Il problema Frontex riguarda il suo ruolo strutturale

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di Yasha Maccanico (Statewatch)

Le dimissioni ad aprile di Fabrice Leggeri, direttore esecutivo di Frontex (l’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne) dal 2015, rappresentano un passaggio importante. Non era scontato che il Management Board (MB) le avrebbe accettate, dato il sostegno di cui gode da parte di vari stati membri (rappresentati nell’organo di gestione), nonostante gli scandali legati ai respingimenti illegali in Grecia e a un indirizzo che promuove le violazioni dei diritti umani in modo strumentale. La crescita di Frontex per quanto riguarda i suoi finanziamenti, poteri d’intervento, personale e proiezione esterna nei paesi terzi, è accompagnata dalla subordinazione dei diritti e dello stato di diritto agli obiettivi strategici delle politiche d’immigrazione, sancite dall’Agenda Europea del 2015. Il nuovo Patto sull’Immigrazione e l’Asilo ambisce a consolidare le irregolarità commesse dagli stati membri alle frontiere europee nella fase precedente (2015-2021), per garantire ingenti fondi e la discrezionalità degli stati riguardo ai mezzi di controllo e azioni da attuare alle frontiere.

Al livello interno all’agenzia, sono emerse delle irregolarità come la mancata investigazione dei rapporti sugli incidenti gravi (SIRs), la mancata sospensione delle operazioni in presenza di palesi violazioni dei diritti umani e persino la partecipazione di missioni Frontex nei cosiddetti “pushback”.  Le lettere di dimissioni e di commiato dal personale di Frontex di Leggeri lamentano un cambio subdolo nel mandato che valorizza i diritti umani, in contrasto con il suo incarico di fare dell’Agenzia una guardia costiera e di frontiera. Sin dal 2004, il suo regolamento obbliga Frontex a rispettare i diritti umani nello svolgimento dei suoi compiti. Sembra che Leggeri segnali che può rivelare chi gli ha indicato che fosse una via auspicabile ignorare tali aspetti per promuovere l’efficacia nella lotta contro la mobilità dai paesi terzi verso l’UE. Infatti, quando il MB ha dato notizia delle dimissioni, ha escluso che ci sarebbe stata un’investigazione interna sull’operato di Leggeri. Le colpe di Frontex, contro la quale è in corso la campagna “Abolish Frontex!”, partono dall’impostazione delle sue attività, senza escludere le complicità della Commissione e degli stati membri, sia individuali sia tramite dichiarazioni o azioni congiunte presso il Consiglio.

Un cambio al vertice non risolve il problema dell’influenza di Frontex, anche se Leggeri sembrava intoccabile ed è stato protagonista degli sforzi per militarizzare le frontiere e per escludere migranti e rifugiati dai diritti umani (che dovrebbero valere per tutti) a causa dei loro spostamenti non autorizzati. Frontex interagisce e influisce sui livelli sovranazionale, nazionale e intergovernativo che compongono la “multi-level governance” per quanto riguarda l’UE. Un’impostazione ideologica e monotematica produce delle analisi dei rischi che elaborano i dati ufficiali forniti dalle autorità nazionali per esigere una continua crescita del suo ruolo, ipotizzando motivi (“rischi”) che consentano di mantenere l’intransigenza antimigratoria in cima alle priorità strategiche dell’UE.

Il colpo finale è stato inferto dall’inchiesta di OLAF, l’autorità europea contro la corruzione, che ha appurato l’esistenza di gravi irregolarità e insabbiamenti in un rapporto che non è disponibile al pubblico. Il tema principale degli scandali riguarda la partecipazione, connivenza e sostegno offerti da Frontex (e la Commissione) ai respingimenti illegali (i cosiddetti pushback) di migranti e rifugiati in Grecia, attuati prevalentemente dalle autorità greche. In realtà, tali respingimenti sono centrali nelle politiche antimigratorie condotte dall’UE e dai suoi stati, dagli enclave spagnoli di Ceuta e Melilla in Marocco alle frontiere nordorientali, passando per i Balcani e la Grecia, e includono anche le catture per procura attuate dai paesi terzi in mare con assistenza europea, o “pullback”, come nel caso libico.

