il governo della Regione siciliana, a guida Pd (presidente Rosario Crocetta), in combutta con l’Ambasciata Usa.

Il Movimento No Muos ricostruisce la centralità antimilitarista della Sicilia. Intreccia rapporti con i movimenti No Tav, No Dal Molin di Vicenza, No Base sardi e passando per quasi tutti i no dello Stivale e delle isole. Su invito del Comitato contro la militarizzazione dello spazio partecipa a un importante convegno in Giappone. È insignito del premio europeo Aachen per la Pace. È indicato come nemico dall’amministrazione Obama, ma riceve la solidarietà di David Graeber, Noam Chomsky e altri intellettuali americani. Nel luglio del 2013 rovina i festeggiamenti per i 70 anni dello sbarco alleato in Sicilia. Occupa la sede dell’Assemblea regionale siciliana. Finisce sotto l’osservazione privilegiata dei servizi segreti statunitensi e italiani.

Dopo la truffa iniziano ufficialmente i lavori del Muos: Da tempo però, con il cantiere chiuso per abusivismo, operai di una ditta locale in odore di mafia (Calcestruzzi Piazza, di Niscemi) – come tale privata del certificato antimafia – scortati dalla polizia si sono recati a lavorare e molte volte sono stati costretti al dietro front dai blocchi stradali degli attivisti e delle mamme.

Una vicenda in cui traspare la modalità di concepire la legalità in Sicilia: la polizia protegge para mafiosi e abusivi americani e denuncia, picchia, espelle gli attivisti.

Contro la lotta del Movimento No Muos si scatena una repressione senza precedenti, con centinaia di denunce, decine di processi, multe salatissime, arresti e fogli di via. Comincia un’opera di delegittimazione del Movimento, mentre l’emigrazione dei ragazzi di Niscemi, che si erano esposti più di tutti e per più tempo, fa il resto.

Nella popolazione e nei settori più vicini al Movimento si fa strada la malsana idea che ormai non ci sia più nulla da fare; le forze cominciano a diminuire senza tuttavia azzerarsi.

Dopo il 2015 si entra in una fase nuova nella quale si parte dal dato che la battaglia territoriale è persa ma il funzionamento del Muos, in qualche modo, dà la spinta alla radicalizzazione della lotta stessa: il Movimento No Muos non è più soltanto un movimento territoriale ma diventa un movimento contro la guerra.

Il passaggio non è scontato e immediato. Per questo si realizzano momenti di riflessione come i campeggi estivi, momenti seminariali e ci si dota di strumenti di propaganda come la pubblicazione di dossier, presentati su tutto il territorio nazionale, in cui si pone l’accento sul fatto che la ragione della lotta non è più soltanto la costruzione di uno strumento di guerra, che devasta il territorio e incide negativamente sulla salute delle persone, ma anche che da Niscemi si può fare la guerra.

La tendenza alla guerra e la centralità della guerra diventano quindi gli assi portanti di tutta la riflessione che dal 2015 arriva sino a oggi.

La tendenza alla guerra è stata la nostra lettura per anni della fase storica in cui abbiamo vissuto: la crisi economica che non trova soluzione all’interno del sistema economico capitalistico può avere sfogo soltanto in una guerra che va quindi preparata. Il Movimento non è mai caduto nella retorica della classe dominante che afferma che la guerra genera la crisi e che i conflitti scoppiano improvvisamente. Ha, invece, denunciato la preparazione alla guerra come risposta alla crisi attraverso tre elementi: l’ampliamento e la messa in funzione delle basi militari su tutto il territorio italiano; l’aumento delle spese militari a fronte di quelle sociali; la legittimazione della guerra nei settori della formazione. Per tutti e tre gli aspetti come Movimento ci siamo mobilitati non solo denunciando quello che accadeva ma anche con proteste e azioni pratiche. In particolare, docenti e studenti sono stati sempre in prima linea per dire che i luoghi di formazione di tutti i gradi scolastici non possono essere luoghi di guerra. Per questo, quindi, non si possono firmare protocolli con caserme e forze dell’ordine per i Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (Pcto); i corsi d’inglese non possono essere affidati nelle scuole materne e primarie ai marines e non possono essere siglati accordi di partenariato con industrie del settore bellico, come la società Leonardo, o con Stati guerrafondai come Israele, Turchia, Usa, per fare solo degli esempi.

Oggi che, purtroppo, la guerra non è più una tendenza ma è una realtà concreta non possiamo non metterla al centro di tutte le nostre azioni politiche e leggere quello che accade – la crisi ambientale, la questione migratoria, la questione di genere, per esempio – come strettamente in dialettica con la guerra. Una guerra che ha un nemico preciso: gli Stati imperialisti che si scontrano tra di loro sul fronte ucraino, a discapito delle popolazioni russe e ucraine coinvolte nel conflitto, e che si fanno complici del genocidio del popolo palestinese messo in atto dall’esercito sionista.

È chiaro che la lotta del Movimento No Muos non è una lotta finita, anzi è la storia attuale di un Movimento che continua a lottare, malgrado le battaglie perse, i tradimenti delle Istituzioni, la forte repressione, e lo farà fintanto che la guerra continua a essere un’opzione di morte per tutti i popoli.

 

Immagini:

  1. Mugak Zabalduz karabana 20180718 Misceni No Muos manifestazioa 15” di Hiruka komunikazio-taldea (CC BY-SA 2.0 DEED)
  2. 23 aprile 2013” – foto dalla pagina facebook  NO Muos
  3. Il nostro futuro è la nostra terra, smilitarizziamo la sughereta” 1 marzo 2014 di mtms (CC BY-NC-SA 2.0 DEED)

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 53 di Maggio – Giugno 2024: “Chi fa la guerra non va lasciato in pace

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