Nel 2015, le pressioni esercitate dai paesi europei su quelli terzi per criminalizzare i migranti, normalizzando la discriminazione e sviando fondi per lo sviluppo verso la “sicurezza”, si sono sentite nei paesi alle frontiere esterne interessati da importanti movimenti in entrata (Grecia e Italia in primis). La richiesta di aiuto per gestire gli arrivi da parte dei due paesi ha prodotto uno sforzo sovversivo che è il normale modus operandi dell’agenzia per smantellare i limiti legali e costituzionali ai poteri degli stati sulle persone in chiave antimigratoria. Tale intervento era previsto anche in Ungheria, ma Orban non voleva ingerenze negli affari interni ungheresi e ha dimostrato di poter essere abbastanza brutale nel controllo delle frontiere da non richiedere interventi esterni. Invece, in Italia e in Grecia sono state dispiegate le agenzie europee (Frontex, Europol, EASO, Eurojust) negli hotspot e nelle task force regionali a Catania e al Pireo. Queste task force si sono occupate di salvare la banca dati EURODAC (permettendo l’uso della forza per l’acquisizione delle impronte digitali), criminalizzare i migranti e la solidarietà verso migranti e rifugiati, minimizzare l’accesso alle procedure d’asilo e provare ad accelerare i rimpatri.

Nel secondo semestre del 2021, Frontex ha partecipato al maggior numero di rimpatri di cui si è occupata in un solo semestre, ma li vuole aumentare ulteriormente e chiede di incrementare la capienza delle strutture di detenzione utilizzate per questo fine (in Italia, i CPR). Questa è una delle principali missioni di cui si dovrebbe incaricare per “ristabilire la credibilità del sistema europeo dei rimpatri” (sancita dalle riforme del suo mandato nel 2016 e 2019). Al di là delle sue colpe, Frontex agisce per conto del Consiglio, della Commissione e degli stati membri ed esegue delle direttive che subordinano i diritti all’efficacia nel perseguire gli obiettivi strategici di queste politiche. Questi ultimi non variano e, sin dalla sua nascita nel 2005, mirano a diminuire gli ingressi irregolari e le richieste di asilo, e ad aumentare i rimpatri, i mezzi di controllo e il personale presenti alle frontiere.

Per raggiungere tali scopi, dopo il 2015 è stato architettato un buco nero da parte dell’UE e dei suoi stati nel Mediterraneo per quanto riguarda le attività di ricerca e soccorso, in violazione del diritto del mare e del diritto alla vita, istituzionalizzando l’omissione di soccorso. L’operazione Mare Nostrum fu sospesa in seguito a delle analisi che la consideravano un “fattore di attrazione” (pull factor). Queste letture strumentali sono il pane quotidiano dell’agenzia, ed hanno successivamente preso di mira le ONG che hanno sostituito le attività di soccorso ufficiali. Infatti, anche per quanto riguarda i rifugiati bloccati alla frontiera tra Polonia e Bielorussia, dove in molti sono morti per assideramento nella foresta, o nei casi dei paesi terzi che hanno creato delle crisi per trarne profitto (Turchia, Marocco e i nostri “soci” libici), l’UE e Frontex hanno ideato il concetto delle minacce “ibride”. Alimentando un discorso bellico, è stata un’opportunità per militarizzare ulteriormente le frontiere, con i migranti trasformati in “armi non convenzionali” usate contro l’UE.

In definitiva, il problema di Frontex non risiede solo nei recenti scandali, ma in un modello di funzionamento iniziato nel 2005 con la predeterminazione delle migrazioni come un problema irrisolvibile senza delle ingenti spese e un ampio uso di soluzioni tecnologiche. Tecnicamente, l’ONU segnalava che l’UE aveva bisogno di una mole considerevole d’immigrazione, ma la lotta contro di essa si è basata più sull’uso di questa minaccia per giustificare lo sviluppo delle strutture UE di sicurezza che su un’intenzione di migliorare la gestione di questo fenomeno, che è sempre esistito e ha sovente avuto degli effetti virtuosi.

Gli abolizionisti indicano che il problema delle attuali politiche d’immigrazione non tocca solo i migranti:  andrebbero considerati anche i costi economici, etici e morali di tali politiche, i risvolti criminali nonché l’attacco ai limiti normativi dei poteri statali che comporta il rischio di una deriva autoritaria… che non viene ipotizzato dalle analisi dei rischi di Frontex.

Materiali: abolishfrontex.org.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 50 di Giugno-Luglio 2022: “Guerra e migranti, guerra ai migranti

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